ll mondo scopre la Puglia. Tutta, tranne…
Ci cono tutti. Persino Andria. Tutti, tranne Ruvo. Che dovrebbe essere forse in cima all’elenco.
La Perla dimenticata.
C’entrerà qualcosa l’assenza pluridecennale di una seria politica culturale? Il susseguirsi di amministrazioni quando più quando meno sciagurate, ma tutte intente a stuprare e sfigurare la Città anziché valorizzarla?
A calpestarne la Storia, la Bellezza, l’Identità anziché esaltarla?
Quindici bellissime perle pugliesi
Vanity Fair Italia, stregata da un territorio nel quale si mescolano storia, arte
e attrazioni naturali, stila una classifica di quindici luoghi da visitare assolutamente
La Puglia strega Vanity Fair Italia. È partito infatti da Vieste e Monte Sant’Angelo il tour lungo quella che la rivista considera «la regione più bella del mondo», viaggio dopo il quale è stata poi stilata la classifica dei quindici posti «da non perdere», un viaggio il cui esito sta nella finale classifica dei 15 posti pugliesi che i turisti sono invitati a visitare appena possibile.
«Siamo partiti dagli aspri promontori del Gargano, facendo tappa nella città dei trulli, Alberobello, in quella bianca, Ostuni, e in quella delle ceramiche, Grottaglie, prima di proseguire dritti fino al fondo dello “stivale”, a Gallipoli prima e Lecce poi, per arrivare infine all’ estremo lembo del Salento, Santa Maria di Leuca», scrivono gli entusiasti autori di questo reportage, che prende le mosse dai dati resi pubblici a maggio da Airbnb – Puglia, regione più prenotata nel 2015 – e da TripAdvisor, che nel suo Summer Vacation Value Report porta in cima proprio la nostra regione, la più votata dai frequentatori del web. «Tutti ci vanno e se lo farete anche voi, passate da almeno 5 di questi luoghi», continua la rivista, prima di dare il via al suo itinerario da Nord a Sud del tacco d’Italia, accompagnato da immagini mozzafiato.
La gallery parte proprio dal Gargano, «luogo perfetto per una vacanza wild»:Vieste in testa, «rocca selvaggia, a strapiombo su un mare limpido. Spiagge larghe e tanto vento, per gli amanti del windsurf e del kitesurfing». Segue Monte Sant’Angelo, «con le sue case costruite “a grappoli”, addossate le une alle altre e collegate con archi e scalinate».
Andando a Sud ci si imbatte nelle architetture ottagonali di Castel del Monte, il maniero di Federico II oggi patrimonio dell’Unesco con il suo fitto carico di misteri. «Si trattava di un castello vero e proprio? Di una residenza di caccia? Di un tempio astronomico? Ad oggi quest’ultima ipotesi, quella di un tempio usato per lo studio delle scienze, sembra quella più vicina alla realtà», scrive Vanity Fair, invitando i lettori a visitare anche la vicina città di Andria, «ricchissima di architetture religiose, tra cui spiccano e valgono una visita la Cattedrale (in cui è custodita la Sacra Spina di Gesù) e la Chiesa di San Domenico».
Ancora uno scatto e si arriva a Gravina in Puglia, che «fu per Federico II la città che Grana dat et vina (Offre grano e vino): il riferimento dell’Imperatore era agli sterminati campi di grano e a quelli destinati alla coltivazione della vite, che ancora oggi rappresentano una fetta importante dell’economia gravinese». Il consiglio è questo: «tirate fuori la macchina fotografica quando sarete al cospetto del Ponte Madonna della Stella, che collega due sponde del torrente Gravina, e nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia».
Passato e presente si sfidano poi ad Altamura: qui Vanity Fair segnala dapprima i siti archeologici: «Nel 1993, nella grotta di Lamalunga, venne scoperto l’Uomo di Altamura, uno scheletro umano integro risalente a 200 mila anni fa, oggi visitabile presso la Masseria Ragone.
Nel 1999, in località Pontrelli, furono individuate in una cava trentamila orme di dinosauri, che vivevano in questa zona tra i 70 e gli 80 milioni di anni fa». E passa poi a ricordare la più recente storia di quel McDonald’s aperto in città una decina d’anni fa e costretto a chiudere a causa della lealissima concorrenza della locale «focaccia», prodotto tipico imbattibile, a quanto pare, persino dalle multinazionali del cibo veloce.
Un clic e si arriva ad Alberobello, la città dei trulli, inserita nel 1996 nella lista dei Patrimoni mondiali dell’Umanità dell’Unesco, di recente apparsa sulla copertina della sezione Travel di National Geographic. «A proposito di trulli», scrive Vanity Fair, «nonostante i Conti di Conversano, gli antichi proprietari di questo territorio, avessero obbligato i contadini a costruirli a secco, senza malta, così da risparmiare, oggi queste antiche costruzioni in pietra sono ancora lì in tutta la loro bellezza e unicità».
Fare un salto a Savelletri, poi, è come finire per incanto a Hollywood: Vanity Fair punta l’obiettivo sulla Masseria San Domenico, «la masserie delle masserie, nata dalla ristrutturazione di una torre di avvistamento nel XV secolo, forse la più nota dell’accoglienza pugliese, di certo amatissima da tutti i vip hollywoodiani (Justin Timberlake ci ha fatto il matrimonio). È qui che Goldie Hawn ha fatto spostare tutti i mobili perché fossero “feng shui” (nella sua stanza ovviamente) ed è qui che Daryl Hannah mangiava nell’orto (sì, vegetariano)», scrive la rivista.
Qualche chilometro a Sud c’è poi Ostuni, «conosciuta come la “città bianca” per l’imbiancatura a calce delle case, usata in passato perché economica e anche per difendere la città dalla peste (la calce è un ottimo disinfettante naturale)». Il relax, qui, è assicurato: «passeggiare a piedi nel suo centro storico, tra vicoli e viuzze bianche, vi farà rilassare e godere del vero spirito pugliese, un mix di semplicità e bellezza che non esiste in nessun’ altra parte del mondo».
Ancora un clic per finire tra i colori e le forme caratteristiche di Grottaglie, nel Tarantino, che «può vantare una grande “sapienza”: in questa città di poco più di 33mila abitanti lavorano oggi alcuni dei più abili maestri ceramisti d’Italia, che nelle loro botteghe perpetuano un’arte che cominciò a nascere in queste zone fin dal Medioevo. Con il passare dei secoli il numero di botteghe si è ridotto, ma Grottaglie conserverà sempre l’etichetta di “città delle ceramiche”».
Ed eccoci al cuore del Salento. Si parte da Lecce, capoluogo barocco. Vanity Fair segnala fra l’altro la Basilica di Santa Croce, con le sue origini travagliate: «la prima pietra fu posta nel 1353 per opera di Gualtiero VI di Brienne, ma i lavori si interruppero alla morte del mecenate. Ripresero nel 1549 per opera dei frati Celestini e durarono più di un secolo: i segni del passaggio di questo lungo lasso di tempo sono visibili soprattutto sulla facciata, che presenta accostati elementi diversi che appartengono sia al Rinascimento cinquecentesco che alla fantasia barocca».
Pochi chilometri ed eccoci a Gallipoli, «la meta più moderna e fashion del Salento, riuscendo al contempo a conservare bene il suo patrimonio storico artistico. Sono imperdibili: il porto antico, con il via vai delle paranze, i pescherecci che ogni giorno riforniscono di pesce fresco; la città vecchia, dove avventurarsi negli intrichi di stradine fatte costruire dai Saraceni nel 900 dopo Cristo, e il Castello angioino, il vero simbolo della Kalepolis, riaperto da pochi giorni al pubblico dopo anni di chiusura forzata. Nei torrioni, nelle gallerie e nei corridoi saranno allestite mostre ed eventi culturali».
Ancora qualche chilometro ed eccoci a Otranto, descritta da Roberto Cotroneo come «Una stella collassata dove c’è tutto l’universo, dove c’è la vita quotidiana e la storia, dove gli anni non passano e tutto sembra compenetrarsi». «Se andate a Otranto e passeggiate tra le sue stradine di pietra», aggiunge Vanity Fair, «tra i vicoletti che conducono al mare, ai piedi dei torrioni del Castello ricostruito dagli aragonesi, queste parole le sentirete vive, dentro di voi».
Basta poi poco per raggiungere Castro Marina, ricca di grotte naturali, «come la grotta Romanelli, la grotta Azzurra e la grotta Palombara. La più famosa è sicuramente la Zinzulusa (il nome deriva dalla presenza, al suo interno, di stalattiti e stalagmiti, che in dialetto salentino vengono chiamate “zinzuli”, stracci), meta ogni anno di migliaia di turisti», attratti dal particolarissimo colore delle sue acque.
L’ultima meta consigliata è poi proprio ai «confini della terra». De finibus terrae gli antichi definivano il territorio di Santa Maria di Leuca, il centro abitato più meridionale della Puglia. De Finibus Terrae è anche il nome attribuito al locale Santuario. «Per capire davvero cosa voglia dire trovarsi all’estremo confine di un Paese, salite sul promontorio su cui la Basilica è stata costruita, spegnete il cellulare e fate un respiro: davanti a voi c’è solo il mare brulicante di barche e lì, in fondo, le coste dell’Africa del Nord».