Sia pure nel clima di (temporaneo?) armistizio sopraggiunto grazie alla prospettiva di incontro pubblico, se mai si farà, con la mediazione di Michele Emiliano – sia pure in questo clima, non possiamo evitare di farci (e di fare) alcune domande piuttosto spinose, alle quali gradiremmo una risposta convincente e DO-CU-MEN-TA-TA.
La prima domanda, la più banale, è così, facile facile. Piatta piatta.
Si può sapere chi sono i progettisti dell’obbrobrio del piano che l’amministrazione vuole a tutti i costi imporre alla Città?
A una Città che ha espresso chiarissimamente il suo rifiuto, e parallelamente il desiderio che la Piazza sia RISPETTATA, conservata e appunto, con quei soldi, riqualificata e rimessa a nuovo – ma non certo distrutta. Tutt’altro.
Una Città che ci ha dato più di mille firme in uno schiocco di dita. E non perché siamo bravi noi. Ma perché la scelta è facile, diffusa, profonda.
Si tratta dell’Anima, di questa sventurata Città.
Perciò. Chi sono i progettisti? È nostro diritto saperlo.
Dovrebbe essere una domanda facile. Firmare i propri progetti è il sogno di ogni progettista, appunto. Perché invece questo Progetto è senza nome?
Opposte Presentazioni
Nel maggio scorso, durante la tumultuosa “presentazione” a Palazzo Caputi, il progetto in questione venne presentato con ben 4 (quattro!) firme: Balducci, Catella, De Mattia e Ruta.
Per inciso, tre su quattro non sono ruvesi; niente di strano che non “sentano” l’alito della Storia ancora ben viva in quel luogo-simbolo, poiché per loro probabilmente è fatto solo di scomponibilissime forme geometriche.
Non è mica una colpa, beninteso: ma aiuta a capire la genesi di un mostro. Un piano-frankenstein che interseca forme geometriche in un tutto senz’anima, che non c’entra niente con il corpo, col contesto e con l’Anima Storica in cui andrà inserito.
Meno di due mesi dopo, nella non meno accesa ri-“presentazione” dell’obbro piano così modificato (con la circonferenza solo accennata in vago ricordo della Rotonda distrutta), la signora De Mattia ha pubblicamente affermato (rispondendo proprio al sottoscritto) che nessun architetto ci aveva messo mano, e che l’intero piano era figlio dell’Ufficio tecnico (“un ingegnere e due geometri“).
Padri putativi
E infatti attualmente il Piano porta la firma dell’ing. Gramegna dell’UT. Cosa peraltro che porta non pochi né lievi problemi. Ma sorvoliamo per ora.
Quando però abbiamo cominciato questa battaglia di Civiltà in difesa della Storia e dell’Identità ruvesi (e non solo) ecco che hanno preso ad agitarsi di nuovo alcuni dei 4 progettisti sopra citati, proprio come se il piano fosse figlio loro.
Ora, la verità si intuisce. Ma si sa che noi ci fidiamo solo delle carte.
Perciò al Sindaco e a chi di competenza chiediamo di rispondere documentatamente alla predetta facilissima domanda: chi è il vero padre, o chi sono i padri, di quel Piano?
E perché mai il Piano ha avuto così tanti padri?
E perché, se i “padri” sono quegli altri NON lo firmano pur potendolo (sono architetti), mentre lo firma l’unico che non può, essendo ingegnere?
Cosa spinge (o costringe) i padri a non riconoscere il figlio e invece dare in adozione il poverino a uno che non può essergli padre?
C’è qualcosa che non quadra?
E quando si è mentito alla Città? A maggio o a luglio?
E, soprattutto, perché?
Aggiornamento.
Questo articolo è stato scritto prima del 12 febbraio 2015. In tale data, durante l’ormai famoso incontro delle registrazioni clandestine, erano come detto presenti tre architetti che si sono verbalmente qualificati come “progettisti”.
Due, già noti nella vicenda; l’altro, finora mai nominato.
Il che complica ulteriormente le cose. E rende ancor più urgente la domanda su quale sia la verità – e per quale mai motivo l’Amministrazione abbia, con ogni evidenza, in una occasione o nell’altra, mentito ai Cittadini.
Ignoriamo tuttavia chi abbia effettivamente firmato il Piano definitivo che l’Amministrazione afferma verbalmente di aver spedito a Bari sempre il 12 febbraio scorso.
Dovrebbe essere scontato, in un Paese normale. In questa continua lotteria, non lo è affatto.
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