Nella vita cambiare idea, diciamolo, ci sta. Ma cambiare idea in tre, nello stesso identico momento, subito dopo la batosta elettorale, è qualcosa che fa pensare.
I protagonisti di questa repentina e collettiva conversione a U, come uccelli di uno stesso stormo, sostengono di aver scoperto (sempre dopo la batosta, evidentemente chiarificatrice) che i propri programmi sono in gran parte sovrapponibili a quello di uno dei candidati ammessi al ballottaggio.
E ora lo scoprono? L’avessero scoperto prima con una riflessione più attenta, ci risparmiavano tre quarti di una campagna elettorale tutt’altro che esaltante.
Quindi è lecito dubitare di queste scoperte così stranamente identiche in persone diverse con percorsi diversi e maturazioni diverse.
Noi non vogliamo avventurarci in nessuna dietrologia e ipotizzare patti più o meno sotterranei o cose del genere. La voce popolare lo fa. Ma noi, come noto, non siamo maliziosi. Rimaniamo ingenui idealisti che credono alla lealtà delle persone fino a prova contraria.
Quello che a noi interessa è sottolineare come evidentemente la riflessione politica di questi ex-candidati sia tutt’oggi ancora in fase di maturazione, se è soggetta a cambi di idea così repentini e poco chiari.
Pertanto suggeriremmo ai tre candidati sconfitti al primo turno di riflettere più a fondo, prima di presentarsi agli elettori; di capire che tipo di strategia vogliono per il loro futuro politico se ne immaginano uno.
Se non altro per fugare ogni dubbio circa la loro autonomia – che non sembri, come voce di popolo racconta – neanche lontanamente che siano manovrati o debbano comunque rendere conto a ingombranti, deleteri e peraltro squalificatissimi “suggeritori” nelle retrovie, che ne deciderebbero le decisioni esponendoli così platealmente al pubblico ludibrio.
Nulla da dire ovviamente al candidato ammesso al ballottaggio che fa normalmente il suo gioco e che certo non poteva rifiutare l’appoggio di chi immaginiamo gliel’ha offerto – non essendo né etico né conveniente andarlo a richiedere. Non senza, almeno, adeguato dibattito pubblico e motivazioni trasparenti.
La mossa infatti non è brillante, perché va a cozzare contro le appartenenze e i recinti in cui si strutturano le attuali forze politiche e i loro complessi e non di rado confusi sistemi di rappresentanza di interessi.
Insomma, per essere più chiari, se un candidato salta da uno schieramento all’altro non è per nulla detto che chi lo ha votato al primo turno lo voti anche al secondo, seguendo la sua nuova indicazione di voto – specie quando questa indicazione di voto è sospettosamente identica a quella di altri due candidati sconfitti che fino a ieri proclamavano la propria unicità e la propria indispensabile e non sovrapponibile politica per cambiare faccia alla città o obiettivi simili e non meno ambiziosi.
Tutta questa autostima evidentemente è crollata tutta insieme in tutti e tre i candidati sconfitti, passati tutti e tre negli stessi istanti dalla sicumera al si salvi chi può, a testimonianza di quanto poco contino a volte le intenzioni umane e non soltanto in politica.
Dal punto di vista del cittadino e specie del cittadino libero, informato e pensante che ci onoriamo di rappresentare, attento ai cambiamenti e interessato al bene comune – le conclusioni che si possono trarre sono di per sé evidenti. Riassumibili in quella immagine devastante, mai vista prima di candidati sconfitti che salgono tutti e tre sul carro del secondo vincitore del primo turno.
Che cosa li spinge – escludendo come abbiamo detto per ragioni metodologiche e di rispetto, che possano essere uniti da qualche patto sotterraneo come dicono i maliziosi?
L’odio per Chieco – come sussurrano alcuni? Anche se fosse, non sarà un po’ pochino come programma e spessore politico?
Non si scappa. L’accordo di cui quella foto è una drammatica indelebile testimonianza appare agli occhi dell’elettore sveglio per quello che è: un incredibile e improvvisato ciambotto di prospettive politiche sconfitte, di riflessioni immature, di alleanze raccogliticce, di sentimenti viscerali senza progetto che nulla hanno a che fare con l’antica arte della politica, e di intenzioni poco chiare che a questo punto saranno puntualmente sconfitte nelle urne.
Perché è l’immagine di “sintonie” oscure e pertanto democraticamente inaccettabili.
Un’immagine che toglie ogni dubbio sul voto.
Se si guarda attentamente quell’immagine si vede già Chieco vincitore, innalzato al successo dalla stessa ammucchiata degli avversari, ironicamente messa su in frutta e furia per sconfiggerlo. I normali paradossi della Storia.
E se così dovesse essere non possiamo che consigliare all’amico sindaco di fare tesoro delle attuali criticità, adottando per i prossimi cinque anni un approccio più dialogato, meno chiuso nella propria comfort zone elettorale. Una politica più aperta e di ascolto, specie con i cittadini “comuni”, non portatori di altri interessi che la propria passione civile; o anche i propri bisogni primari, nelle fasce più indifese di popolazione ben più cogenti delle pur nobili esigenze “culturali”.
Ora i vecchi avversari interni ed esterni sono tutti lì, acciambottati e vicini alla sconfitta. Il sindaco sarà riconfermato perché nessuna coscienza civile può reggere quel triste spettacolo di ammucchiata.
La scelta non è mai stata così facile. Da un lato quel ciambotto indigeribile. Dall’altro una coalizione finalmente coesa su Chieco, purificata dalle tensioni del passato, che sarà l’indispensabile sostegno al lavoro di un Sindaco che, pur con gli inevitabili errori, molto ha fatto per tirare fuori la Città dal disastro delle amministrazioni precedenti, e ora può e deve portare a termine il lavoro.
Noi glielo auguriamo e lo auguriamo alla Città. No al Ciambotto, Sì al Risanamento.
Che l’elettore prenda in mano la sua arma e faccia in cabina elettorale la sua scelta definitiva. Sarà la pietra miliare da cui ricominciare. Tutti
Mario Albrizio