L’Amministrazione tira dritto. Tra le rovine della Villa che fu, si approva il prossimo mostro.
La Rotonda sarà ricordata/citata con una diversa colorazione della pavimentazione. Il minimo sindacale che avevamo chiesto.
Per il resto il progetto quello era, quello è. I “due mesi” richiesti per apportare modifiche, peraltro significativamente ridotti a uno, non hanno portato altro. Prendere o lasciare.
E figuriamoci se si “lascia” un appalto da due milioni di euro.
Il tutto dev’essere pronto, finito e consegnato, entro l’anno prossimo.
Una profezia che ha del sinistro, oggi, 3 luglio 2014, esattamente un anno dopo quel 3 luglio 2013 in cui doveva essere riconsegnata ai Cittadini una Piazza Dante sfolgorante, mentre ancora oggi è devastata da ritardi e inadempienze, da soluzioni cervellotiche e con quell’orribile torre cessaria che l’ha resa decisamente più brutta di prima.
Un incubo inguardabile.
“Sono diversi tipi di finanziamento“, mette in chiaro l’arch. Del Rosso.
Questo finanziamento DEVE essere finalizzato interamente entro il 2015, sennò si perde. In pratica, è questa la nostra unica “garanzia”.
Davvero? Nel Paese delle Mille Proroghe? Nella Città dei Mille Imprevisti, dove il disastro di Piazza Dante viene “giustificato” col Patto di Stabilità, che però è in vigore dal 1997 e che una pianificazione appena appena decente avrebbe tranquillamente messo in conto nei giusti termini?
Davvero? In un contesto come quello di Piazza Matteotti e limitrofi dove, molto più che nella Villa comunale, basta scavare con un dito per far venire fuori testimonianze millenarie e far bloccare tutto (giustamente) dalla Soprintendenza?
Davvero? Nella Città dove la Magistratura contesta più di 30mila metri cubi abusivi, una vera Città Fantasma, nelle zone a volte maldestramente costruite su quell’altra via crucis (di tutti) che sono i comparti (di pochi) – Magistratura che su quei comparti ha spiccato la bellezza di 120 avvisi di garanzia, la concentrazione di gran lunga più alta d’Italia, a carico della precedente e di questa Amministrazione, che peraltro non sente il dovere di dimettersi e va avanti come se niente fosse mentre la Città è sull’orlo del dissesto?
Sarà.
Sul maxischermo campeggia tronfiamente l’orribile disegno della Piazza che verrà, se ce ne sarà ancora una.
Senza storia. Senza stile. Senz’anima.
Mettere le mani avanti. Il mostro senza padri
Un mostro di cui nessuno vuole la paternità, neanche tra quelli che l’hanno messo al mondo.
Anzi, tutti fanno a gara a chi per primo mette le mani avanti.
L’Assessore all’Urbanistica si giustifica dicendo che hanno saputo della possibilità di finanziamento “20 giorni prima della scadenza del bando” e perciò hanno fatto/arrangiato il possibile.
Venti giorni prima? Ma che razza di pianificazione è? Il Comune non ha forse gli adeguati collegamenti e/o la dovuta attenzione ai finanziamenti regionali – quello che scappa almeno nella enorme macchina di sprechi e inefficienze e clientelismo che qui come altrove si chiama Regione?
Ma neanche gli architetti lo vogliono questo mostriciattolo. La bionda arch. De Mattia ci tiene a precisare che loro, gli architetti, i sacerdoti del bello lapideo, “non c’entrano per nulla” e che il mostriciattolo è stato interamente partorito dall’Ufficio Tecnico comunale, “un ingegnere e due geometri“. Tiè, prendi e porta a casa.
Ma allora che ci fanno ben 4 (quattro!) architetti dietro quel tavolo e a che titolo “spiegano” un progetto non loro? Senza contare i tanti altri arch. e ingegneri dell’altro “tavolo”, quello tecnico, che ora affollano le sedie tra il pubblico e li vedi spellarsi le mani e fare la Hola ogni volta che parla qualcuno a favore del “proggetto”.
E naturalmente il tutto condito, per tutta la serata, dal solito profluvio di interessate banalità, le pezze a colore di sempre, di ogni volta che non si può sostenere argomentativamente una scelta già fatta o subita: dal “ce lo chiede la Regione” all’immancabile “ce lo chiede l’Europa”.
Fino al bike sharing e al car sharing, che dirli fa figo ma che col progetto monstre non c’entrano più che certe amministrazioni col buon governo.
Insomma, fatta salva la buona fede dei singoli, che non ci sogniamo di mettere in discussione – la solita armata brancaleone che procede in ordine sparso, dove ognuno dice la sua e si cerca con un po’ di catenaccio di portare a casa il pareggio utile alla qualificazione. O in questo caso alla riqualificazione…
Cioè al finanziamento. Ai piccioli.
Altro non c’è.
L’unica cosa in cui si sono messi d’accordo è nel minimizzare il dibattito pubblico a “una mezz’ora”. Dopodiché chi s’è visto s’è visto. La baraonda dell’altra volta a Palazzo Caputi ha insegnato soprattutto questo. Chiudere gli spazi civili, se si vogliono stravolgere quelli sociali.
Insomma andrà così. Il mostro sarà partorito. Nonostante tutto e tutti. Nonostante il monito inquietante della Villa ancora drammaticamente devastata, resa mostro anch’essa. Nonostante l’appello dei residenti di Piazza Castello/Matteotti che minacciano guerra.
La ratio è sempre la stessa. Pecunia non olet. E se olet, sappiamo tapparci il naso a meraviglia.
Vado via un po’ prima. Ma non abbastanza da non sentire una certa agitazione che si propaga dai microfoni per Via Madonna delle Grazie.
Saprò più tardi che la decisione è stata inflessibile e che a un cittadino è stato impedito di parlare.
Come? Semplicemente alzandosi dal tavolo e andandosene, politici e tecnici, ingegneri e architetti.
A volte, battendo in ritirata, se non si vince la battaglia, almeno si salva la pelle. Ovvero l’appalto.