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RuvoLibera

Sanzionateli Tutti

1 Giugno 2017


Oltraggio o scherzo di cattivo gusto? Chissà.

Ma goliardata o meno che sia, l’etichetta “Deposito Rifiuti” affissa sulla porta di un importante ufficio comunale impazza sui social.

Uno scadimento e un danno di immagine inaccettabile – chiunque ne sia stato l’artefice.

Un cittadino ci scrive le sue riflessioni, che riteniamo utili al dibattito pur non entrando nel merito delle eventuali responsabilità, che saranno accertate da chi di dovere.


Caro Direttore,

reputo opportuno, da cittadino abbastanza attento e sensibile, fare il punto di una situazione che ha in sé profili di illiceità ovvero di eventuali comportamenti discriminatori della P.A. locale nei confronti di dipendenti dello stesso Ente, fattispecie ovviamente contra legem.

Qualche tempo fa ho letto che un dipendente del Comune di Ruvo di Puglia, il dott. Salvatore Bernocco, è stato sanzionato con l’irrogazione di cinque giorni di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione perché, secondo certe opinabili valutazioni dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari che fa capo, sotto il profilo politico, al giuslavorista prof. Stolfa di Corato, Assessore al personale, avrebbe “infangato” con alcuni post apparsi sul social Facebook, da casa sua e quindi non dalla sua postazione di lavoro, il buon nome ed il decoro della stessa P.A. in occasione della cosiddetta “emergenza neve”.

È superfluo rimarcare che detta emergenza c’era tutta, era oggettiva (non frutto di elucubrazioni fantasiose), e molte sono state le lamentele della popolazione ruvese, tutte documentabili (si legga, tra l’altro, la eccellente riflessione in merito del 4 maggio scorso del dott. Mario Albrizio su Ruvo Libera, “Una mossa da cancellare”).

La circostanza che un dipendente pubblico, fuori dell’orario di lavoro, da casa sua, faccia dei rilievi e ponga dei quesiti in ordine all’efficienza di un servizio pubblico, a mio modesto parere non configura alcunché di illecito, stante, tra l’altro, il dettato dell’art. 21 della Costituzione italiana.

Il dipendente pubblico è anche e soprattutto un libero cittadino e non gli si può precludere il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero o il diritto di critica (e finanche di satira). Egli versa le tasse come ogni cittadino di questo paese e il fatto di dipendere dalla P.A. non gli preclude affatto l’esercizio di parola o il diritto di associarsi ad un movimento politico che persegue finalità democratiche.

Il dipendente in questione, il dott. Salvatore Bernocco, per questa assurda vicenda è finito sulla prima pagina della Gazzetta del Mezzogiorno del 12 aprile 2017, subendo anche un danno all’immagine ed alla sua reputazione. Per oltre 25 anni ha servito la P.A. locale senza mai ricevere una nota di demerito o anche un solo richiamo verbale. Semmai ha ottenuto note di merito (è tutto verificabile, mi dicono fonti certe, dal fascicolo personale del de cuius).

Alcuni soggetti affetti da allucinazioni, forse su luciferino suggerimento di qualcuno, hanno sparso in giro la voce dell’esercizio, da parte di Bernocco, di un’attività di vendita di orologi durante le ore di lavoro, nel suo ufficio! Un’assurdità bella e buona, farneticazioni degne di una querela di parte! Certa fazione politica, agevolmente identificabile, ha poi completato il quadro, anzi ha spinto affinché si giungesse all’irrogazione della sanzione disciplinare, la prima di tale portata da 50 anni a questa parte. Fatto di estrema gravità. Ne hanno punito uno per educarne cento, come opportunamente è intitolato un manifesto del centrodestra ruvese dedicato alla vicenda.

Ciò premesso, il dipendente dott. Bernocco ha adempiuto alla comunicazione di sospensione dal lavoro per 5 giorni, informando tuttavia la responsabile dell’ufficio disciplinare che ciò non equivaleva affatto ad ammissione di colpa, riservandosi in ogni caso di adire le vie legali, come poi è avvenuto con il patrocinio e l’assistenza degli avvocati Marco Cappelluti e Vittoria Mazzone.

Ci sarà quindi una causa di lavoro che – ne sono certo – dimostrerà l’infondatezza del provvedimento adottato dall’Amministrazione di sinistra, con tutto ciò che ne conseguirà sotto il profilo civilistico e, aggiungerei, politico. Qualcuno, giocoforza, dovrà dimettersi se le cose dovessero andare in un certo modo.

       Ora, sui social è apparsa (pagina Facebook dei Gruppi consiliari di centrodestra del 12 aprile scorso) una foto che ritrae la porta dell’ufficio del Segretario generale del Comune di Ruvo di Puglia con affisso un foglio su cui è riportata la seguente dicitura: “Deposito Rifiuti”.

Stando a quanto afferma il 30 maggio su Facebook il dott. Antonio Minafra, già assessore comunale e persona degna ed attendibile, il foglio è stato affisso dallo stesso dott. Moscara, forse con finalità goliardica o per altre ragioni che ci sfuggono e che comunque un’Amministrazione seria dovrebbe quanto meno indagare e stigmatizzare (se non lo ha già fatto, cosa di cui non siamo a conoscenza).

La mia domanda terra terra, da comune cittadino, è la seguente: definire “Deposito Rifiuti” un ufficio pubblico – e non un ufficio pubblico qualsiasi – non lede pesantemente l’immagine ed il decoro della Civica Amministrazione? Cosa avrà pensato il pubblico che ha letto quel cartello? Cosa sarebbe successo ad altro dipendente se si fosse permesso di fare qualcosa di simile?

Il Segretario generale, ammesso che ne sia stato l’artefice, è o non è anch’egli un dipendente pubblico con diritti e doveri? E se le cose stessero così, come mai nessuno è intervenuto aprendo un procedimento disciplinare nei confronti del medesimo, come sarebbe doveroso fare? Qual è l’opinione del Sindaco, uomo di legge e di diritto?

È legittimo, assessore nonché professore Stolfa, distinguere (rectius, discriminare) tra dipendenti pubblici, punendo taluni e salvaguardando altri? Qual è il metro di giustizia di questa Amministrazione, per giunta composta anche di docenti giuslavoristi ed intellettuali?

          Gradirei una risposta, non tanto per soddisfare una mia curiosità, ma anche perché sia puntualmente informata l’intera comunità ruvese.       
Cleobulo

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