Mi spiace disturbarla e distrarla dai tanti problemi e dalle sue fatiche; purtuttavia chiedo la cortesia dell’ascolto. Voglio comunicarle il disagio riguardo a questioni (fra le tante) apparentemente piccole, rispetto ai tanti e rilevanti problemi per cui è impegnato, ma altrettanto emblematiche dell’importanza che, per la nostra cultura politica, dovrebbe rivestire il tema fondamentale della difesa dei “beni comuni (materiali ed immateriali).
Premetto, altresì, che conosco bene tutto il positivo lavoro amministrativo e legislativo che si è riusciti a concretizzare in questi 5 anni.
- riordino e salvaguardia ” beni di uso civico”;
- dismissione previa cartolarizzazione dei beni non strumentali delle AA.SS.LL.
- dismissione case cantoniere dell’Acquedotto Pugliese lungo il canale principale che dalle fonti Caposele porta l’acqua fin nel Salento;
- dismissione residui beni ex- Ersap.
C’è da evidenziare che in molti casi tali occupazioni arbitrarie sono avvenute in aree che l’allora legislatore (primi decenni del ‘900) riservò alla difesa idrogeologica (si vedano i casi insistenti in Alta Murgia- canali, lame ecc.).
Sul tema, si assiste anche all’inerzia delle istituzioni Comunali perchè o poco sensibili e indifferenti al tema, o timide rispetto ad esigue minoranze di occupatori e/o possessori abusivi, impegnate a difesa di propri interessi privatistici, a danno delle stesse comunità che di quei beni “condominiali” sono i veri titolari.
Come lei sa, da sempre sul tema degli “Usi Civici” c’è stato un atteggiamento più liquidatorio che conservativo, da parte del legislatore; solo con la legge Galasso del 1985 si è riaccesa l’attenzione sul tema, in una visione innovativa di tali beni, elevati al rango di “beni culturali-ambientali”, non solo, quindi, mezzi di sussistenza per la generalità indigente dei cittadini, bensì strumento moderno di benessere ambientale e di libera fruizione dello spazio naturale e/o rurale in tutte le sue componenti, naturali- storico-culturali –paesaggistiche.
A più riprese, menti illuminate, come il prof. A. Magnaghi, hanno profuso il loro autorevole impegno per una nuova legge quadro che preservasse i residui “usi civici”, tanto diffusi soprattutto nei territori montani ed interni della penisola.
Perciò spero che nel prossimo futuro si sia in grado di riordinarne la materia (per quel che residua- circa 150.000 ha. , censiti, a quanto consta, dal Commissariato Usi Civici Regione Puglia a fine anni ‘90), come d’altra parte sembra si stia facendo nell’ambito del PPTR. (Piano Paesaggistico Territoriale Regionale)
➔ Sul 2^ punto, c’è da dire che, a seguito dell’approvazione della delibera di Giunta Reg. n. 2427 del 15/12/2009 – BURP n. 11 -19/01/10 (dismissione dei beni immobili non strumentali delle AA.SS.LL. – procedura di cartolarizzazione) sono costretto a rappresentare il dissenso, almeno per ciò che concerne la dismissione anche di beni a bassa redditività (terreni agricoli e finanche seminaturali – masserie).
Con ciò sembra concludersi un disegno che viene da lontano (purtroppo mi ricorda la famigerata “Patrimonio S.P.A” dell’ineffabile Ministro Tremonti).
Ora, capisco le esigenze di bilancio, l’obbligo di coprire il debito nel settore sanitario, ma, vivaddio, perché vendersi dei beni, a bassa redditività, che sul mercato valgono un piatto di lenticchie, (bastava un giorno di malversazioni nella Sanità, da parte dei corrotti abituali, per esaurire quel piatto), e che, invece, potrebbero assumere un grande valore materiale ed immateriale, se restituiti alla pubblica funzione, magari per l’arricchimento della Rete Ecologica Regionale attraverso la ricostituzione di isole di diffusione di biodiversità e/o di ricostituzione di paesaggio, tantopiù, vista la loro consistenza, come risulta dall’elenco pubblicato?
Peraltro l’annessione di tali beni al patrimonio AA.SS.LL. (alla fine anni ’90), fu ritenuta, anche dai Comuni, un vero e proprio scippo ai danni delle comunità locali, vista la loro provenienza civica-comunale, e visti anche i legati testamentari con cui, parte di essi, nel tempo, furono ceduti dai notabili “generosi” a favore delle “Opere Pie” nei vari comuni (conosco i casi di Spinazzola e Ruvo di P., ad es.); il tutto in una malintesa interpretazione della legge di riforma sanitaria -833/78 (si puo capire il caso dei fabbricati e terreni strettamente strumentali alle funzioni sanitarie, ma non è tale la situazione qui rappresentata, tanto è vero che ora si vendono in quanto “beni non strumentali”); per non parlare poi delle valutazioni effettuate (per l’immobile di ha. 150 circa più masseria di Monte di Pietà, nel territorio di Ruvo, nel cuore del Parco Alta Murgia, mi risulta sia stata stimata la somma di € 123.000- spero di sbagliarmi; questo cespite non è stato ancora inserito nella cartolarizzazione, forse a causa del sequestro giudiziario dello stesso, per le note vicende dello spietramento).
l’Ente Parco Alta Murgia ha avanzato la proposta di prelazione e/devoluzione di tali beni, ricadenti in area Parco , come prevede la legge 394/91; in tal senso, circa qualche anno addietro, l’Ente ha scritto una nota indirizzata agli uffici regionali, conseguendo nessuna risposta; non parlo dei Comuni che, devo dire, spesso sono distratti a fare altro, talvolta dimostrando poca sensibilità sul tema dei beni pubblici – beni comuni, materiali ed immateriali.
L’esempio di detto cespite è emblematico degli interessanti usi cui potrebbe essere destinato: area eleggibile a studio e sperimentazione della evoluzione delle biocenosi in Alta Murgia, Centro di Educazione ambientale ecc., con interessati ricadute occupazionali, specie per giovani, durevoli e pulite.
Nel Parco Alta Murgia sussistono, ad esempio, terreni di tale provenienza, anche nel territorio di Gravina ecc.
Peraltro la eventuale vendita di fabbricati storici, senza la preventiva autorizzazione dell’apposita Soprintendenza, sarebbe in violazione dello stesso Codice dei Beni Culturali.
Perciò, in subordine, nell’ipotesi peggiore, si potrebbe pensare di mantenere, al pubblico patrimonio, almeno i terreni e fabbricati ricadenti in aree protette e/o quelli ricadenti in contesti di maggiore sensibilità ambientale e paesaggistica.
➔ Sul 3^ punto, voglio rappresentare il rischio della dismissione completa delle cantoniere storiche dell’AQP, soprattutto quelle insistenti sul Canale Principale, senza escludere quelle sulle varie diramazioni storiche, che adducono le acque di Caposele: siamo di fronte ad un grande patrimonio di rilevanza anche storico-culturale da utilizzare anche per progetti regionali ed interregionali di mobilità lenta (ippovie-ciclovie-pedovie ) e di turismo escursionistico naturalistico-culturale.
Purtroppo, ahimè ed ahinoi, inopinatamente, l’Amministrazione dell’AQP , sembra ne abbia deciso l’alienazione dal 2008, a fronte di risibili introiti, a quanto è dato sapere anche consultando il sito web dell’AQP: ciò che temevamo succedesse nelle precedenti Amministrazioni Reg.li, si potrebbe verificare ora, Suo malgrado, in presenza di una Amministrazione Reg.le. che annovera fra le sue prioritarie missioni la difesa dei beni comuni, patrimoniali e non.
Ad es., con grande dispiacere, ho appreso dell’ attuale tentativo di vendita della casa-cantoniera di S. Magno, sul tratturo Corato-Fontanadogna (area murgia-Castel del Monte) , sembra, al di là delle dovute procedure pubblicistiche, sicuramente ad importo irrisorio; lo stesso dicasi per le cantoniere “Baracchia” e “Gadaleta” (bosco Selva Reale di Ruvo di P.- area 1 del Parco Alta Murgia) di cui si paventa l’avvenuta cessione negli ultimi tempi, e la casa-cantoniera “ S. Giuseppe “ ai piedi di Castel del Monte. (Sembra a prezzi irrisori)
Da oltre 10 anni ormai, ci stiamo impegnando per la salvaguardia di tale patrimonio, anche se, a tutt’oggi, con scarsi risultati, se si esclude il meritorio progetto di Ciclovia interregionale predisposto dall’Ass.to reg. ai Trasporti e dall’Ass.to Assetto del Territorio (Vedi anche proposta di PPTR.)
Riporto, infine, a conferma delle potenzialità, il testo trasmesso dallo scrivente, ultimamente, in qualità di Consigliere , all’Ente Parco A.M. per l’inserimento nel Piano del Parco (la cui proposta abbiamo da qualche giorno, positivamente, ritengo, licenziato, per la successiva trasmissione alla Comunità del Parco [ Comuni /Province / Regione ], per il prescritto parere ed alla Regione, in seguito, per l’approvazione), di una scheda-progetto relativa, appunto, al progetto di mobilità lenta sul Canale AQP:
Ritengo che la descrizione del progetto vada meglio e credibilmente articolata, anche se in termini concisi; la relazione che avevo inviato, risalente ormai a 10 anni fa, voleva essere solo uno spunto ideativo di mobilità lenta su di un’area ben più vasta, attraversata dal canale principale dell’AQP- fino a Martina Franca );
occorre mettere in rilievo, a mio parere, che questo progetto completerebbe, a corona, sul versante adriatico e nord-ovest, l’altro previsto progetto di accesso lento al Parco ( progetto ferrovie FAL e ferrovie Stato – versanti est e sud);
Occorre, altresi, rilevare il ruolo di asse portante ,anche, del Tratturello Regio Canosa-Ruvo, che per un tratto rilevante è parallelo all’Acquedotto, e collegherebbe il Parco dell’Ofanto al Parco A. M. ( attraversando l’area di Castel del Monte) e, essendo più ambiziosi, a quello di Lama Balice, attraverso i solchi erosivi carsici che dalla Murgia Alta portano alla Conca Barese (ad es. da contrada Jazzo Rosso- Ferratela / Ruvo);
peraltro, Il Tratturello Regio è uno dei pochi tratturi, più o meno illesi, che ci restano in questa parte della Puglia, ed incrocia gli altri tratturi importanti (ad es. Corato-Fontanadogna e Barletta- Grumo da cui si dipartono altri verso le murge tarantine).
Ad ogni buon conto Ho inviato fax dell’elenco completo delle case cantoniere dell’AQP, le quali vanno citate, a mio parere, ad iniziare da quella di Spinazzola fino quella di Gioia-Santeramo , vista la loro enorme rilevanza ed utilità allo scopo dell’escursionismo ciclo-pedonale naturalistico-culturale; tanto , anche al fine di sancirne la pubblica utilità attraverso l’inserimento nel Piano del Parco, scongiurandone l’eventuale processo di privatizzazione.
é necessario, anche, citare la Masseria Scoparello (bosco Scoparello) con relativo Jazzo, perchè contigui al Canale Acquedotto e di proprietà pubblica regionale .
Questo progetto di mobilità dolce è nei programmi regionali (vedi PPTR e progetto Ciclovia su Canale Acquedotto dell’Assessorato ai Trasporti – al proposito sarebbe utile la visione dei documenti descrittivi e cartografico-fotografici inseriti nel sito WEB : www.cicloamici.it)
Nicola Amenduni”]
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➔ Sul 4^ punto, ritengo di segnalare il fatto che, anche per i beni ex-Ersap, si è assistito, negli anni , più recenti e più remoti, ad una legislazione regionale sostanzialmente liquidatoria, spesso a favore di surrettizi agricoltori e fruitori di rendite parassitarie, che solo grazie alla conoscenza degli ambiti burocratici, e poi politici, sono riusciti ad accaparrarsi parti del territorio pugliese, spesso strategiche sul piano della pubblica fruizione, nonchè della pubblica tutela ambientale (vedasi i tanti casi di alienazione dei beni insistenti lungo le coste e nelle aree interne della Regione, oggi perlopiù aree protette); tanto, anche grazie all’introduzione, per opera di coloro che furbescamente hanno insistito a persuadere burocrati, Consiglieri ed Assessori disponibili, di un groviglio di leggi e codicilli che hanno facilitato il processo di ciò che appare svendita di beni pubblici, che in molti casi sono serviti più alla speculazione che all’agricoltura.
- Pertanto sarebbe il caso di una più oculata e rigorosa gestione dei residui beni ex-Ersap, finalizzata alla loro tutela patrimoniale ed ambientale.
- Stando solo al caso Alta Murgia, rammento che l’Ente Parco ha previsto nel suo Piano, in adozione, la riqualificazione degli agglomerati architettonici rurali ex- Ersap, a promozione della ricettività turistica sostenibile.
- A proposito, e ad esempio, voglio segnalare, il caso del “Bosco Scoparello” (fra gli ultimi consistenti residui boschi naturali, e biotopo rilevante, nel nord-barese – circa 400 ha, solo la parte pubblica) con annesse masserie, nel territorio di Ruvo in area Parco Naz. (uno dei pochi beni ex.-Ersap conservati al demanio regionale), che versa in totale stato di abbandono, in spregio ad ogni principio di buona amministrazione del patrimonio pubblico demaniale; qualche mese addietro, negli ultimi mesi della scorsa legislatura, con l’Assessorato retto dall’Ass.re Minervini, su nostro impulso qui a Ruvo, si è iniziato un percorso amministrativo-finanziario finalizzato al recupero delle masserie in questione (mi pare si tratti del suo inserimento nel programma POIN-CULTURA), ma tutto è ancora da verificare.
La furia privatizzatrice di questi ultimi decenni ha fatto già molti danni; figurarsi poi cosa potrà succedere con il federalismo fiscale-demaniale, se sarà gestito con la stessa furia e gli stessi meccanismi ambigui e distorti: l’esperienza dovrebbe averci insegnato che la proprietà privata è riottosa ad accettare le regole pubblicistiche della corretta gestione ambientale, perché incline solo a tutelare il “valore di scambio”; perciò occorre anche una proprietà pubblica che controbilanci con la centralità del “valore d’uso” , a parte l’esercizio dei poteri pubblici a tutela di tutti. Tanto, al fine di non ingrossare le fila dei nullatenenti e diseredati di beni comuni, materiali e immateriali, come bene dice F. Cassano:
“Solo pochi anni fa l’acqua era ancora un bene pubblico. Oggi la si acquista nei supermercati, e gli antichi rubinetti servono solo per lavarsi e per lavare. Tra non molto anche l’acqua per le pulizie diventera’ una merce. Dopo tocchera’ all’aria, dal momento che la bellezza, il mare e i silenzi sono gia’ da tempo recintati e venduti. Battersi per i beni comuni appare quindi una follia, perché significa pretendere di mutare la legge di gravita’ che sembra governare il nostro pianeta, attraversato da monadi affannate in continua competizione tra loro. Il mondo in comune si dissolve ogni giorno, per ricomparire a spicchi nelle mani di mille proprietari, orgogliosi di aver conquistato il diritto di escludere gli altri, Ius excludendi omnes. Da questa distruzione di beni comuni escono perdenti in primo luogo i piu’ deboli, quelli che nella lotta per l’accaparramento privato del pianeta, arrivano quando gli altri hanno gia’ occupato i posti a sedere e chiuse le porte. Tutelare i beni significa quindi tutelare in primo luogo tutti gli esseri umani…” (da “Homo Civicus).
Chiedo scusa se mi sono dilungato, ma non ho potuto fare diversamente, me lo permetterà, non foss’altro per visioni condivise; confido nella Sua sensibilità; con la cultura politica che Le riconosco, queste cose sono per Lei già scontate; occorre, però, correre ai ripari tempestivamente.
Buon lavoro.
08/Giugno/2009
p.s. Mi scuserà se ho voluto come “aperta” questa lettera, tali problematiche, eminentemente politiche, più sono condivise, meglio è.