Angelo non c’è più. Ormai lo sapete tutti.
L’ennesima vittima evitabile; l’ennesimo tributo al mostro che governa le nostre vite. Quello per cui l’importante è fare strade e vendere auto, sorvolando su tutto il resto. Su un’educazione stradale seria e continuata, come su una costruzione di strade più ragionate, meno piste da suicidio di quel rettilineo maledetto, non nuovo (e non certo unico) a queste tragedie.
E quale sarebbe la colpa di quei ragazzi? Avere vent’anni?
Non avere messo magari la cintura (se così è, come si mormora – più nel tentativo di autorassicurarsi), nel Paese dove le leggi vengono oltraggiate e vilipese dagli stessi, spesso, che le fanno e dovrebbero esserne esempio?
Aver accelerato nel Paese dove andare più forte è forse il primo comandamento non scritto – perché significa più incidenti, più auto rotte, più morti e quindi più business?
La macchina poderosa di fatalità e di libertà che ci stritola.
Una punizione troppo dura.
Un ragazzo che non vivrà la sua vita; una famiglia che non la vivrà con lui, e una città (ogni città) che può solo chiedersi attonita, col nodo allo stomaco, a chi toccherà la prossima volta.
Una punizione troppo dura.
Di quelle che ti fanno pensare se per caso anche quegli altri angeli, la “polizia” dell’aldilà, siano troppo umani e scombinati come noi di qua.
E qui il pensiero si arresta perché sennò ci si dovrebbe interrogare sul “Capo della Polizia” e si rischierebbe di scoprire… che forse non c’è nessuna polizia e che dobbiamo imparare una buona volta a cavarcela da soli, a plasmare questo mondo, anziché attenderne un altro.
Ma è un pensiero troppo reale, e quindi troppo brutto, perché ci possiamo fermare qui. La nostra anima assetata chiede ben altro.
Molto meglio, nelle more, immaginare che dall’altra parte frotte di angeli premurosi abbiano accolto Angelo, e tutti gli altri prima di lui, e quelli che purtroppo verranno – per accompagnarli al loro posto al cospetto di Dio. Fuori dalla mischia, nella pace eterna. Su strade che non tradiscono.
È questo che abbiamo bisogno di credere, nonostante i millenni volino come giorni.
Che la morte sia un biglietto sufficiente per il mondo-di-Dio.
Che una qualunque remota e sbrindellata strada di provincia possa a volte diventare un’autostrada verso il paradiso.
Così sia.