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RuvoLibera

Piazza Castello – Il Cerchio e le parole-chiave della RIGENERAZIONE URBANA

30 Settembre 2015
#SalviamoRuvo


COME L’ISIS, QUANDO ERA POSSIBILE UNA CONCILIAZIONE

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo ponderoso e costruttivo (almeno, se ci fossero orecchie attente dove non vi sono) apporto di Nicola Amenduni alla polemica sulla Piazza, e su molto altro ancora.


Piazza Castello – Il Cerchio e le parole-chiave della RIGENERAZIONE URBANA – chiose minime.


Documenti della Commissione europea sul duplice ruolo delle città e delle aree urbane:

•motori economici e centri di innovazione della UE;


•luoghi della concentrazione (in alcune aree) non solo di degrado fisico
quali la carenza o scarsa qualità di infrastrutture e spazi pubblici, ma
anche di problemi sociali ed economici.


I concetti chiave dell’azione regionale:
• integrazione tra azioni volte alla riqualificazione dell’ambiente costruito,
al miglioramento della qualità ecologica, a promuovere occupazione e
contrastare l’esclusione sociale; partecipazione degli abitanti alla elaborazione delle proposte al fine di garantire risposte ai loro bisogni, desideri, aspettative;


• coinvolgimento degli attori pubblici e privati nella progettazione e
attuazione del programma


• sostenibilità ambientale per migliorare la qualità ecologica delle città e
dei territori


Leggo queste definizioni del PIRU (Piano Integrato Rigenerazione Urbana);
leggo, e sento, dei duri contrasti sul progetto di riqualificazione di Piazza Matteotti (anticamente e nella cultura popolare locale Porta Castello), che si protraggono da qualche anno ormai.

Come si vede, le due parti del contrasto, prima ancora che l’Amministrazione promotrice ed una parte di cittadinanza attiva, sono la legge regionale stessa istitutiva delle finalità dei PIRU ed i processi di progettazione, prima, e di attuazione poi.


Doveva essere una festa collettivamente condivisa, ed invece tristemente constato una specie di gioco a “guardie e ladri” accentuatosi in occasione dell’inizio dei lavori, come prevedibile.


Cittadini che documentano con foto e video, spesso in incognito; maestranze e direttori lavori in palese imbarazzo e tensione, li dove si doveva essere quotidianamente ad informarsi reciprocamente e quindi a partecipare col sorriso, sperabilmente.


Si discute da qualche decennio della Progettazione Partecipata, la sola efficacemente attuabile, ma qui sembriamo precipitati nella reciproca clandestinità, a parte chi si prende l’onere di dir la sua a volto scoperto, condivisibile o meno che sia, eppure si tratta di Lavori Pubblici e di Lavori Clandestini.


Non è questa la sede per fare considerazioni ulteriori, magari sulle responsabilità maggiori di questa assurda situazione.


Mentre scrivo queste righe con l’assillo dei lavori in corso e delle polemiche accese, mi vengono sempre in mente le considerazioni, fra me e me fatte, a proposito del maggiore dei motivi di contrasto: la permanenza della ROTONDA.


Anch’io, come il comitato apposito che si è costituito, ho sempre pensato alla centralità di quel tema (la Rotonda/ellissi), che evidentemente non era stato al centro delle attenzioni dei progettisti, tanto da proporre, essi,  la introduzione di figure geometriche dominanti (linee rette – segmenti- poligoni) diverse dalle precedenti dominanti tutte racchiuse e riassunte nella figura del cerchio.


Qualcuno ne ha già accennato appena, ma il tema della Rotonda mi ha fatto sempre pensare ad alcune questioni-chiave che andrebbero sviscerate per una interpretazione più approfondita della “simbologia” cui quella Rotonda richiama (a prescindere dalle reali intenzioni di chi l’ha concepita nel secolo passato, forse anche inconsciamente); di seguito un fugace accenno “approssimativo”:


1) Cerchio – sua simbologia e funzione (nelle culture religiose, filosofiche, matematiche, letterarie, antropologiche e quindi psicologiche – nella Psicologia del Profondo rappresenta la figura che simboleggia la tendenza – archetipica e filogenetica – alla coesione psichica , quindi opposta al rischio di frammentazione della Psiche stessa – quindi “simbolo” non come “segno” ma, nel significato originario di “Symbolon”, come ciò che mette insieme );
Insomma, addirittura, la Rotonda come collante civile.

2) Cerchio – sua funzione nella costruzione degli edifici e degli spazi come in tutte le arti (Principio di Proporzionalità – Gli “Ordini” – canoni della bellezza_ della Grecia e Roma antica sistematizzati da Vitruvio nel De Architettura – il De Divina Proportione di fra Luca Pacioli – gli studi leonardeschi e altri su l’Uomo Vitruviano – il De Re Edificatoria di Leon Battista Alberti – Il Palladio etc.);


3) Cerchio/ellissi e Sezione Aurea (in tutti i significati nelle varie discipline da quelle fisico-matematiche a quelle umanistiche) – forse l’Ellissi di Piazza Castello ci darebbe una sezione Aurea, al momento non ho strumenti per verificarlo;


3) Cerchio e “quadratura del cerchio” – vexata quaestio fin dall’antichità (o cerchiatura del quadrato come sembra fare la nostra Rotonda rispetto alle poligonali rappresentate dalle quinte murarie che si affacciano sulla piazza?)


4) Cerchio come Democrazia (sistema di “auctoritas” – nel senso dell’antico “augere”: accrescere, implementare quindi creare  – non impositivo ma simmetricamente paritario e partecipativo).


Sono solo alcuni spunti  ma, come si vede, e come diversi già sanno, le discussioni possono divenire addirittura più complesse ed affascinanti se solo, in uno sforzo più volenteroso e più comunitario, ci si fosse messi insieme senza la spada di Damocle del finanziamento da rendicontare, e senza la boria d’orgoglio che lascia solo dis-appartenenze risentite.


Da qualche decennio, a più riprese, vari amministratori hanno sempre pensato alla riqualificazione della piazza; ora, che poteva essere il momento giusto, comunque ci  ritroviamo a fare lavori in fretta e furia e con un progetto contrastato.


A parte tutto il resto riguardo al  processo politico/amministrativo, devo premettere che ho molto rispetto del lavoro dei tecnici, i cui saperi senz’altro sono frutto di faticoso studio oltreché di personale background culturale, cosi come loro debbono fare altrettanto con umiltà rispetto a chi non ha saperi tecnici.


Tuttavia devo anche dire che il nostro caso sta a dimostrare, qualora ce ne fosse bisogno, quanto complesso sia ai nostri giorni progettare e costruire, nonostante le tecnologie facilitanti.

Soprattutto al fine di quadrare il cerchio delle tante “estetiche”, personali e collettive, che si incrociano e confliggono nel nostro tempo attuale, fatto di dinamiche e contaminazioni culturali estremamente “fluide”, per dirla con Zygmunt Barman; chiaramente non siamo più ai tempi di Fidia o di Leonardo o di Leon Battista Alberti; l’arte contemporanea, coi suoi canoni estetici che spesso ci appaiono assurdi e contrari all’idea di Bello, sta a dimostrare tale condizione.


Io, devo confidare, non sempre riesco ad ammirare l’arte contemporanea, come anche la grandeur babebilica delle archistar.


Preferisco affidarmi all’antico monito di Leon Battista Alberti per ricercare la Bellezza: Armonia e concordia di tutte le parti ottenuta in tal maniera che nulla possa essere aggiunto o tolto o alterato se non per il peggio”.


Tanto è che anche le istituzioni (burocratiche e legislative) faticano non poco
per individuare criteri atti allo scopo di promuovere e creare, possibilmente, opere ispirate ad un senso del Bello quanto più condiviso.


Anche la regione Puglia ci ha provato con la legge (n. 14/2008) sulla “qualità della progettazione”, a tutt’oggi non so con quanti risultati:


omissis…
art.3 Ai fini della presente legge, per qualità architettonica e urbanistica si intende l’esito di uno sviluppo progettuale partecipato nel processo e coerente con esigenze funzionali, estetiche e di armonico inserimento nel contesto dell’ambiente urbano e rurale che vengono poste alla base della progettazione secondo i principi di cui all’articolo 1 e nel rispetto dello sviluppo sostenibile.
Omissis..

Art. 5 La Regione riconosce che la competizione sul piano del confronto delle idee è la principale garanzia per conseguire le finalità di qualità delle opere di architettura e di trasformazione del territorio di cui all’articolo 1 e individua pertanto nel concorso di idee e nel concorso di progettazione gli strumenti fondamentali per perseguire tale fine.


Quindi la progettazione, nel tempo della maggior complessità tecnologica e normativa, o è poli-specialistica o rischia di non essere qualitativamente e socialmente funzionale: anche altri saperi devono essere coinvolti, come era anticamente; mi riferisco soprattutto alle scienze umane naturalmente, essendo oggi l’architettura e l’ingegneria divenute discipline specializzate.


L’ho già detto, qualche anno addietro, in un documento sullo sfacelo  estetico e socio-insediativo sull’estramurale-nord e non sto a ripetermi.


A questo punto, “si parva licet..”, cerchiamo di riparare cominciando anche dalle cose apparentemente minime:


  1. forse oramai è troppo tardi, se no e se non lo si è già augurabilmente pensato, perché non si considera di recuperare i vecchi  cordoli di pietra della defunta rotonda, sempre che  si siano  salvati dalla demolizione, lavorati e stondati artigianalmente, magari per rappresentare con essi stessi le tracce della vecchia rotonda , come si è rappresentato nel progetto esecutivo, sicuramente insufficientemente, a seguito delle osservazioni pervenute dai cittadini che contestavano il progetto in quanto toglieva centralità alla rotonda stessa?
    
Mi chiedo sempre perché quando si tratta di oggetti pubblici non si presta la stessa attenzione che un privato presterebbe ad oggetti che hanno un loro valore simbolico/culturale/antiquario che poi si traduce in valore anche economico?
Quando furono fatti i lavori a piazza Dante fu promesso il parziale riuso degli antichi cordoli scolpiti a mano, di pietra , delle vecchie aiuole, ma di essi non si è vista più traccia, se non i banali successivi cordoli seriali, non più scolpiti a mano ma segati a macchina; stesso discorso vale per le antiche basole che dovessero essere ritrovate sotto i più recenti manti di asfalto; lo stesso dicasi anche per gli oggetti reperibili in piazza Cavallotti (cordoli e basole);

gli addetti ai lavori dovrebbero sapere benissimo che in ogni opera di restauro si salvaguardano i costrutti precedenti come “segni delle permanenze: la vera innovazione, in ogni campo, si basa sul principio di “trasformazione” ed “implementazione” che necessariamente tiene conto della “diacronia” del già dato; chiaramente (sinceramente senza offesa per nessuno, data anche l’amicizia con molti dei tecnici e degli amministratori) quelli dell’ISIS (attuali e trascorsi nelle fasi storiche) non sarebbero d’accordo con tale criterio; sappiamo quanto danno abbia fatto pure l’ ICONOCLASTIA nella storia;


  1. in uno sforzo di trasparenza vera, perché non si informa giornalmente
sull’andamento dei lavori e sugli eventuali ritrovamenti di tracce del
passato, compresi eventuali rilievi, magari anche in contraddittorio, anche al fine di evitare questa mortificante continua fuga di notizie, spesso basate sul sospetto e sfiducia di tutti contro tutti? Le istituzioni, a cominciare dalla Soprintendenza, son preposte anche a tanto, onde evitare il distacco, con relative maldicenze risentite, dei cittadini dai processi amministrativi, con gli esiti nefasti che conosciamo?


  1. giammai si rinunci alla completa pedonalizzazione della piazza, che per chi scrive, ed anche per lo stesso comitato presumo, rappresenta l’elemento  positivo del progetto di riqualificazione della Piazza; non si faccia come nel caso di Piazza Dante, dove non si è avuto il coraggio di contrastare la volontà di alcuni, a fronte dell’interesse generale, pedonalizzando parte di via Isabella Griffi (fronte abside Cattedrale), elemento fra i più qualificanti del progetto originario, pure oggetto di concorso di idee, il cui venir meno ha sottratto innovatività al nuovo spazio-villa/piazza, con la riconnessione senza soluzione di continuità degli spazi della piazza Dante con Cattedrale e centro antico; in quella occasione abbiamo constatato che la Soprintendenza non ha aiutato o imposto tale esito più qualificante; o mi sbaglio?

Certo, in fondo meglio uno spazio rimesso a nuovo con qualche panchina per sedersi che le sordide superfici asfaltate con tanto di traffico; molti confidano nel fatto che alla fin fine la cosiddetta “gente” (maggioranza silenziosa) accetterà il frutto degli attuali lavori, come nel caso di Piazza Dante.

Perché non tentare anche risultati migliori ascoltando anche “minoranze attive” (condizione di minoranza da verificare comunque in questo caso), che quasi sempre son le uniche portatrici, in quanto non conformate e non convenzionali all’esistente, di buone innovazioni e nuove “verità”, posto che la “verità assoluta” non ci appartiene in quanto umani ?


Vane le mie speranze? Forse, visto il clima invelenito soprattutto dall’indisponibilità al vero dialogo a cui si è assistito in tutta la fase di progettazione, ma, ancor di più, considerata l’assurda circostanza di effettuare tali importanti lavori in un lasso di tempo così ristretto, quand’anche
motivata dalla fruizione del finanziamento pubblico, posto che si poteva comunque essere più tempestivi prima negli anni trascorsi.


A scanso di equivoci, devo anche dire che intervengo con queste non pretenziose e presuntuose considerazioni, ringraziando chi avrà la gentilezza di leggerle, con lo spirito di chi non ama il “partito preso” e né il “silenzo opportunista” delle “maggioranza silenziose”; con lo spirito di chi non ha mai indulto al “me ne frego” fascista” bensi allo “I care” (mi interessa) tanto caro alla buonanima di Don Milani.


Per questo mi prendo la briga di prender parte in questa faccenda.
Suvvia! Ad es. cosa costava rivedere il progetto ed il suo piano quotato al fine di restituire, in maniera plastica e ben percepibile, la Rotonda, magari con più dislivelli concentrici e gradualizzati al minimo, per mitigare, quanto più, anche l’effetto  barriera architettonica, qualora si fosse dato?


Altresì, non penso che tutto debba rimanere tal quale; invece tutto può essere sottoposto a trasformazione e reinterpretato senza però occultare le tracce del passato.

A me non piace l’archeologia retorica come “scienza dei morti”, bensì l’archeologia “Viva” che ci serva a capire meglio noi stessi nell’attualità; mi rendo conto però che spesso molti cosiddetti cultori esprimono solo morboso e sterile attaccamento al passato tal quale o, meglio, ipostatizzazione e sterile museificazione di ciò che è stato, senza rivitalizzare  e reinventare  il passato stesso.

Quando uno come Nietzsche, facendo i doverosi distinguo da me naturalmente, tentò di contestare la filologia fine a se stessa retoricamente, con la giovanile ed ardita opera “La nascita della tragedia” che gli serviva per capire cosa era successo all’uomo della sua epoca partendo dal passato, fu coperto di critiche ed improperi; ma tant’è, la sua opera si è rivelata utile.


Mi piace riportare qui, a conclusione, le calzanti considerazioni di Joseph Roth (lo scrittore):
 
Non esiste l’illimitato e puro avvenire; cosi come non esiste niente che vada definitivamente perduto. Nell’avvenire c’è il passato, l’antichità può sparire ai nostri occhi ma non dal nostro sangue. Chi ha visto un anfiteatro romano, un tempio greco, una piramide egiziana, o un utensile abbandonato dell’età della pietra, sa cosa ho in mente”


Le mie scuse per eventuali  imprecisioni e refusi formali  nella frettolosità.


Nicola Amenduni


Ruvo di Puglia 28/ Settembre 2015


P. S. : in questi mesi, mentre infuriava tanta passione, impegno e conflitto civico per la vicenda nostra, morivano (e muoiono) tanti innocenti affogati nel mediterraneo o pestati sulla terra ferma; mi son sempre chiesto se potevo (e potevamo) permettermi  il lusso di occuparmi della nostra piazza in tale barbarie e guerra in corso (come pensare alla porta del proprio cortile mentre era in corso Auschwitz ), ho deciso di farlo lo stesso, visto che nel frattempo il senso di impotenza, mio come di tanti altri, non mi permetteva di fare altro, comunque nella speranza di far l’una cosa o l’altra, giusto che sia cosi.


Comunque sarebbe più giusto metterci tutti la stessa passione per tali atrocità in corso ai danni di tanti innocenti, a cominciare da noi stessi e poi dall’Amministrazione Comunale, che avrebbe potuto promuovere ed organizzare collettivamente qualcosa per l’accoglienza, non esclusa la chiesa locale, che, a cura di alcuni preti,  anziché promuovere ed assecondare il bisogno di mitigare le angosce delle persone con nuove processioni e nuove improbabili Madonne di vie del centro storico ed addirittura contrade rurali, potrebbe, ascoltando il papa, occuparsi di corpi vivi in sofferenza come Gesù Cristo in croce.


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