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RuvoLibera

Lo Stallo

20 Ottobre 2011

Cinque mesi dopo le elezioni, ad autunno inoltrato, è tempo di una prima verifica.

L’Amministrazione Ottombrini va. Non fa miracoli, ovviamente (e chi potrebbe farli?) ma lavora, fa quel che può, presidia il Comune e lo gestisce con buona lena. Uno scivolone sulla mancata difesa del Pronto soccorso notturno. Ma per il resto, la barca sembra andare.

Forse, come confessa a mezza voce un ex assessore alla Cultura, manca un guizzo di fantasia. Staremo a vedere se arriverà.

Il Pdl, alla ricerca di un leader, giocherà forse il jolly del congresso. Forse, perché non è chiaro se si farà o meno (alcuni sostengono si farà solo nelle grandi città). Ma se si facesse, e se si facesse come è stato preannunciato, cioè aprendo le porte alla cittadinanza, sarebbe un bel passo avanti, un grande segno di rinnovamento per quanto attutito dalla scarsa o nulla pubblicità che viene data alla cosa fuori dal cerchio degli addetti ai lavori. E anche un rinnovamento indebolito dalla (così sembra) fondamentale scarsa credibilità di un’apertura democratica da parte del più verticistico dei partiti italiani.

Nella terra di nessuno, tra le sconfitte (ex?) truppe paparelliane, tra le ex liste impropriamente chiamate “civiche” (in realtà, liste di partito guidate da fuoriusciti/dissidenti)  aleggia lo scontento. Gli errori e le responsabilità della campagna elettorale, spesso macroscopici, sono sulla bocca di tutti, a volte gridati, più spesso ammessi a mezza voce. C’è un certo movimento di (ex?) “colonnelli” in cerca di occasioni per una nuova sistemazione.

Gira addirittura voce che molti candidati siano stati chiamati a pagare di tasca propria le spese di propaganda, nonostante precedenti accordi di opposto segno. Notizia ovviamente impossibile da verificare, ma che rende l’idea di quanto il clima politico sia avvelenato.

Perché se è vera, mostra quanto si siano inveleniti i rapporti tra ex leader ed ex gregari delle “civiche”. E se è falsa, mostra quanto ancora sia velenoso il clima post-elettorale, di cui la guerra di voci è ovviamente parte integrante.

La profezia dei “6 mesi di vita” per la nuova Amministrazione sembra ben lontana dal potersi avverare. Si cerca di tenere alto il livello di scontro, con “incontri” con la cittadinanza e un fuoco di fila di interrogazioni astruse e insignificanti per i più, ma che al lettore accorto svelano facilmente il loro filo rosso, il loro significato “politico”: la vendetta.

Vendicarsi degli avversari. Soprattutto vendicarsi del rivale interno al Pdl che gli ha impedito la candidatura, e danneggiare le sue imprese di famiglia.

In questo quadro diventano comprensibili gli attacchi ad una cooperativa edilizia che fa capo a Giovanni Camerino, presentatosi alle elezioni con la rivale Sel. E soprattutto gli attacchi su Via Morandi, su Via Volta e così via, dove l’obbiettivo è Giovanni Mazzone e l’impresa edilizia del di lui suocero, il commendatore Scardigno.

Fino all’esito ultimo, un manifesto (puntellato da analoga interrogazione in Consiglio e dal tuttapagina sul sito amico) in cui, con spettacolare sprezzo del ridicolo, si propone la costruzione di ben 400 appartamenti, più giardini, parchi, auditorium (se ne puo’ fare a meno?…;-) e via mirabolando. Manca solo un aeroporto, ma in corso d’opera chissà…

Ora, 400 nuovi appartamenti, di punto in bianco, in una città in cui costruirne anche uno solo è già un’impresa da oltre 20 anni (cioè da quando la precedente amministrazione Paparella ha approvato lo sciagurato Piano regolatore che ha strozzato l’edilizia cittadina e fatto lievitare spropositatamente i prezzi) è già un “progetto” che si qualifica da sé.

Ma consideriamo il minimo sindacale di 3 persone, in media, per appartamento. Parliamo di almeno 1.200 cittadini, poco meno di un ventesimo dell’intera popolazione.

E’ come se in Italia si decidesse di costruire dall’oggi al domani una nuova città press’a poco delle dimensioni di Roma. Roba che al confronto le Piramidi appaiono opera di dilettanti.

E dove verrebbe costruito questo parco urbano delle meraviglie? Espropriando un grande terreno. Ovviamente di proprietà Scardigno.

Ora, uno può pensare bene o male di questo o quell’imprenditore, come di questo o quel cittadino. Ma può essere tollerabile una visione politica il cui unico obbiettivo è far fuori un imprenditore e un avversario di partito?

E la città avrebbe da guadagnare qualcosa dalla (per fortuna solo teorica) eventuale espulsione di una grande impresa, una delle poche, dal già asfittico e quasi desertico tessuto produttivo?

Ogni cittadino può farsene liberamente un’idea e dare il suo giudizio.

Ma il triste tramonto paparelliano – a metà tra il cupio dissolvi e il muoia Sansone con tutti i filistei, o più probabilmente la sindrome del toro annebbiato che si avventa contro tutto ciò che gli appare rosso –  lascia la città davanti a un bivio tra certezza e possibilità, tra angoscia e speranza. Uno stallo che va superato alla svelta, se non vogliamo che ci costi fin troppo caro.

La certezza è che si è voltato pagina definitivamente. Ma  verso dove, è un mistero: le possibilità sono tante, o forse nessuna – stante anche la grave incertezza del quadro nazionale e internazionale.

L’angoscia è che la fine del tunnel sia ancora lontana.

Ma il futuro, quella ormai è una terra riconquistata. I prossimi mesi ci diranno probabilmente come sarà dissodata, coltivata e messa a frutto. E’ questa la speranza più grande.

 
mario albrizio