La valutazione e l’analisi di una situazione amministrativa hanno sempre risvolti di natura politica. E la tenuta e l’omogeneità di una coazione politica si misura dal grado di condivisione dei provvedimenti amministrativi, che devono essere assunti previa ampia, esauriente e convincente discussione fra le forze politiche.
Il braccio di ferro serve a poco. La forza si esaurisce presto, mentre dura e ha effetti positivi
una stretta di mano, la cordiale intesa fra gli uomini e le donne di buona volontà che hanno aderito ad un comune progetto, fintanto che esso conserva i tratti della condivisione, della collaborazione, del buon governo.
Del resto le emergenze e le impellenze erano ben note. Una chiara e lungimirante programmazione amministrativa, sostenuta da un’altrettanto limpida visione politica di prospettiva, avrebbe dovuto dire parole tempestive, chiare ed univoche su talune problematiche all’ordine del giorno, quale quella dei comparti, ad esempio, che toglie il sonno e la pace a tante famiglie ruvesi.
La conferenza stampa tenuta dal dr. Paparella sabato 14 luglio a tale proposito, al di là dei contenuti che altri potrebbero contraddire, ha messo in evidenza la complessità di una situazione che viene da lontano e che presenta risvolti molteplici e finanche imbarazzanti.
Quando invece il diritto diviene favore; quando un atto amministrativo suscita generale perplessità, che riguardi l’edilizia o l’organizzazione dell’apparato burocratico o il sociale, è consequenziale che la forbice fra cittadino ed istituzioni, fra cittadino e partiti, si divarichi. La vera rivoluzione socialista, popolare e cristiana da compiere è fare tabula rasa di una visione della cosa pubblica come gestione di interessi e non di beni pubblici e comuni.
Questo capovolgimento culturale richiede che si ponga urgente rimedio alla lentezza amministrativa, alla farraginosità di un modus operandi che ha delle attenuanti, certo, ma che non è più tollerabile nel terzo millennio dopo Cristo.
Mentre il mondo avanza, progredisce; mentre si affacciano nuove istanze di libertà e di rinnovamento della vita socioeconomica, non è pensabile che la politica e l’amministrazione si fermino a contemplare il passato, a vivere di ricordi e di nostalgie, reiterando metodi desueti, e non si spingano oltre.
Le persone, i cittadini, chiedono risposte certe e servizi efficienti, meno burocrazia e meno superficialità, interlocutori competenti e sensibili.
La rivoluzione culturale passa attraverso una richiesta di democrazia sostanziale dal basso e di partecipazione democratica attiva e consapevole. Grave, in questo senso, che non ci sia comunicazione fra ente pubblico e cittadini, che l’informazione circa l’attività amministrativa sia pressoché assente, sia di chi governa sia di chi fa opposizione.
La classe politica – tranne qualche eccezione – è impegnata ad impedire l’accesso di nuovi soggetti e potenzialità nell’agone politico-amministrativo.
Favorire realmente il ricambio – e non solo a chiacchiere – farebbe apparire dannatamente vecchio ed inservibile chi non ha avuto la capacità di rinnovarsi, di mantenere una freschezza di cuore e di mente.
Da cultore del futuro e non da agitatore del passato nostalgico, muovo i miei primi passi nella terra degli “infedeli”, la cui caratteristica principale sta nell’essere infedeli ad una visione rozza e liberticida di società e ad un modo di amministrare la cosa pubblica lontano dalle reali esigenze delle persone, obiettivo che credo comune ad altre forze politiche dell’attuale maggioranza.