Il Tiglio è una pianta meravigliosa che può arrivare a 1.000 anni di età.
1.000 anni? Ma come si permettono? Che l’Amministrazione si sia proposta di dar loro una lezione? 😛
Come che sia, ecco qualche link e due interessanti estratti su una potatura (quando e se ci vuole) intelligente e amorevole delle piante, Tigli e non solo.
Dopo aver letto fatevi un giro per i nostri Corsi, un tempo magnifici. Non ‘è altro da aggiungere. Solo da mettere in conto le responsabilità. Insieme a tutte le altre.
Nessuna pianta in teoria necessita la potatura del verde, se potiamo è per una nostra esigenza! ad esempio parcheggio auto, vicinanza della casa, visuale panoramica ostruita, persone e bambini che transitano e giocano sotto di essa e ci metterei pure che si pota per sfogare lo stress di una vita repressa!
Tutti motivi di cui lei non è la diretta interessata (prendo sempre come esempio il bosco, no uomo no case no auto no potatori = alberi bellissimi😉
L’Italia è il paese europeo (a giudicare dal paesaggio) dove si taglia e pota nella più totale disinvoltura. E il cattivo esempio è dato dagli enti pubblici.
Quando si osserva il paesaggio verde umanizzato, viene tristezza. E si ha voglia di credere a Masanobu Fukuoka, agronomo giapponese “naturale”, quando sostiene che la crescita delle piante da seme, senza alcun intervento umano, è perfetta.
Infatti ha constatato la ripetizione di angoli di crescita ripetitivi, e di altri splendidi accorgimenti, che permettono la massima intercettazione della luce. Dove l’uomo mette mano, ecco rami intrecciati, succhioni, scope, rami filati: che costringono a rimettere mano. Perché allora si pota?
Perché per esempio le piante innestate (da frutta e ornamentali) sono state tutte già “violentate”, e richiedono una regolazione umana. Perché si vuole contenere uno sviluppo eccessivo (potatura verde).
Per favorire la fioritura o la fruttificazione. Per fare dei bonsai. Per favorire l’attecchimento di un trapianto, riducendo la traspirazione fogliare. Per fare riprendere vigore a piante vecchie e indebolite. Per regolare una siepe. Per ripulire da rami morti o irregolari. Per aggiustare gli squilibri derivanti da potature precedenti.
Ci sono mille validi motivi per potare, sapendo come fare. Sempre però rispettando l’armonia e lo sviluppo della pianta. Mai, sicuramente, dando “una bella tosata”.
ALBERI, CHE DISASTRO
Basta guardarsi in giro per mettersi le mani nei capelli. La maggior parte delle piante d’alto fusto non richiederebbe mai potatura per l’intera vita.
PARLARE SOTTOVOCE
Chi vede una pianta sofferente, non sempre ne cerca la causa. Più spesso invece impugna forbice e seghetto, riducendo l’arbusto (sia esso un Ficus benjamina o un rododendro) a un mozzicone.
Ma è una pia illusione credere che il vigore donato dalla potatura possa salvare la pianta. Se non si risolve il problema, potrà solo peggiorare. Per molti, purtroppo, è più difficile fermarsi a pensare un minuto, che non afferrare il forbicione e fare piazza pulita.
Chi non conosce le caratteristiche di un albero è pieno di illogiche paure: cadrà, danneggerà la casa, si ammalerà, romperà il selciato, sfonderà le cantine, sporcherà con le foglie, intaserà le grondaie, toglierà la luce, attirerà topi, insetti e uccelli, darà fastidio all’automobile.
E sarà pertanto indotto a tagliare il più possibile, causando di contro guasti e disordine. Per una volta, facciamo funzionare il cervello e “diamoci un taglio”.
Mio padre Luigi Oreste, medico psicosomatico e ricercatore, usava dire “Se si vuole ottenere qualche risultato, alle cellule (e agli organismi viventi) bisogna parlare sottovoce“. La prossima volta che impugneremo un paio di forbici, proviamo a ricordarcelo.
Articolo integrale su vivaioclorofilla.it
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