Invece prendiamo in esame un’altra perla, la raccolta sedicente differenziata.
Se guardiamo i fatti, vediamo un mostro che costringe i cittadini a un superlavoro, gratuito e oneroso, a tutto vantaggio delle aziende ricettrici.
Che inoltre li costringe a cedere parte della loro casa come deposito permanente rifiuti, e in cambio di tutto questo (lavorare per differenziare; rinunciare all’utilizzo di parte della proprietà) ottenere tariffe triplicate.
Senza peraltro alcuna garanzia che la raccolta rimanga differenziata negli stadi successivi, come tante inchieste qua e là sottolineano.
Cosa ottengono in cambio il cittadini? Nulla. Tranne l’obbligo, la restrizione in casa e appunto l’aumento vertiginoso delle tariffe.
E per i più creduloni, le paroline magiche, il progresso, l’ambiente, sentirsi “dalla parte giusta”, cioè quella che sponsorizzano le finte maggioranze di governo – semplici paraventi di gruppi di potere interconnessi e sempre voraci.
Parole giuste magari. Ma usate strumentalmente come tutto il resto. E accettate acriticamente da tutto il sistema ruminante, ivi compresi quelli che dovrebbero indagare e marcare stretti i cacciatori di prebende e poltrone, pubbliche e private.
Sono quelle parole, che trasformano un costosissimo e inefficientissimo sistema di raccolta, in totem intoccabile.
Chi controlla le parole, controlla il potere.
Per questo le si accetta. Cornuti e mazziati. E contenti. In cambio di cosa? Della patente di “civiltà” rilasciata dai controllori e gestori delle parole d’ordine.
Perché si può essere contro questo o quell’altro partito, esponente, ideologia, ma mai, mai, mai contro i padroni delle parole “civilizzatrici”, decise dai burattinai e imposte a suon di ripetizione da quei centri di conformismo e uniformizzazione del pensiero che sono i Mass media, sempre costantemente e generosamente foraggiati per evitare qualunque contaminazione col pensiero libero.
Diffusori di morte cerebrale ben decisi a tenere fuori dalla porta ogni segno di vita. Perché, come insegna loro la pubblicità (il massimo della “cultura” da loro ammessa), prevenire è meglio che curare. Un’opinione divergente repressa oggi, è meglio che un dissenso diffuso da reprimere domani.
Accettiamo ancora con incredibile passività che gli strumenti maggiori di comunicazione siano in mano a colossi privati e maggioranze di governo o partiti politici (semplici associazioni private come dice la Costituzione e ribadisce l’ottimo Travaglio).
Come se multinazionali, governi e partiti avessero a cuore la verità o il benessere pubblico – che è precisamente ciò che vogliono far credere – piuttosto che ciò che interessa loro realmente, il loro profitto o il loro potere. Business as usual.
Controllata la Comunicazione, controllano tutto.
Controllori di parole. E distributori di soldi. Perché nessuno prenderebbe sul serio i distributori di parole e progetti, se parallelamente non distribuissero i soldi per rendere sacre e indiscutibili le loro (in realtà discutibilissime) scelte.
[4. Segue][Leggi la parte precedente]
Mario Albrizio