Campo sportivo comunale, un venerdì pomeriggio di fine settembre. Arrivo puntuale alle 18.
Mi affaccio al campo dall’unica porticina laterale aperta, e alla mia sola vista vedo crearsi un certo scompiglio vicino agli uffici, tra i collaboratori del Gestore, Vito Ippedico.
Mi dico: “ma va’, sarà solo un’impressione“. Anche perché l’incontro è stato prestabilito e pre-annunciato. Allora perché sorprendersi?
In realtà, ho saputo dopo, da fonte certa, che uno dei più stretti collaboratori del Gestore – lo stesso che avevo visto agitarsi – evidentemente ignaro, ha borbottato contro questa “ispezione”. Un termine curioso, che fa venire in mente altre storie.
Mentre un altro stretto collaboratore, diciamo più esecutivo, si è precipitato ad avvertire il Gestore nel caso non sapesse chi io fossi.
Ridendo, la persona che mi ha informato ha aggiunto: “sembrava avesse visto il diavolo”. Nel senso di una persona indipendente e non certo schierata con la parte politica che, a prima vista, sembrerebbe aver preso il controllo del campo.
“Non sa – ha aggiunto ironicamente il mio informatore – che Ippedico tratta dall’alto in basso il loro boss politico, di cui dice di non aver bisogno.”
Io però non sono affatto ostile. E non mi sento per nulla “in ispezione”. Sono un normale cittadino che vuole sapere e vuole capire. Né più, né meno.
E sono qui perché mi ha invitato l’ufficio legale del signor Ippedico. L’avv. Francesco Angarano arriva infatti dopo pochi minuti.
È uno sveglio, che ha capito che i media non si combattono: si usano. Nel senso buono del termine: si informano, si “nutrono” con la propria versione e così si condizionano per quanto possibile, legittimamente e democraticamente.
Insomma, un’operazione trasparenza per dimostrare che il suo Cliente ha tutte le carte in regola. E il suo Cliente arriva, sollecito e cordiale. Non è una vera intervista: non rimaniamo mai a quattr’occhi. È piuttosto una “presa visione”. Un constatare con mano la situazione e il cambiamento.
Ma non da soli. Sempre in piccolo capannello con il signor Ippedico, i due avvocati, il collaboratore ansioso (in “controispezione”?…;), il collaboratore esecutivo e qua e là qualche curioso estemporaneo.
Mentre donne in cerca di fitness ci sorpassano sulla (brutta) pista d’asfalto e, pochi metri più in là, decine di ragazzini perfettamente equipaggiati e comprensivi di “mister” si allenano sul bellissimo campo di erba sintetica, il vero gioiello di questo impianto, custodito tra due mezzelune spelacchiate: un manto su cui vien voglia di rivoltolarsi per combattere l’insolita afa tardosettembrina.
400.000 euro di tappeto verde (ma c’è chi dice 500, chi addirittura 700.000) che fa gola alle tante squadre delle città vicine rimaste per varie ragioni senza campo o senza soldi.
Vito Ippedico è un ragazzone alto e massiccio, sicuro di sé, e, al contrario dei suoi due trafelati e ansiosi collaboratori (che a volte lo interrompono per dire la loro, quasi per riportare il Gestore all’ortodossia), si muove subito come un perfetto padrone di casa che non ha niente da nascondere, anzi ha piacere di mostrare quello che fa per il Campo.
Visitiamo anche gli spogliatoi, il retro gradinata. Qui, in questi bagni, dice il custode (che li pulisce) ci si potrebbe mangiare dentro. Ma non perché sei venuto tu: ogni giorno, in ogni momento.
Sono i momenti in cui ci si pente di non avere portato un panino…;)
Inevitabile che torni in mente l’ultima volta che sono stato invitato al Campo, la scorsa primavera. Allora c’era la Mannarini/Benincaso, che mi fece fare lo stesso tour e mi parlò delle ripetute ispezioni e diffide della Asl. La stessa Asl che ha trovato i coccodrilli nella appena restaurata piscina comunale.
Anche Ippedico, ovviamente, come a suo tempo la Mannarini, sciorina i successi delle squadre, la validità degli accordi e dei progetti, e prefigura le magnifiche sorti e progressive dell’impianto riconquistato.
Le squadre ruvesi si lamentano di essere state escluse dal campo. Come mai?
Io non ho escluso nessuno. Ho aspettato fino all’ultimo che La Ruvese si rendesse disponibile.
Loro non l’hanno fatto. Ed io, in quanto Gestore, devo far fruttare il campo. Altrimenti non riusciremmo a coprire le spese.
E siccome la Ruvese ha preferito andare altrove, abbiamo dovuto trovare dei sostituti che ci garantissero l’utilizzo e quindi le spese.
E le altre squadre?
Le altre squadre hanno la loro fascia mattutina. Oppure le facciamo giocare qui come la Asd Soccer di Francesco Camerino.
Nonostante abbiano avuto in gestione il campo Paolo VI?
Sì, ci teniamo.
Quindi le ore del Gestore sono a disposizione della Molfetta/Ruvo?
La Molfetta/Ruvo e i ragazzi dell’Andria nazionale, dove gioca anche mio figlio.
A proposito della Molfetta/Ruvo, com’è la storia dei due Presidenti?
Il presidente è uno solo, Bufi di Molfetta.
Ma si dice che la Molfetta/Ruvo non sia riconosciuta dalla Figc.
Infatti è riconosciuta solo come Nuova Molfetta. Per un accordo nostro abbiamo deciso che contemporaneamente, per il pubblico, si sarebbe chiamata Molfetta/Ruvo, cosa perfettamente legale tant’é vero che ci sono altre “fusioni” simili in giro.
In realtà, il signor Ippedico ha fatto prima un accordo con Bisceglie, poi subito dopo ha spiazzato Bisceglie (“tacitando” il presidente in qualche modo, secondo le solite malelingue) e ha fatto l’accordo con Molfetta.
E neanche il tempo di proclamare la nuova realtà ai quattro venti, ecco arrivare l’Andria, di peso ben maggiore, e di cui Ippedico è diventato responsabile del settore giovanile.
Cosa ci sia sotto questa rapida escalation, difficile dire. Magari solo opportunità insolitamente successive, colte con prontezza e spregiudicatezza. O forse l’influsso di cattivi consiglieri che l’hanno costretto a una corsa ballonzolante in cui ha rischiato di cadere.
Vorremmo chiederglielo, ma Ippedico è ormai un fiume in piena. Le luci (fatte mettere dalla Mannarini ma che non possono essere tolte perché la convenzione col Comune lo vieta), gli spogliatoi del tennis, il tennis in quanto tale (“rovinato dalla Mannarini – dice uno del seguito – prima che rovinasse il calcio”), i tabelloni pubblicitari abbandonati e le utenze dell’acqua.
Le signore che avevano firmato una petizione perché maltrattate dalla Mannarini e ora felicemente ritornate in campo a combattere il grasso, con la possibilità di utilizzare acqua e servizi dell’impianto. E ancora il Liceo, il Preside, l’Academy, il Milan, l’Università del calcio, il Bari e persino il Real Madrid. Tutte le avventure fallite dell’era Mannarini.
Perché sono fallite?
Bisognerebbe chiederlo a lei, perché noi ci eravamo fidati di lei. Probabilmente ha fatto il passo più lungo della gamba. Il risultato è una lunga scia di debiti non pagati, e una diffusa perdita di credibilità che ora tocca a noi recuperare.
Ci ha fatto perdere anche l’iscrizione della squadra locale alla Promozione, dopo quasi trent’anni!
Com’è la storia delle bollette?
Paghiamo tutto noi. Tranne l’acqua, di cui paghiamo una parte perché il Comune non ha voluto fare allacci diversi per le tre utenze (campo, tennis e casa del custode sul posto) in quanto costosi. Perciò noi paghiamo solo la nostra parte. Ma qui è tutto in regola. Non c’è alcuno spreco di denaro pubblico.
E la Mannarini? Com’è che l’avete esclusa?
Al di là delle brutte cose che lei scrive su di me su internet, la situazione è semplice. Il contratto col Comune prevede che dopo tre diffide mi viene tolto il campo. E con la Mannarini ne avevamo avute già due. Quindi, bisognava riprendere in mano la situazione.
E perché volete mantenere il contratto? Che ci guadagnate?
Lo faccio esclusivamente per mio figlio. Che infatti gioca nelle giovanili dell’Andria. Economicamente non ci guadagno. Ci rimetto.
Niente guadagno?
Guadagno? Qui sono solo spese che non riusciamo a ripianare, e spesso pago io di tasca mia. Il Comune con noi risparmia 70.000 euro l’anno. Noi gli garantiamo, come da contratto, anche una parte degli introiti, mentre spese e seccature sono a carico nostro.
Chi l’ha firmato quel contratto?
Io e l’assessore Curci, della precedente Amministrazione. Che però ha fatto l’errore di fidarsi della Mannarini. Quello attuale, invece, Pasquale De Palo, è più neutro, più signore.
Si fidava della Mannarini? Ma a quel tempo, forse, si fidava anche lei…
So che dice che ha fatto entrare mio figlio al Bari, e che l’ho cacciata quando il Bari ha fatto fuori mio figlio. Ma è vero il contrario. Mio figlio era già al Bari quando l’ho conosciuta. Allora stava a Trani. Ho fatto l’errore di lasciarmi scappare una proposta, e lei ci si è buttata…
Ora i vostri rapporti come sono?
Non ce l’ho con lei. Voglio solo che si rassegni. Che stia tranquilla e che mi lasci in pace. E lasci in pace il campo.
Siamo in pieno crepuscolo. Una luna strepitosamente piena sale in cielo per il solito grandioso spettacolo di ogni sera, sottolineato e reso più fruibile dai grandi spazi aperti intorno al campo – un’ascesa lenta e maestosa, un disco sempre più brillante e dorato in un cielo sempre più scuro.
Tra poco accenderanno le luci. Ci salutiamo.
Ippedico torna agli uffici, dove altri lo attendono. Mentre il collaboratore ansioso mi segue e mi intrattiene un quarto d’ora “spiegandomi” per la centesima volta quanto poco affidabile sia la Mannarini e quanto io mi sbagli parlando di una pista soldi e voti per identificare la crisi dello sport cittadino. La classica excusatio non petita.
In realtà, quella pista è visibile ad occhio nudo…
Vediamo se ho capito bene. Un campo sportivo apparentemente in mano a una ben precisa parte politica. La stessa che ora ha dato l’assalto alla piscina. Decisamente un massiccio interesse per lo sport.
Che, dopo aver perso le elezioni, abbiano in senso lato deciso di darsi all’ippica? 😉 Ovviamente no. La strategia è la stessa di sempre: occupare tutte le posizioni. La longa manus sempre quella. La stessa corte di faccendieri.
Con un solo punto debole. Ippedico. Che non è riconducibile alla logica di recinto e di pagnotta che muove altri del suo entourage.
La sua motivazione è ben altra, e insiste sul ben più solido (e più fragile) asse padre-figlio. “Se mi toccano mio figlio – mi ha detto col suo faccione simpatico – non posso non reagire.” Quale padre gli darebbe torto?
Un padre innamorato del figlio. Che prima lo piazza al Bari. Poi, quando col Bari la storia finisce, gli compra una squadra. Anzi due. Anzi tre.
E combatte col Comune, con la sua ex aiutante diventata acerrima nemica, con le Associazioni, mentre intorno una pletora di “collaboratori” cercano di tirarlo per la giacchetta nella loro direzione. Solo contro tutti, ma deciso a stare dalla parte di suo figlio. Chi padre non proverebbe simpatia?
Ma se Ippedico ci rimette soldi e si fa i nemici; se le Associazioni sono scontente; se le squadre “straniere” stanno sempre a rischio e con un piede fuori; se il Comune fa i lavori e manda le diffide; se la Asl attacca alla bisogna; se la Mannarini si sente scaricata e reagisce – ma chi diavolo ci guadagna nello sport ruvese?
Chi è (se qualcuno c’è) felice di fare sport in questa città?
Il puzzle si fa sempre più complicato e qualche pezzo resta ancora da scoprire.
L’operazione trasparenza è riuscita. Ma abbiamo forse più domande di prima.
Torniamo dal campo sotto la stessa luna splendente, che tutto illumina ma non riesce a vincere le tenebre.
L’indagine continua. In attesa dell’alba.