Palazzo Avitaja verso il crac? Ecco cosa succede in caso di dissesto finanziario: tasse, tagli e stop ai debiti.
La dichiarazione di fallimento avrebbe/avrà conseguenze “lacrime e sangue”. Il personale in esubero del Comune verrebbe dichiarato “in disponibilità”. E gli amministratori ritenuti responsabili rischierebbero l’ineleggibilità per cinque anni
Il tutto è disciplinato dal Testo unico degli enti locali (legge 267/2000), che all’articolo 244 prevede che «si ha stato di dissesto finanziario se l’Ente, Comune o Provincia, non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, ovvero esistono nei confronti dell’Ente locale crediti di terzi cui non si possa fare validamente fronte né con il mezzo ordinario del ripristino del riequilibrio di bilancio né con lo straordinario riconoscimento del debito fuori bilancio».
UN TAGLIO NETTO COL PASSATO
Con decreto del presidente della Repubblica viene nominato un apposito organo composto da tre membri e che si dedica esclusivamente al passato, presentando per l’approvazione ministeriale un piano di estinzione con il quale viene azzerata la situazione patologica che ha creato il dissesto, mentre l’ente con l’ipotesi di bilancio (che deve essere varata dal consiglio comunale) inizia, di fatto, una nuova vita finanziaria e amministrativa «sgombra del peso del passato – spiega il Ministero – e con un bilancio risanato e corrispondente a tutti i principi di una corretta ed efficiente amministrazione finanziaria».
L’ente dissestato, dunque, deve approvare un nuovo bilancio, vagliato dal Ministero dell’interno, basato sull’elevazione delle entrate al livello massimo consentito dalla legge, sul contrasto all’evasione e sul contenimento di tutte le spese. Altre misure da mettere in campo: l’alienazione del patrimonio disponibile non strettamente necessario all’esercizio delle funzioni istituzionali, la destinazione degli avanzi di amministrazione dei cinque anni a partire da quello del dissesto e delle entrate straordinarie, la contrazione di un mutuo a carico del proprio bilancio.
PIU’ TASSE PER TUTTI
Entrando nel dettaglio, nella prima seduta successiva alla dichiarazione del dissesto e, comunque, entro trenta giorni dalla data di esecutività della delibera di dichiarazione del dissesto, il consiglio comunale deve deliberare, relativamente alle imposte e tasse locali di propria spettanza, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita.
PERSONALE E DEBITI
“Lacrime e sangue” anche per le spese del personale: l’ente è obbligato a rideterminare la dotazione organica, dichiarando in eccesso e collocando in disponibilità il personale comunque in servizio che risulti in soprannumero rispetto al rapporto medio dipendenti-popolazione, fermo restando l’obbligo di accertare le compatibilità di bilancio. L’altro obbligo in materia di spesa di personale, ricorda il Ministero nella sua circolare di un anno e mezzo fa, è quello di ridurre la spesa per il personale a tempo determinato a non oltre il 50 per cento della spesa media sostenuta per l’ultimo triennio antecedente l’anno cui si riferisce l’ipotesi di bilancio. Per quanto riguarda i debiti, i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento.
Restano due domande: chi dichiara il dissesto? E cosa succede agli amministratori responsabili dello sfascio?
In definitiva, dissesto è sinonimo di disastro? Di certo non è una buona circostanza, ma il Ministero dà una chiave di lettura fondamentale: «Dalle risultanze ispettive si è evidenziata la presenza di dissesti non dichiarati che alla fine producono conseguenze ancora più gravi in quanto se la crisi finanziaria viene dichiarata in tempi fisiologici, c’è la possibilità, con uno sforzo congiunto, di ottenere un vero risanamento. Se questo non accade, l’uscita della crisi diventa un’operazione impossibile da raggiungere soltanto con azioni a livello locale e, di conseguenza, diventa necessario un intervento a livello centrale». A che punto siamo noi?
La dichiarazione del dissesto finanziario non comporta le dimissioni del sindaco e della giunta, né lo scioglimento del consiglio comunale.
Una volta che il consiglio comunale delibera il dissesto finanziario, sindaco, giunta e consiglio restano in carica, ma vengono affiancati da una Commissione di tre membri, espressamente designata dal Ministero degli Interni e nominata con decreto del Presidente della Repubblica.
La Commissione si occupa del disavanzo pregresso, compresi i residui attivi e passivi non vincolati, che vengono estrapolati dal bilancio comunale, mentre l’amministrazione comunale gestisce un bilancio “risanato”, senza debiti.