Intervista al prof. Mimmo Guastamacchia
Domenico Guastamacchia in una foto recente, col suo bimbo più piccolo. |
Se la Ricerca della Felicità, stando al noto film, è un’avventura difficile dal lieto fine – ben più complessa, dura e comunque amara, è la Ricerca della Verità. Con un finale ancora più inquietante perché non è quasi mai scritta la parola fine.
Ne sanno qualcosa i filosofi, gli investigatori, i giornalisti (pochi) degni di questo nome, gli avvocati e i magistrati che non hanno perso l’ideale (cioè se stessi) – e i tanti cittadini in cerca di giustizia.
Mimmo Guastamacchia è uno di questi.
Lo ascolto per telefono, a lungo, nel pomeriggio del 26 giugno – sono fuori con mia moglie per piccoli acquisti – e già mi impressiona la chiarezza (e la forza) con cui dipana una matassa molto complicata.
Dopo mezz’ora, con mia moglie esausta, in piedi, ignara, che mi fa tutti i segni possibili (…;-) interrompiamo e prendiamo appuntamento per oggi, 27.
Ed eccomi qui, incollato per quasi tre ore alla scrivania a guardare Mimmo che si districa
tra centinaia di pagine, verbali e documenti – le sue mani che scartabellano i plichi, saltellano sul giallo degli evidenziatori e centrano con precisione il paragrafo cercato, con la maestria e la naturalezza del grande pianista che scivola e vola sulla tastiera.
tra centinaia di pagine, verbali e documenti – le sue mani che scartabellano i plichi, saltellano sul giallo degli evidenziatori e centrano con precisione il paragrafo cercato, con la maestria e la naturalezza del grande pianista che scivola e vola sulla tastiera.
A suo modo, uno spettacolo. Ma anche un “racconto” non detto. Il prodotto di mille nottate di studio, immagino; la triste laurea del dolore.
Ma Mimmo è un uomo forte, sicuro, determinato. Un combattente in armi.
I suoi studenti lo ricordano con affetto, e lui custodisce come sacre reliquie i tanti biglietti affettuosi, o la stampa del gruppo Facebook che i ragazzi hanno messo su per chiedere il suo ritorno al Tedone.
“Devo tutto a mia moglie“, dice – “lei si è sobbarcata tutto il peso della famiglia, facendo anche da padre, per consentirmi di portare avanti questa battaglia.”
Purtroppo Mimmo non acconsente a fare una videointervista. Sarebbe stato bello poter mostrare la sua perfetta conoscenza dei materiali e dei documenti che ha portato con sé (solo una piccola parte, si schermisce); ogni pagina fitta fitta, con note a margine, le strisce gialle dell’evidenziatore, rimandi, citazioni di sentenze e numerazioni di aree che sembrano quasi le zolle del suo adorato campo di calcio.
Sarebbe stato bello. Ma per ora Mimmo preferisce mantenere un basso profilo. E così tocca al povero ricercatore di verità, tentare una sintesi.
I fatti in sintesi
Tutto comincia nel 2001, quando Guastamacchia arriva al Liceo e vi trova Biagio Pellegrini come preside.
Tra i due, per così dire, è amore a prima vista.
Al Preside piace quel docente intraprendente che si mette subito al lavoro per realizzare il campo di calcetto senza spese per la scuola. Di questi tempi, un miracolo. O più.
Il prof. Guastamacchia tempesta amici e conoscenti di richieste, cerca e trova sponsor, alla fine mette insieme 30.000 euro e con l’aiuto gratuito di amici imprenditori edili e affini tira su, letteralmente con le proprie mani (“rinunciando anche alle ferie per 2 anni”), e con l’aiuto del vecchio padre malato (“ci teneva a dare il suo ultimo contributo alla scuola del figlio”) un campo “da 150.000 euro almeno”.
Senza che il Tedone sborsi un solo centesimo.
Col Preside, cui tutti riconoscono un totale attaccamento al Liceo, è ovviamente idillio.
In più, i ragazzi stravedono per il prof. intraprendente.
“Con Biagio Pellegrini eravamo amiconi – osserva Guastamacchia – anzi quasi fratelli. Abbiamo fatto vacanze insieme. Quando tornavo da campagna non mancavo di portargli fioroni o fichi d’India. C’era una sintonia totale.”
Poi questo idillio (come spesso accade) finisce. All’improvviso. Come un fulmine a ciel sereno. Accade in un Consiglio di Istituto dell’ottobre 2007. “Non mi sarei mai aspettato una reazione del genere da parte di Biagio. Non c’era motivo. E mai lo avrei creduto capace di tanto!”
Pomo della discordia, il bar interno al Liceo, oggetto di un controverso appalto e di una gestione a sua volta – per così dire – chiacchierata.
Vi è anche un’ispezione dei Nas, che “hanno rilevato numerose e pesanti irregolarità” e ne hanno disposto la chiusura.
Una chiusura che tuttavia non viene applicata “mai, neanche per un giorno“. Dopo una decina di giorni poi il Sindaco, Michele Stragapede, revoca il provvedimento di chiusura, perché “l’ufficiale sanitario dott. Matteo Paparella scrive che tutto è a posto”.
In quel Consiglio di Istituto, il prof. Guastamacchia chiede che le cose siano rimesse al loro posto. Riferisce anche di alcuni episodi in cui il gestore avrebbe avuto un comportamento, per così dire, eccessivamente disinvolto con alunne/i e docenti.
Ma a questo punto, il colpo di scena. Inaspettato. “Biagio esplode contro di me, mi grida di smetterla di perseguitare il barista e insomma di finirla”.
Guastamacchia cade dalle nuvole. Tanto più che il Preside ventila la possibilità di un cambio di regolamento del campo di calcio. Un messaggio fin troppo esplicito che fa inalberare il prof., che considera quel campo moralmente “suo”, reso quasi sacro dall’ultimo sacrificio del padre.
“Se toccate il campo – dice – sarà guerra.”
Pochi giorni dopo il regolamento del campo viene cambiato. La guerra è iniziata.
La sporca guerra
Si sa, tutti i grandi amori finiscono sulla stessa buccia di banana. Ma quella scivolata è preparata nel tempo da mille incomprensioni, rancori, non detto. Non ascoltato.
Chissà. Forse a Biagio Pellegrini aveva da un bel po’ cominciato a dar fastidio quel docente che considerava il campo (sia pure nel senso buono) “cosa sua”; mentre a sua volta Pellegrini, per la mole di lavoro che gli aveva dedicato, senza dubbio considerava l’INTERO Liceo (sempre nello stesso senso) come cosa sua.
Un conflitto di autorità? Una normale guerra di potere? La necessità di ristabilire la propria parola come decisiva urbi et orbi?
Fatto sta che la guerra è diventata sporca come tutte le guerre, è degenerata nel peggio, ha fatto come d’uso della verità la sua prima vittima – ed ha finito per trascinare i protagonisti nei suoi gorghi.
Impossibile riassumere qui il dettaglio e il groviglio documentale che il modesto reporter ha potuto vedere – le comunicazioni incrociate di Presidenza, Provveditorato/Ufficio scolastico provinciale, Ufficio scolastico regionale, Procura, e quant’altro.
Oggettivamente il materiale documentale appare solido e impressionante. Che poi possa condurre a un esito giudiziario, ovviamente non è questa la sede per stabilirlo.
Ma è evidente che errori e forzature (per tenere un linguaggio neutro: ma i termini che usa il magistrato sono ben più gravi) ci siano stati eccome.
Probabilmente ci si è lasciati prendere la mano. E, pur di vincere la “guerra”, come sempre accade, ci si è dimenticati lo scopo fondamentale per cui si sussiste come istituzione. Il classico effetto collaterale di ogni guerra.
Ovviamente non rinunciamo neanche per un attimo alla posizione totalmente garantista che abbiamo espresso prima e con più forza di chiunque altro.
E rimane che siamo a disposizione di Biagio Pellegrini e di qualunque altro indagato voglia arricchire la nostra ricerca della verità con la sua versione.
Anzi, è un confronto che sollecitiamo e chiediamo vivamente.
Ma, come si dice, carta canta. E le carte del prof. Guastamacchia (che sono anche quelle della Procura) cantano alto e forte.
“Sono stato mal consigliato“, pare abbia confidato Biagio Pellegrini a interposta persona in un momento di timidi tentativi di conciliazione.
Ma il Preside non è il solo, per così dire, sulla prima linea delle accuse. C’è il Provveditore Giovanni Lacoppola. E ce ne sono altri quattro (di cui omettiamo i nomi per ovvie ragioni).
Per gli altri 13 nomi circolati, Guastamacchia (che ha le posizioni analitiche di ciascun indagato, con i vari reati ipotizzati dal Pubblico Ministero) dice di non averli coinvolti direttamente e che ci è arrivato da solo il magistrato; ma prevede anche che ne usciranno indenni o quasi, per essere stati (inconsapevolmente?) manipolati.
Ma per i primi sei prevede un esito pesante.
“Eh no”, dice, riferendosi ad uno dei commenti al nostro precedente articolo: “non è affatto aria fritta“.
No. Non lo è.
E se appare pesante e imperdonabile la compromissione del Provveditore. Se gravi appaiono le posizioni di alcuni docenti che, a giudicare dai verbali in possesso del Guastamacchia, hanno (avrebbero) dichiarato il falso e mescolato interesse privato in atto pubblico – la chiave del rebus è senza dubbio la posizione di Biagio Pellegrini.
Che per liberarsi del prof. diventato scomodo sembrerebbe (dai documenti citati) aver messo in atto comportamenti e strategie che non tocca a noi definire processualmente, ma che così ad occhio non appaiono sempre quelle di un contendente leale e obbiettivo, mosso unicamente dall’interesse della Scuola.
Forse il risentimento personale accumulato ed esploso; forse i “cattivi consigli”, o tutt’e due le cose, hanno preso la mano di quest’uomo cui tutti riconoscono uno straordinario attaccamento al Tedone, quasi una identificazione, un prolungamento del proprio corpo.
Lo stesso Guastamacchia glielo riconosce. E come si potrebbe non farlo?
Ed è proprio questo l’unico filo che forse si può provare a tirare e annodare per cercare di salvare il salvabile. La stima reciproca, almeno per il tempo che fu.
E, aggiungeremmo noi, il superiore interesse del Tedone, dei suoi allievi, del personale docente e non docente. Di tutta la città e delle città vicine, delle quali anche il Liceo Tedone è punto di riferimento importante – fin dai tempi, ormai preistorici o mitici, in cui lo frequentava chi scrive, e oltre.
Sono questi gli interessi che ora bisogna perseguire. È questo, il salvabile che DEVE essere salvato: il Liceo, come avevamo già scritto.
La stella polare che deve portarci a sotterrare le asce di guerra e a ricominciare, facendo tesoro degli errori.
Perché è vero che solo chi non fa, non sbaglia. Ma è altrettanto vero che questo non giustifica gli sbagli, neanche un po’.
Il prof. Guastamacchia è stato alla fine trasferito forzosamente, è rimasto due anni senza stipendio ed è poi rientrato in servizio all’ITC “Tannoia”.
Il Preside Pellegrini, a coronamento di una vita comunque spesa in gran parte per il Liceo, si è visto condannare in primo grado ed oggi rischia il processo penale insieme agli altri.
Le guerre non hanno mai vincitori. Solo sconfitti, e vittime. E devastazione. E ingiustizie.
Forse è venuto il momento di cominciare a costruire la pace, anche al Tedone. Riannodando i fili in nome degli interessi generali e cercando le soluzioni migliori per tutti.
Se possiamo essere d’aiuto, noi ci siamo.
“Devo tutto a mia moglie“, dice – “lei si è sobbarcata tutto il peso della famiglia, facendo anche da padre, per consentirmi di portare avanti questa battaglia.”
Purtroppo Mimmo non acconsente a fare una videointervista. Sarebbe stato bello poter mostrare la sua perfetta conoscenza dei materiali e dei documenti che ha portato con sé (solo una piccola parte, si schermisce); ogni pagina fitta fitta, con note a margine, le strisce gialle dell’evidenziatore, rimandi, citazioni di sentenze e numerazioni di aree che sembrano quasi le zolle del suo adorato campo di calcio.
Sarebbe stato bello. Ma per ora Mimmo preferisce mantenere un basso profilo. E così tocca al povero ricercatore di verità, tentare una sintesi.
I fatti in sintesi
Tutto comincia nel 2001, quando Guastamacchia arriva al Liceo e vi trova Biagio Pellegrini come preside.
Tra i due, per così dire, è amore a prima vista.
Al Preside piace quel docente intraprendente che si mette subito al lavoro per realizzare il campo di calcetto senza spese per la scuola. Di questi tempi, un miracolo. O più.
Il prof. Guastamacchia tempesta amici e conoscenti di richieste, cerca e trova sponsor, alla fine mette insieme 30.000 euro e con l’aiuto gratuito di amici imprenditori edili e affini tira su, letteralmente con le proprie mani (“rinunciando anche alle ferie per 2 anni”), e con l’aiuto del vecchio padre malato (“ci teneva a dare il suo ultimo contributo alla scuola del figlio”) un campo “da 150.000 euro almeno”.
Senza che il Tedone sborsi un solo centesimo.
Col Preside, cui tutti riconoscono un totale attaccamento al Liceo, è ovviamente idillio.
In più, i ragazzi stravedono per il prof. intraprendente.
“Con Biagio Pellegrini eravamo amiconi – osserva Guastamacchia – anzi quasi fratelli. Abbiamo fatto vacanze insieme. Quando tornavo da campagna non mancavo di portargli fioroni o fichi d’India. C’era una sintonia totale.”
Poi questo idillio (come spesso accade) finisce. All’improvviso. Come un fulmine a ciel sereno. Accade in un Consiglio di Istituto dell’ottobre 2007. “Non mi sarei mai aspettato una reazione del genere da parte di Biagio. Non c’era motivo. E mai lo avrei creduto capace di tanto!”
Pomo della discordia, il bar interno al Liceo, oggetto di un controverso appalto e di una gestione a sua volta – per così dire – chiacchierata.
Vi è anche un’ispezione dei Nas, che “hanno rilevato numerose e pesanti irregolarità” e ne hanno disposto la chiusura.
Una chiusura che tuttavia non viene applicata “mai, neanche per un giorno“. Dopo una decina di giorni poi il Sindaco, Michele Stragapede, revoca il provvedimento di chiusura, perché “l’ufficiale sanitario dott. Matteo Paparella scrive che tutto è a posto”.
In quel Consiglio di Istituto, il prof. Guastamacchia chiede che le cose siano rimesse al loro posto. Riferisce anche di alcuni episodi in cui il gestore avrebbe avuto un comportamento, per così dire, eccessivamente disinvolto con alunne/i e docenti.
Ma a questo punto, il colpo di scena. Inaspettato. “Biagio esplode contro di me, mi grida di smetterla di perseguitare il barista e insomma di finirla”.
Guastamacchia cade dalle nuvole. Tanto più che il Preside ventila la possibilità di un cambio di regolamento del campo di calcio. Un messaggio fin troppo esplicito che fa inalberare il prof., che considera quel campo moralmente “suo”, reso quasi sacro dall’ultimo sacrificio del padre.
“Se toccate il campo – dice – sarà guerra.”
Pochi giorni dopo il regolamento del campo viene cambiato. La guerra è iniziata.
La sporca guerra
Si sa, tutti i grandi amori finiscono sulla stessa buccia di banana. Ma quella scivolata è preparata nel tempo da mille incomprensioni, rancori, non detto. Non ascoltato.
Chissà. Forse a Biagio Pellegrini aveva da un bel po’ cominciato a dar fastidio quel docente che considerava il campo (sia pure nel senso buono) “cosa sua”; mentre a sua volta Pellegrini, per la mole di lavoro che gli aveva dedicato, senza dubbio considerava l’INTERO Liceo (sempre nello stesso senso) come cosa sua.
Un conflitto di autorità? Una normale guerra di potere? La necessità di ristabilire la propria parola come decisiva urbi et orbi?
Fatto sta che la guerra è diventata sporca come tutte le guerre, è degenerata nel peggio, ha fatto come d’uso della verità la sua prima vittima – ed ha finito per trascinare i protagonisti nei suoi gorghi.
Impossibile riassumere qui il dettaglio e il groviglio documentale che il modesto reporter ha potuto vedere – le comunicazioni incrociate di Presidenza, Provveditorato/Ufficio scolastico provinciale, Ufficio scolastico regionale, Procura, e quant’altro.
Oggettivamente il materiale documentale appare solido e impressionante. Che poi possa condurre a un esito giudiziario, ovviamente non è questa la sede per stabilirlo.
Ma è evidente che errori e forzature (per tenere un linguaggio neutro: ma i termini che usa il magistrato sono ben più gravi) ci siano stati eccome.
Probabilmente ci si è lasciati prendere la mano. E, pur di vincere la “guerra”, come sempre accade, ci si è dimenticati lo scopo fondamentale per cui si sussiste come istituzione. Il classico effetto collaterale di ogni guerra.
Ovviamente non rinunciamo neanche per un attimo alla posizione totalmente garantista che abbiamo espresso prima e con più forza di chiunque altro.
E rimane che siamo a disposizione di Biagio Pellegrini e di qualunque altro indagato voglia arricchire la nostra ricerca della verità con la sua versione.
Anzi, è un confronto che sollecitiamo e chiediamo vivamente.
Ma, come si dice, carta canta. E le carte del prof. Guastamacchia (che sono anche quelle della Procura) cantano alto e forte.
“Sono stato mal consigliato“, pare abbia confidato Biagio Pellegrini a interposta persona in un momento di timidi tentativi di conciliazione.
Ma il Preside non è il solo, per così dire, sulla prima linea delle accuse. C’è il Provveditore Giovanni Lacoppola. E ce ne sono altri quattro (di cui omettiamo i nomi per ovvie ragioni).
Per gli altri 13 nomi circolati, Guastamacchia (che ha le posizioni analitiche di ciascun indagato, con i vari reati ipotizzati dal Pubblico Ministero) dice di non averli coinvolti direttamente e che ci è arrivato da solo il magistrato; ma prevede anche che ne usciranno indenni o quasi, per essere stati (inconsapevolmente?) manipolati.
Ma per i primi sei prevede un esito pesante.
“Eh no”, dice, riferendosi ad uno dei commenti al nostro precedente articolo: “non è affatto aria fritta“.
No. Non lo è.
E se appare pesante e imperdonabile la compromissione del Provveditore. Se gravi appaiono le posizioni di alcuni docenti che, a giudicare dai verbali in possesso del Guastamacchia, hanno (avrebbero) dichiarato il falso e mescolato interesse privato in atto pubblico – la chiave del rebus è senza dubbio la posizione di Biagio Pellegrini.
Che per liberarsi del prof. diventato scomodo sembrerebbe (dai documenti citati) aver messo in atto comportamenti e strategie che non tocca a noi definire processualmente, ma che così ad occhio non appaiono sempre quelle di un contendente leale e obbiettivo, mosso unicamente dall’interesse della Scuola.
Forse il risentimento personale accumulato ed esploso; forse i “cattivi consigli”, o tutt’e due le cose, hanno preso la mano di quest’uomo cui tutti riconoscono uno straordinario attaccamento al Tedone, quasi una identificazione, un prolungamento del proprio corpo.
Lo stesso Guastamacchia glielo riconosce. E come si potrebbe non farlo?
Ed è proprio questo l’unico filo che forse si può provare a tirare e annodare per cercare di salvare il salvabile. La stima reciproca, almeno per il tempo che fu.
E, aggiungeremmo noi, il superiore interesse del Tedone, dei suoi allievi, del personale docente e non docente. Di tutta la città e delle città vicine, delle quali anche il Liceo Tedone è punto di riferimento importante – fin dai tempi, ormai preistorici o mitici, in cui lo frequentava chi scrive, e oltre.
Sono questi gli interessi che ora bisogna perseguire. È questo, il salvabile che DEVE essere salvato: il Liceo, come avevamo già scritto.
La stella polare che deve portarci a sotterrare le asce di guerra e a ricominciare, facendo tesoro degli errori.
Perché è vero che solo chi non fa, non sbaglia. Ma è altrettanto vero che questo non giustifica gli sbagli, neanche un po’.
Il prof. Guastamacchia è stato alla fine trasferito forzosamente, è rimasto due anni senza stipendio ed è poi rientrato in servizio all’ITC “Tannoia”.
Il Preside Pellegrini, a coronamento di una vita comunque spesa in gran parte per il Liceo, si è visto condannare in primo grado ed oggi rischia il processo penale insieme agli altri.
Le guerre non hanno mai vincitori. Solo sconfitti, e vittime. E devastazione. E ingiustizie.
Forse è venuto il momento di cominciare a costruire la pace, anche al Tedone. Riannodando i fili in nome degli interessi generali e cercando le soluzioni migliori per tutti.
Se possiamo essere d’aiuto, noi ci siamo.
mario albrizio