Il destino dei comici.
Era il 23 ottobre 2011 quando i presidenti di Francia e Germania si producevano in questo orribile spettacolino vaudeville, ridacchiando sulla catastrofe in arrivo e dando, con ogni evidenza, l’ultima spinta all’alleato-competitore italiano sull’orlo del precipizio.
Un atto formalmente incredibile, reso possibile solo dalla ancor maggiore sprovvedutezza e impresentabilità del loro collega italiano. La politica europea non era mai scesa così in basso.
Mai si è vista una nazione così pubblicamente umiliata, da tutti e tre.
Ma se, come si dice, il tempo è gentiluomo, allora, ancor di più, la Storia è una contabile rigorosa. E oggi presenta il conto.
Il 6 maggio la Francia si libera di Sarkozy, il bullo del Mediterraneo, il primo invasore della Libia a influenza italiana – e scommette su un uomo che promette più Europa, in un’Europa diversa.
E la Grecia da il benservito ai partiti così detti filoeuropei, cioè quelli che pur di salvare le poltrone hanno accondisceso ai cervellotici diktat franco-tedeschi, gli stessi che hanno affondato la Grecia e stanno per affondare l’Europa.
Nessuno ha la sfera di cristallo. Nessuno sa come andrà. La Grecia è nel caos. E Hollande è un politico del secolo scorso: la prima cosa che ha detto alla piazza gremita: “finalmente i Socialisti all’Eliseo dopo 31 anni“. Scommetto che metà dei suoi votanti “non inquadrati” si è già pentita, in quello stesso momento, di averlo votato.
Ma la questione non è più, da un pezzo, almeno dal 1989 e dalla caduta del Muro di Berlino, la questione tra destra e sinistra. Tra socialisti e centristi.
Semplicemente perché destra e sinistra non esistono più; non ci sono più i sistemi politici di riferimento; scomparse o in via di evaporazione le rispettive classi sociali.
La cruda logica del capitale si ritorce contro gli stessi che l’hanno sostenuta per secoli. La finanza non ha più bisogno dell’industria. Forse neanche più della politica, e quindi della mediazione.
L’Occidente che si restringe e costringe obbliga le (ex) classi dominanti all’oligarchia, al fare gruppo contro tutti. Un nucleo duro di finanza e apparato militar-industriale che si asserraglia nell’acropoli per vendere cara la pelle.
È la soluzione sbagliata. Ma è l’unica che sanno dare. Abituati a ragionare in temini di denaro, reagiscono al pericolo concentrando il denaro, a costo di uccidere tutto il resto e senza neanche minimamente sospettare che forse è proprio quel denaro il macigno che li trascina a fondo.
E intanto gli spazi di democrazia si restringono, a vista d’occhio, giorno per giorno.
La questione è sempre più tra libertà e dittatura. È planetaria e ben più seria. E quando si fa sul serio, i comici pagano il conto. Prima Berlusconi, oggi Sarkozy. Per la Merkel è solo questione di tempo.*
Oggi l’Europa sceglie di liberarsi dall’oligarchia franco-tedesca e di ripartire da quanto di meglio ha, per prima, prodotto e regalato al mondo; e che è l’unica via per uscire davvero dalla crisi e riconquistare il futuro: la democrazia.
La Francia volta pagina. L’Italia (l’Europa) lo farà. Oggi in tutta Europa è giorno di festa. Cioè il giorno alla fine del quale si può ricominciare a lavorare.
La Merkel affonda nel Reno
Hannelore Kraft, l’anti Merkel
E’ grande come la Lombardia e il Veneto, ha 18 milioni di abitanti, tre milioni di ettari di foreste, ma anche la più grande conurbazione d’ Europa, il Ruhrgebiet con cinque città fuse insieme, Dortmund, Essen, Duisburg Bochum e Gelsenirken, produce un quinto abbondante del Pil della Germania, nel suo territorio ci sono Colonia, Aquisgrana, la capitale di Carlomagno e Teutoburgo, un bel po’ di storia europea dunque. Qui oggi, nelle elezioni del NordRhein- Westfalen Angela Merkel ha subito una vera disfatta, con la Cdu al 26% (- 8,6%), i socialdemocratici al 39%, (+ 4,5%), i verdi al 12,2 e i pirati al 7, 5.
La Linke è calata del 3%, mentre a sorpresa sono aumentati liberali ora all’8%. Sono le primissime proiezioni, che se saranno confermate nella sostanza, (ma può darsi che la Cdu ceda ancora qualcosa) ci dicono che esiste, anche nella società tedesca, un’inquietudine rispetto alla vecchia politica, una richiesta di stato sociale concreta ma anche una sfiducia nella cancelliera che si va allargando. Con questo voto che non ha altra possibilità se non il rinnovo della coalizione rosso verde guidata da Hannelore Kraft, Cdu e Liberali sono in decisa minoranza nel Bundesrat il parlamento dei Laender che tuttavia deve approvare le leggi costituzionali con la maggioranza qualificata dei due terzi. C’è dunque la concreta possibilità che la Germania non approvi in tutto o in parte le ricette imposte al resto d’Europa e da noi supinamente accettate come la follia del pareggio di bilancio in Costituzione.
Capita a chi sulla pelle degli altri vuole fare il primo della classe.