Visto si stampi.
Ancora sull’Ufficio Stampa di palazzo Avitaia, dalla voce di un protagonista
Carissimo Mario,
entro in punta di piedi nel dibattito sul Servizio Comunicazione del Comune, altrimenti detto Ufficio Stampa, per qualche precisazione in merito alla mia posizione, su cui si è talvolta ricamato.
Qualche fronzolo mi è sembrato francamente inopportuno e finanche offensivo, ma, come sono solito fare, lascio andare. Per mia formazione morale non mi attardo nel rincorrere le critiche, specie quando non sono costruttive e frutto di malcelata invidia o di altri sentimenti poco nobili.
Ho ricoperto detto incarico dal 30/05/2013 al 13/11/2013 quando, con mia nota, comunicavo al Segretario Generale, e per conoscenza al Sindaco e ai Coordinatore d’Area di competenza, che “per diverse e sopravvenute ragioni di carattere personale, familiare e lavorativo, non sono nelle condizioni di prendermi cura del suddetto ufficio, spesso contestualmente alle attività del Servizio Attività Produttive e SUAP o nelle ore pomeridiane”.
Infatti, la mia assegnazione al predetto Servizio, oltre ad essere provvisoria, prevedeva che mi occupassi di comunicazione solo due giorni a settimana (il martedì e il venerdì). Gli altri tre giorni lavorativi avrei dovuto occuparmi delle attività inerenti al commercio.
Nella mia nota aggiungevo che “la comunicazione istituzionale meriterebbe un’attenzione diuturna, continua e costante, alle vicende dell’Ente, che, cioè, esse siano seguite con puntualità e precisione per essere tempestivamente comunicate alla comunità cittadina”.
Caro Mario, non si possono servire due padroni. Perché, come ha detto Qualcuno molto al di sopra di noi, “o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro”. Cosa accadeva in pratica?
Accadeva che quando mi occupavo di comunicazione venissi interpellato dal pubblico su questioni attinenti al commercio, e che quando mi occupavo di commercio venissi contattato per redigere comunicati stampa all’impronta, come se scrivere fosse cosa semplice e non comportasse nessuna riflessione, nessuno sforzo documentativo, il dispendio di nessuna energia.
Un comunicato stampa va accuratamente redatto. E bisogna disporre della documentazione necessaria, perché il comunicatore istituzionale non è la velina di questo o di quello, ma riveste un ruolo super partes, direi, dovendo comunicare la realtà delle cose.
Non può adeguatamente svolgere detto ruolo se non gli vengono trasmessi in tempi succinti atti e documenti o se deve rincorrere questo o quello e da questo o da quello ottenere il benestare, il “visto, si pubblichi”.
Molte volte venivo a conoscenza di fatti di cui sarei dovuto essere a conoscenza soltanto molto tempo dopo, e finanche da persone estranee alla Pubblica Amministrazione.
Inoltre, egli non è l’amplificatore o il megafono della Pubblica Amministrazione, ma un professionista che si occupa di far divulgare notizie utili provenienti o riconducibili agli organi istituzionali, mantenendo uno stile sobrio e non altisonante (captatio benevolentiae?), l’aggancio ai fatti ed assicurando la chiarezza dei contenuti.
E, a mio modo di vedere, riservando spazio adeguato alle opposizioni, cosa, questa, che molti non gradiscono si faccia e che pure è esercizio di democrazia e di pluralismo.
Tengo, infine, a sottolineare che chi si occupa di comunicazione istituzionale non è anche il portavoce dell’Amministrazione in carica, il quale ha una netta connotazione politica e svolge altro tipo di funzione.
Siccome ci tengo alla qualità del mio lavoro nonché alla mia salute, ho preferito tornare ad occuparmi a tempo pieno di commercio ed attività produttive, dove posso essere più utile alla collettività che mi paga lo stipendio. Le mie capacità di scrittore si dirigono verso altri lidi più gratificanti in termini morali, non economici.
Certo, apprendere che un comunicatore, per quanto professionalmente valido e del quale non
metto in dubbio le qualità, percepisce novecento euro mensili per qualche episodico comunicato stampa, mi fa un certo effetto.
Ma così vanno le cose, al momento. In futuro si vedrà, quando mi auguro possa riemergere quel senso della misura che mi sembra sia stato smarrito.
Un cordiale saluto.
Salvatore Bernocco