L’assassinio di venerdì 13. In rosso la traiettoria dei fuggitivi, dall’alto verso il basso.
In verde le vie di fuga più ragionevoli. Evidenziata la zona del centro storico.
È domenica e si ha un po’ di tempo in più. Così proviamo a seguire il filo delle ipotesi che si sono dipanate in questi giorni nella nostra mente, man mano che si accumulavano i dettagli.
Per vedere se riusciamo a capirci qualcosa.
Naturalmente è solo un’indagine logica. Non abbiamo rilievi materiali a nostra disposizione. Non abbiamo visto le immagini e così via. Ragioniamo sui pochi dati certi, nella immensa giungla delle voci e delle ipotesi volanti.
Ancora una volta: non abbiamo alcuna velleità. Passiamo il tempo in attesa delle notizie che, siamo fiduciosi, immancabilmente arriveranno.
C’è un particolare che grida, tra gli altri. Che si fa notare. Il parcheggio. Probabilmente, il bandolo della matassa. È talmente strano e apparentemente illogico che non può non essere, in qualche modo, la cosa più logica di tutte. La chiave di volta di questo dramma.
Facciamo un semplice percorso a ritroso e mettiamoci nei panni degli aggressori.
Se tu, lettore, avessi pianificato la rapina alla salumeria di Pino, dove avresti parcheggiato l’auto?
1. L’avresti tenuta in moto il più vicino possibile per scappare meglio e più in fretta;
2. L’avresti parcheggiata su una via di facile accesso alle extramurali e quindi alle vie di fuga principali, non foss’altro per far perdere più facilmente le tracce; per esempio su Corso Piave, o su uno dei due Corso Jatta ;
3. L’avresti imbottigliata a quasi duecento metri (181,15 per la precisione, secondo Google), in pieno centro storico, davanti a una pizzeria sempre frequentata, col rischio che, durante la fuga, l’unica stretta via d’uscita possa essere bloccata da un’altra auto o da una piccola emergenza qualunque; e in ogni caso con la sicurezza di essere visti, forse da decine di persone.
Scommettiamo che NON hai risposto la 3? Eppure è proprio quello che hanno fatto.
Quel parcheggio significa allora che:
1a. la rapina a Pino non era pianificata;
2a. se era pianificata, poteva esserlo solo alla pizzeria.
Sarebbe interessante a questo punto sapere qualcosa di più sull’auto. In particolare, se apparteneva a uno dei rapinatori o se era stata rubata. Ma è un dato che al momento non abbiamo.
In ogni caso dall’elemento illuminante del parcheggio, mettendolo insieme a ciò che, purtroppo, è avvenuto dopo, si può dedurre una delle seguenti ipotesi:
a. la rapina è pianificata alla pizzeria. Ma qualcosa ferma gli aggressori. Forse c’era gente? Però questa ipotesi ha un punto debole: l’ora. Poco dopo le 21 una pizzeria ha appena iniziato la sua attività. L’incasso sarà minimo. La gente in afflusso. I rischi alti. Sarebbe molto meglio aspettare la fine della serata. Incasso più alto, clienti via, molti meno rischi.
b. non è pianificata alcuna rapina. I quattro stanno andando a farsi una pizza. Sono quattro sbandati, resi pericolosi dalle pistole e forse dalla cocaina. Ma non sono lì per rapinare. Per così dire, sono fuori servizio. Esultano al parcheggio insperato, proprio a fianco della pizzeria, praticamente l’unico posto-parcheggio della zona, dato che l’altro è sempre coperto dalla stessa pizzeria.
Ma (prima di entrare?) si rendono conto che non hanno (abbastanza) soldi. No problema. In quattro, con due pistole in tasca e forse un po’ di neve nelle vene, sarà un gioco da ragazzi.
Ovviamente non si avventurano ulteriormente nel centro storico: sarebbe una follìa, con il popolo della cena e della notte che comincia a riempire i locali. Risalgono via Cattedrale sull’altro lato, poi proseguendo su Corso Piave, alla ricerca di una zona più isolata, di un esercizio aperto e in chiusura. Perché per assaltare un normale esercizio commerciale, le 21.30 sono invece un ottimo orario. Incasso pieno e pochi rischi. Pochi, ma non nessuno.
Pino ha chiuso l’entrata principale su Corso Piave, ma è ancora accessibile la porticina di Via Mendozza. Gli ultimi minuti. Forse la vedono per caso. O forse l’esercizio di Pino, che notoriamente andava piuttosto bene, era già nel “catalogo” dei possibili obbiettivi dei quattro.
Sembra un lavoro facile. Entrano in tre con due pistole e infatti tutto sembra filare liscio. Poi qualcosa s’inceppa, e finisce in tragedia.
I quattro avevano pianificato di scappare a piedi e poi ritrovarsi all’auto. Farsi quella benedetta pizza (quattro quasi insospettabili giovani clienti) e magari due risate su quanto erano stati bravi. Ma non hanno calcolato l’imprevisto. E non hanno calcolato Pino.
La rapina è finita in tragedia. Così eccoli trasformati improvvisamente da ladri in assassini, braccati, con tutto il mondo dietro, e quell’auto parcheggiata in modo così ridicolo e svantaggioso.
Ma che vanno comunque a recuperare, infilandosi proprio nella tana del lupo, nel centro storico, e anche a costo di farla partire a spinta. Perché? È di uno di loro? O perché non sono ruvesi e devono scappare e tornare? Gli va bene. Ma per quanto?
3a. Puo’ darsi una terza ipotesi, che compendia le altre due. La rapina era pianificata ed era pianificato di andare subito dopo in pizzeria. Una specie di autofinanziamento. La pistola come bancomat. Dove andiamo stasera? Tanto nelle vicinanze troveremo qualcuno che paga.
La testimonianza di una delle cassiere, relativamente a un ragazzo sconosciuto venuto nella mattinata a prendere un panino con la mortadella, potrebbe non avere rilevanza o potrebbe essere un piccolo indizio in questa direzione.
Sono passati dalla pizzeria, magari per vedere se era aperta, o per qualche altro motivo; hanno visto il parcheggio libero. Avranno pensato: e quando ci ricapita più? E hanno parcheggiato.
Inutile dire che quella è zona a traffico limitato (ZTL) e che bisogna avere un permesso per arrivarci. Regola ampiamente infranta, come è purtroppo ovvio da queste parti. Ma se veniste da fuori città voi vi azzardereste a violare un banale divieto di transito, col rischio, con due pistole a bordo, di dover avere a che fare con vigili e forze dell’ordine?
Se sì, è solo perché l’avete fatto altre volte, conoscete bene la zona e sapete che il rischio è molto basso, a quell’ora praticamente nullo. Oppure perché la cocaina vi spinge a sopravvalutarvi, e a sottostimare i pericoli. O entambe.
Perciò, da un semplice parcheggio particolare, possiamo ragionevolmente dedurre:
1. quei ragazzi erano locali (cioè ruvesi) o, almeno, se di fuori, frequentatori abituali della zona e verosimilmente della pizzeria;
2. ovviamente è possibile anche una soluzione intermedia, alcuni locali alcuni no;
3. l’auto però deve essere recuperata, costringendo all’ennesima imprudenza, in un contesto divenuto incandescente. È in più, è assodato che non parte e viene messa in moto a spinta. Un po’ troppo, per un’auto rubata, no?
Quindi l’auto è, con ogni probabilità, di uno di loro.
Ma attenzione: se fosse stata lasciata lì e i ragazzi fossero scappati da tutt’altra parte, nessuno avrebbe potuto collegarla alla rapina. E, con calma, più tardi, sarebbero potuti andare a recuperarla, confondendosi tra gli avventori del fine serata in pizzeria. O addirittura rimandare il recupero alla mattina successiva.
Il fatto è che quegli sbandati e forse drogati non avevano un piano B. Non avevano messo in conto la possibile reazione e l’epilogo tragico. (Perché era la prima volta? Perché le altre volte non era mai successo che reagissero?)
Perciò hanno messo in atto l’unico piano che avevano: tornare all’auto.
Ma forse si può intravvedere un ulteriore livello: l’auto probabilmente appartiene al padre di uno dei quattro, che la usa ogni mattina, che DEVE trovarla al suo posto e che NON DEVE sospettare nulla. O qualcosa del genere.
Certo, a questo punto basterebbe un semplice numero di targa. Possibile nessuno l’abbia preso? Possibile non abbia incrociato una telecamera per strada? La risposta pare così ovvia che probabilmente bisogna pensare che la stessa targa sia stata temporaneamente alterata, perché altrimenti le forze di polizia li avrebbero in mano da un pezzo.
Ma è solo questione di tempo. Poco.
Ricapitoliamo perciò la nostra discussione e il nostro identikit logico:
1. chi a quell’ora parcheggia in quel posto, o abita lì o vuole andare in pizzeria (o in uno dei locali della zona);
2. poiché la zona è a traffico limitato, si tratta probabilmente di gente del posto, o comunque di abituale frequenza;
3. il “colpo” è stato forse deciso al momento, i rischi sottovalutati tanto che non si è nemmeno spostata l’auto in posizione più favorevole, e probabilmente si prevedeva (dopo una “normale” e incruenta rapina) di continuare la serata in pizzeria;
4. l’auto appartiene o è comunque collegata a uno dei componenti il commando;
5. la preoccupazione di recuperarla fa probabilmente pensare ad una situazione familiare “normale”. Almeno per qualcuno dei componenti.
Se avessimo il gusto del romanzesco (o, come dice Lucarelli, se questo fosse un romanzo giallo) potremmo collocare adesso il tassello finale. Tornando sul luogo e sul momento del delitto.
Qualcosa nella fisionomia, nel linguaggio, nel comportamento del terzo rapinatore fa sospettare Pino. Gli sembra di ri-conoscerlo. Improvvisamente gli viene il dubbio di non essere di fronte ad una “semplice” rapina, cui come abbiamo visto era in qualche modo preparato. Ora la vede come un tradimento da parte di qualcuno che conosce.
Ecco allora che vuole conferma. Scatta, lo afferra. Gli toglie il passamontagna. E vede. Lo riconosce e probabilmente lo picchia con più forza. Quello a terra si dimena e grida per richiamare il complice armato. Dice di essere stato riconosciuto. Il che vuol dire che saranno presi, tutti.
Allora l’altro armato, sicuramente il più scafato del gruppo, sceglie di non colpire col calcio, né di sparare alle gambe. Si avvicina. Mira alla testa. Preme il grilletto.
Ma questa, è solo letteratura. Perché non è detto che ciò che accade sia logico, simmetrico e spiegabile. A volte c’è un accumulo e un incrocio di casualità, e allora l’assurdo (non il logico) diventa reale. Magari questo è uno di quei casi. Eppure…