Oppure prendiamo le strisce blu. Abbiamo in altra sede espresso la nostra totale contrarietà. Oggi allarghiamo un po’ il quadro.
Perché le strisce blu sono state imposte alla nostra Città con una protervia ingiustificabile e con un aspetto punitivo che offende i cittadini e probabilmente la legge.
Ora può darsi che Chieco sia “un tiranno” come dicono alcuni della sua maggioranza (e figuriamoci quelli della sempre pudica e taciturna “minoranza”…), ma lo sciagurato piano parcheggi e strisce blu era già stato preparato dalla precedente amministrazione.
Chieco si è solo trovato a gestire una bastonata colossale alla cittadinanza, pensata e messa in piedi da “quelli di prima”, e da qualcuno che voleva vendicare lo smacco del 2004, quando analoghe strisce blu ma applicate secondo la legge, avevano miseramente fallito in pochi mesi perché ovviamente i cittadini parcheggiavano sulle bianche.
12 anni dopo, la vendetta. La punizione per i cittadini che osano scegliere e l’immeritato premio per gli amministratori e la burocrazia che non sanno pianificare, e come tutti quelli che non sanno pianificare, ricorrono al manganello.
Infatti solo in questa sventurata Città i parcheggi “bianchi”, gratuiti, sono incredibilmente situati in periferia, mentre l’intero centro storico allargato e quello novecentesco è militarmente ed esclusivamente occupato dalle onnipresenti strisce blu.
La legge dice invece che strisce blu e strisce bianche devono essere pari, con le bianche dei “parcheggi gratuiti nelle immediate vicinanze” (legge 6 dicembre 1971, n.1034);
e di rimbalzo il Codice della Strada:
“Qualora il comune assuma l’esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l’installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta di cui al comma 1, lettera f), su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta.” (NUOVO CODICE DELLA STRADA, Decreto Legislativo 30 aprile 1992 n. 285, art 7, c. 8)
L’interpretazione di queste norme è semplice, e infatti basta farsi un giro per le città vicine e meno vicine, per vedere come l’attuazione sia pedissequamente quella di un’equivalenza, generalmente nella stessa strada, di strisce bianche e blu, ovvero di parcheggi gratuiti e a pagamento.
Qui invece, e solo qui, nella città divenuta zimbello del vicinato, si intende che le blu sono e devono essere ovunque, come le cavallette al tempo dell’invasione. Solo che qui l’invasione non finisce, e tra poco sarà incredibilmente rinnovata nero su bianco.
Ma perché? Cosa rende così irresistibile questo orrore che complica la viabilità, restringe senza alcun bisogno la libertà dei cittadini, peggiora l’inquinamento ambientale con la continua ricerca di spazi bianchi o almeno non blu, non ancora violentati da questo ulteriore pizzo ingiustificato, come se non bastasse quel gioiello della raccolta differenziata di cui abbiamo già parlato?
A questo si aggiunge la cervellotica duplicazione dei sensi unici che rende ulteriormente assurda e contraddittoria la circolazione. Ma questo è un obbrobrio tutto nostro, le cui cause non rientrano in questo discorso, che è nostro ma anche generale, perché è sempre il generale che spiega il particolare.
Ma quando il particolare rimane isolato e fine a sé stesso, vi sono altre categorie di spiegazione, meno politiche e magari più sanitarie.
Quindi cos’è che tiene tutto bloccato? Quale forza attrattiva schiaccia e condanna alla totale insipienza i protagonisti di questo dramma?
Cos’è che non fa uscire una sola parola di critica dall’opposizione (che giustamente chiama se stessa “minoranza”, non essendo mai stata capace di opporsi a nulla) a questo piano scellerato che incide sulla carne viva dei cittadini, mentre è così prolissa e logorroica sui fatti del cortile, della preclusione ideologica e della difesa a oltranza del particulare?
C’era come minimo da avviare una class action eppure la risposta è il sonno totale, l’accettazione acritica, il mormorio sconnesso, o chissà, ad esser malpensanti, magari connesso dietro le quinte – ma non noi, che come sempre siamo ingenui idealisti.
Persino i tanti avvocati con un piede in politica e l’altro pure, come hanno potuto non rilevare una tale enormità e non farne una battaglia politica importante, mentre sono sempre pronti a buttarsi a capofitto fin nelle più astruse querelles che riguardino questa o quella particella, questo o quel confine tra privati o meglio ancora tra privati e Comune?
Che cos’è, che “regge” tutto questo come una forza di gravità newtoniana?
[5. Segue][Leggi la parte precedente]
Mario Albrizio