O’ Sistema 2. La Liberazione

Mentre organizzavo i pensieri per scrivere questo articolo, di cui ancora adesso mi sfuggono i dettagli finali, perché scrivere è sempre un’avventura nell’ignoto, e il finale lo scoprirò come sempre insieme al lettore – c’è solo questa spinta insopprimibile a scrivere, a mettere fuori, e solo dopo, quando la creatura è fuori, come una partoriente, la vedi e solo allora capisci che cosa hai messo al mondo – mentre organizzavo i pensieri mi sono chiesto più volte ma perché, ma chi me lo fa fare.

Ho cercato di sottrarmi a questa specie di destino. Di allontanare il calice. Tutto inutile.

Ancora adesso non ho la risposta precisa. Ma è il 25 aprile, si festeggia la Liberazione, e non c’è forse momento più adatto per liberare quelle che c’è dentro di noi. Il nostro diritto a esistere per gli altri. Per pochi o tanti che siano, per un attimo o per sempre.

E se è questo, la spinta alla “liberazione”, che mi spinge dal così detto inconscio, allora ne sono felice, e spero che i miei tre lettori lo siano anche, almeno un po’. 

Certo che però questo 25 aprile da noi ha un sapore tutto particolare. È il giorno in cui, in barba alla Costituzione che vorrebbe un popolo unito sotto le bandiere della sovranità, della libertà e del lavoro – metà Paese ricorda all’altra metà che non è legittimata, e quella risponde alla stessa maniera. I post comunisti salgono in cattedra contro i post fascisti. La guerra dei fantasmi. Etichette che si contendono il dominio della mente dei più ingenui, più pigri, più settari, più  privilegiati o più emarginati. Cioè quello che sia chiama pomposamente opinione pubblica.

Due grandi alibi, i “fascisti” e i “comunisti”, entrambi morti da tempo, dietro ai quali il potere nasconde, giustifica, rende masticabile e sopportabile tutta la sua incapacità, la sua inanità, la sua mancanza di visione, di competenza, di passione per la cosa pubblica, e non di rado di onestà.

Il solito segreto di Pulcinella dei governi di ogni tempo. Spingere e costringere i Cittadini a schierarsi gli uni contro gli altri, per dominarli entrambi e così nascondere i propri infantili, stupidi e ciechi giochi di quell’impotenza oltraggiosa che essi chiamano potere.

Col tocco di Genio di chiamare “Festa della Liberazione” una giornata che, per come viene vissuta, dovrebbe chiamarsi giornata della divisione nazionale, per la funzione che è lucidamente e consapevolmente chiamata a svolgere da parte di quelli che si ostinano a considerarsi burattinai, e non sono che oscure comparse della Storia.

Ma torniamo a noi. Vi avevo promesso che ci saremmo occupati del nostro orticello. E lo confermo. 

La mia parola. Non ci saranno più digressioni e nella prossima puntata racconteremo le cause dell’impantanamento dell’amministrazione Chieco e il suo destino. Promesso.

Andava però tratteggiato il quadro generale. Perché se nessun uomo è un’isola, figuriamoci una città.

[2. Segue][Leggi la prima parte]

Mario Albrizio