MICHELE EMILIANO, IL RIEQUILIBRATORE.
“Serve una legge per la partecipazione attiva dei Cittadini”
Direzione Pd – Intervento di Michele Emiliano
Direzione nazionale del Partito Democratico – 4 aprile
E chi me lo doveva dire, che un giorno avrei passato la mattinata ad aspettare ciò che sarebbe successo in una delle assise normalmente più noiose e inconcludenti al mondo, la Direzione del Pd nazionale – la sede ideale al massimo per chiacchiere vuote e accoltellamenti di palazzo…
Invece è successo, un lunedì scorso. Si attendeva il confronto scontro Emiliano-Renzi. Il match fu poi rinviato.
Ieri perciò non me ne ricordavo neanche più, quando, in serata, mi è capitato di guardare il video strepitoso allegato a questo articolo. Perché, questo lunedì, la Direzione invece si è tenuta.
Confesso, per onestà intellettuale, di partire da una base di simpatia per Emiliano e di profonda allergia per il premier non eletto.
Ma mai, davvero, mai nella vita mi sarei aspettato una prestazione del genere dal presidente della Puglia, né da nessun altro.
Un vero e proprio capolavoro di forza e di diplomazia, di coraggio politico e di prudenza tattica, di potenza dialettica e di eleganza retorica.
La spietata strigliata del professore all’allievo guascone e fanfarone, che però teoricamente è il suo capo – unita al continuo carezzarlo e rassicurarne la vanità con riconoscimenti discorsivi che non abbassano di una sola tonalità il livello del discorso.
Un po’ maestro, un po’ padre. Un po’ rivale. Parla in Direzione ma si riferisce direttamente a lui. Gli da del tu. Lo chiama per nome. Lo interroga continuamente facendone sostegno al suo stesso discorso. Gli da del bugiardo nella sua stessa tana, ma con eleganza, con savoir faire: ti aspetteresti che tra poco si abbraccino, tale è il pathos.
Ad essere maliziosi, il classico tenerlo su con la sinistra per colpirlo con la destra, o viceversa. Ma noi non siamo maliziosi… 😉 In realtà, in tutti i modi e in tutti i sensi, è stata una grande lezione.
Con la voce a volte rotta: un uomo che si appassiona, che crede in quel che dice e in quel che fa.
Nel discorso del leader barese c’è ben altro che il “chi sei tu, chi sono io“, dove vince facile – ma non è questo il punto.
Nel discorso di Emiliano, e per quel poco che si è già potuto vedere, anche nella prassi, c’è ben di più. C’è la presa di responsabilità diretta, senza se e senza ma, riguardo a due dei massimi problemi, delle più pesanti criticità del nostro Paese: il riequilibrio orizzontale del rapporto Nord-Sud e il riequilibrio verticale del rapporto Cittadini-Potere.
Che poi sono facce dello stesso problema. Un problema gigantesco, secolare, che fa riferimento a un assetto statale mal costruito dall’inizio, dalla così detta Unità, che ha finito per trattare il Sud come Colonia del Nord, e gli Italiani tutti come sudditi coloniali di questo potere così autoritariamente costituitosi, non come Cittadini di un moderno Stato di diritto.
Un bug istituzionale, politico e storico talmente radicato e impregnante di sé, che la stessa Costituzione ha potuto essere recepita solo in parte, nella concreta vita associata; e per l’altra parte è stata vista come il pericoloso ostacolo all’arbitrio arraffatore delle classi dirigenti.
Un arbitrio, che oggi chiameremmo “di casta”, ben più in linea con sistemi di governo paleoarcaici, fondati sull’autoritarismo di vertice e il clientelismo alla base.
Cioè i due cappi che strangolano questo Paese dall’inizio, e che gli conferiscono la sua caratteristica debolezza strutturale nonostante l’enorme potenziale geopolitico; la sua innata zoppìa imposta, che ne castra le grandi possibilità come corridore competitivo sullo scenario mediterraneo, europeo e mondiale.
In questo contesto è inevitabile che prima o poi si sia costretti a rendersi conto di come il Paese possa raddrizzarsi non con manovre di bilancio o peggio ancora di palazzo; ma riequilibrando i suoi pesi economici, politici, istituzionali, in una parola democratici, all’interno di un quadro istituzionale che dia a tutti i Cittadini le medesime possibilità di base, i famosi “diritti”; e sia pronto a intervenire per premiare il merito e curare il bisogno, entrambi obiettivi primari e pilastri fondamentali per il benessere di tutti.
È questa la sfida italiana per il Terzo Millennio.
È questa, la domanda a cui confusamente speravo, senza neanche rendermene bene conto, che il confronto nella Direzione Pd avrebbe potuto dare una qualche risposta.
Oggi quella risposta è venuta. E che risposta.
Lo schiaffeggiamento amorevole di Renzi è il meno, il minimo: la cornice solo, dell’evento.
L’evento vero è che questi due problemi sono finalmente stati messi sul tavolo con una chiarezza e con una forza mai vista prima.
Il problema di un’Italia equilibrata da Nord a Sud e il problema di un’Italia di Cittadini co-protagonisti.
In una parola, il problema tutto italiano di una reale Democrazia.
La vittoria dialettica di Emiliano in Direzione è stata schiacciante. Ma questo a noi, che non siamo neanche piddini, non interessa un granché.
Ciò che ci interessa, come italiani, è salutare l’irrompere finalmente sulla scena nazionale di un leader che mostra di aver capito quali sono i veri problemi strutturali, e mostra di volersene fare carico, mettendosi alla testa di un processo di democratizzazione reale del paese.
Era dai tempi di Moro che non si sentiva questo “respiro” grande, nello stagno di una politica nazionale asfittica, ripiegata su sé stessa, autoreferenziale e suicidaria.
Dal Referendum (che come dice Rodotà significa dare potere ai Cittadini) alla difesa del Territorio, della Legalità e della Salute e via elencando – con una forza che non è solo impeto, ma grande capacità dialettica, conoscenza storica e – il che non guasta – preparazione giuridica.
È questo il mix che fa di Emiliano un animale politico così particolare e straripante.
Certo, lo si attende al varco della prova dei fatti, con i giganteschi problemi che la sua regione ha ereditato, e che toccherà a lui rimettere in prospettiva di soluzione, dall’Ilva a Brindisi alle discariche, fino a Tempa Rossa (che vuol dire di nuovo Taranto) e via ad andare.
I nemici lo attendono alla prova del 17 aprile, sperando che il Referendum sia un flop di quorum (mentre ogni italiano dovrebbe darsi da fare per il suo successo, senza se e senza ma – perché il diritto di voto si difende sempre, o si finisce per perderlo).
E resta da vedere quanto nell’exploit di Emiliano sia spontaneismo d’autore e quanto sia salutare calcolo politico; così come se se la sentirebbe di lasciare la sua amata Puglia, di cui è orgoglioso cittadino e oggi primo responsabile, per passare a interpretare la voglia di Democrazia e di Cambiamento vero dell’Italia intera.
Di lasciare prima del tempo, dico – perché non abbiamo ancora 4 anni davanti a noi, a questo ritmo di agonìa e chiacchiere televisive e inciuci dietro le quinte.
Il dado è tratto. E forse per questo martoriato e straordinario Paese può davvero ricominciare la Primavera.
Per Emiliano e soprattutto per l’Italia si apre oggi, speriamo, tutta un’altra prospettiva. Che sarà durissima portare avanti, ma che pure pare aver trovato finalmente il suo leader.
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