Tentare di attuare l’intervento urbanistico più importante nella storia della città dai tempi dell’ingegner Egidio Boccuzzi senza avere l’onestà e la serenità di garantirne l’indirizzo migliore rivela un atteggiamento da piazzisti di palazzo.
Gli stessi piazzisti che hanno appioppato alla comunità la lapidazione di piazza Dante propinandola per la sua riqualificazione.
L’ex villa comunale – come di solito si chiamano i giardini pubblici nel sud d’Italia – per lustri persistente all’ordinaria incuria con cui è stata manutenuta – è stata ridotta a un luogo indefinito, tra il campo da minigolf e un vasto solarium, abilmente congestionato dalla presenza ossessiva di pessime panchine, risultando poi mutilata di un suo quadrante – convertito a spianata del tempio – e aggravata dalla presenza di una moderna fontana sbagliata.
La città tuttavia ha una nuova abbagliante radura che finalmente consente una limpida visione della decadente facciata dell’edificio fatiscente del suo ultimo contenitore culturale, l’ex cinema Vittoria – ancora persistente e forse soggetto all’obbligo del decoro urbano.
La particolare cura posta poi per l’infanzia e la senilità, superando anche gli standard scandinavi, giustifica il colossale ritardo con cui si sono conclusi i lavori.
Gli altri marchiani errori magari saranno evidenziati dai numerosi esperti locali dell’interesse pubblico connesso all’ordinato sviluppo urbanistico.
Per sorbirsi una piazzata bisogna essere un po’ ingenui, ma dopo piazzetta le Monache – la prima realizzata in città – e la storpiatura dell’ex villa comunale forse è naturale avanzare delle preoccupazioni circa l’ultimo proponimento del palazzo per la piazza principale della città.
La Soprintendenza ai Beni Archeologici ha mai fornito ipotesi attendibili circa la possibilità che Orazio abbia mai potuto passeggiare nei pressi del municipio? E’ proprio vero che si perdono i soldi se non si parte immantinènte?
Piazza Giacomo Matteotti non è una semplice pertinenza del palazzo.
I cittadini sono scesi in piazza, proprio dove sarebbe opportuno riportare il discorso, senza tentare di lavorarsela con motivazioni da filodrammatici.
La democrazia è nata nella piazza della città. Il referendum è uno strumento della democrazia.
Celebrare al più presto un referendum nato in piazza per decidere del futuro della piazza sarebbe un perfetto atto dovuto di democrazia, che una piccola comunità come la nostra si meriterebbe, almeno ogni tanto.
P. S. ***
Essere italiani: Aldo Rossi raccontava che essere italiani significa avere semplicemente in mente, nel corpo, delle immagini di città, l’atmosfera di una strada. di una piazza, quell’insieme di pietra e cielo che si ritrova solo in Italia. Non c’è niente di più semplice di
una piazza – punto culminante della fusione fra architettura e città, punto centrale e cesura dell’urbano – come una vocale, una vocale limpida e sonora, è centro della lingua italiana.
Essere ruvesi?