L’ultima performance è sempre la più patetica.
Come in ogni drammone shakespeariano-hollywoodiano, arriva il momento in cui si scoprono e si imbrogliano le carte in un crescendo dove si fatica a distinguere chi da chi.
Ma c’è da dubitare che il finale porterà a uno scioglimento coerente della suspense.
Qui infatti, sulla terra, le cose sono sempre più complicate, più sporche, più vane e gli scontri più miseri, retti solo da ciò che i personaggi (spesso in cerca d’autore) vedono appena al di là del loro naso – o al di qua.
Qui non ci sono buoni che si scoprono cattivi né cattivi che si rivelano buoni. Ognuno ha la sua cifra e non cambia, salvo forse in punto di morte, a volte, per alcuni impenitenti, nell’estremo tentativo di fregare anche Dio.
Non c’è drammaturgia e soprattutto manca la regia. In compenso i personaggi, liberi di fluttuare, danno luogo a scenari davvero paradossali, se non surreali.
Tale che questo grandioso affresco da disastro shakespeariano prende sempre più le sembianze di un assurdo incrociarsi pirandelliano di personaggi tragici (o tragicomici) e macchiette inconsistenti ma dalle ambizioni spropositate.
Chi è il più indebitato del reame
Antefatto. Il Comune sta affogando in debiti non suoi (come i lettori di RL sanno bene), e l’Amministrazione ha pensato bene di rimodularne una parte. Più rate, ma più piccole, in modo che avanzi qualche spicciolo per l’ordinaria amministrazione.
Ora, più rate più piccole, significa sempre più interessi. Pessima scelta per le famiglie. Ogni massaia lo sa. Figuriamoci il Comune, visto che tutto va a carico dei Cittadini.
L’Opposizione, miracolosamente sveglia dopo 5 anni di torpore assoluto con la sciagurata amministrazione precedente, lo fa notare.
Con la precedente amministrazione si era lasciata passare sotto il naso l’incredibile storia del finanziamento (ovvero indebitamento) in sé, otto milioni raccattati in un batter d’occhio sulla pelle dei Ruvesi per pagare 2 sole sentenze su decine e decine. Due sole! Anziché puntare in scienza e coscienza a una gestione complessiva e a un accordo equo.
Insomma la finalmente-Opposizione, ieri curiosamente solo “minoranza”, ha dormito quando sono scappati i buoi dal recinto. Ma batte i pugni (giustamente) quando provano a portarsi via l’ultimo vitello.
Che dire? Meglio tardi che mai. Si vede che l’uscita di scena di certi (appunto) personaggi tristemente senza autore e l’ingresso di forze nuove ha dato il suo esito…
L’assessore-alle-cifre, preso in castagna, balbetta un po’. Nega, poi ammette un ulteriore costo di 117mila euro. L’Opposizione (ancora! wow…) lo sbugiarda di nuovo e ne calcola 700mila. Con inevitabile richiesta di dimissioni dell’assessore medesimo.
Richiesta a nostro avviso legittima. Al di là delle cifre, vi è un tono da mantenere con i Cittadini e a nessun pubblico amministratore è data facoltà né di indorare la pillola, né di edulcorare i conti, né tantomeno di sbagliarli – quale che sia l’ipotesi giusta.
Certo, fa bene Chieco a difendere il suo uomo. Se lo molla, inevitabilmente i vecchi dinosauri affamati della precedente disastrosa congrega piddina vorranno il loro posto al sole o a pappatoia, e ne nascerebbe senza alcun dubbio un disastro ancora peggiore.
Eppure non è che l’incipit di questo valzer dell’assurdo.
Amleto
Avevamo parlato di personaggi senza regia. In libertà ovvero alla disperazione.
Ora raffiguriamoci il monologo di Amleto. Ma invece del teschio, un libro, o libretto o libercolo che sia.
D’altra parte, si fa presto a dire libro. E ancor prima a stamparlo, accozzando delibere e delirii. Il problema è farlo leggere. E, se mai dovessero leggerlo, non farsi ridere dietro…
“Essere, o non essere – Colpevole?“
Immaginate il povero Attila/Amleto/Matteo alla finestra di palazzo Avitaia, come suggerisce la foto curiosamente stile caro estinto della sua copertina. Immaginatelo sventolare alla piazza i fogli della sua mesta creaturina e chiedere: “Cittadini! credete davvero che sia colpevole?“
La salva di pernacchie che accoglierebbe tale retoricissima domanda farebbe impallidire i fuochi d’artificio della festa patronale.
In tutta la storia non si era mai vista una tale plateale ammissione di correo, una excusatio non petita che sottolinea un’accusa ormai conclamata, entrata nella coscienza comune, persino di tanti ex sodali.
Persa la battaglia politica; strapersa quella del Diritto, le cui pesanti conseguenze ricadono su tutti i Cittadini, e doppiamente sugli ingenui beneficiari di un tempo – a cosa appellarsi, se non all’ingenuità e alla credulità di chi ancora ignora le carte, le sentenze, un minimo di storia patria e magari, last but not least, le decine di articoli di RuvoLibera?
Che gelida manina
Ma c’è di più. Perché anche in questo Attila-Amleto è stato superato, e ormai fa da comparsa. Pure lì, nella battaglia della faccia tosta c’è chi lo supera e non di poco.
È la signora sindaca (così la chiamavano tutti) della scorsa Amministrazione. La regista e protagonista dell’immenso scempio fatto a danno della Città, di cui l’orrore di Piazza Castello è simbolo e firma.
È la dama nera che (vox populi) ha gestito e manovrato la politica ruvese pilotandola con precisione scientifica al più totale disastro, di cui oggi vediamo fino in fondo le conseguenze – relegando il povero Ottombrini, sindaco ufficiale, al ruolo di fantoccio che prende le botte al posto suo.
Ora questa arzilla verginella politica con appena trenta o quarant’anni di
Alleluja…
Rovesciamento doppio dei ruoli
L’assurdo pirandelliano, insomma. E il più teatrale quanto incredibile rovesciamento dei ruoli.
Il massimo responsabile del disastro di vent’anni fa scrive un libro che nessuno leggerà e a cui ancor meno crederà, per gridare la sua innocenza e accusare chissà chi, abbaiando a chissà quale luna.
Mentre la sua ex allieva prediletta, che ha superato il maestro e dato a quel fallimento il colpo di grazia con cinque anni di disastri conclamati e lo stupro della democrazia cittadina fino all’inevitabile epilogo attuale, di cui questa amministrazione paga incolpevolmente lo scotto – l’allieva prediletta del distruttore, ora distruttrice a pari merito, si candida nientemeno che per “rinnovare”.
Il colpevole che si declama innocente e la signora Schettino che si propone per salvare la nave. Geniale. Perché non ci abbiamo pensato prima? 😛
Il rovesciamento dei ruoli. I cattivi che si scoprono buoni. I distruttori che si svelano costruttori incompresi.
Il rientro delle vecchie glorie ingloriose. Meglio di Ginger e Fred. Meglio di Reagan e Thatcher versione lilliputiana. Persino meglio di Albano e Romina, specializzati come sono nel ballo del quaquaraqua.
Buttati fuori dalla porta, rientrano in scena negli stessi giorni con consumato e sincronizzato tempismo, da quelle comparse navigate a fine carriera che sono. Matteo e Caterina, la coppia del secolo, i nomi incisi per sempre nel firmamento del triste avanspettacolo politico.
La curiosa concordanza di tempi in queste operazioni di riverniciatura e riverginazione. Che voglia dire qualcosa? 😉
L’asse mai sopito di un antico amore politico (si fa per dire) neanche tanto clandestino, manifestatosi tante volte in aula consiliare con provvedimenti pasticciati e sconclusionati ma sempre precisissimi nel danneggiare la collettività.
E un amore che, da quando nessuno dei due è più in consiglio né in giunta, coglie nuovi pretesti e nuove coincidenze per manifestarsi. Che stiano per uscire allo scoperto e dichiararsi? 😉
Glielo auguriamo. Alla lunga nessuna storia vive nel sottosuolo della clandestinità. Esce allo scoperto o muore.
Ma noi, lasciamoli pure al loro destino. Col loro delirio. Auguri e via.
Dov’è andato a finire Chieco?
Dove si è perso il coraggioso slancio espresso dal palco un anno fa sul recupero dei crediti verso le cooperative edilizie ex amletiane e schettiniane? Quel grido che ci aveva persino fatto temere per un diverso esito del ballottaggio, tanto era chiaro e quindi contrario a certi interessi?
È stato stoppato, Chieco – bisogna dedurre. E da chi? Beh, chi, se non chi nella sua maggioranza lo tiene in ostaggio?
Chi, se non chi ha rassicurato quegli stessi compartisti in ansia per il diktat chiechiano con il più classico “lascialo dire e votaci, che tanto farà quello che diciamo noi“?
Eravamo stati fin troppo facili profeti, nel vaticinare che il vero punto debole di Chieco era il Pd. O meglio qualche manina della sua cocciuta quanto disastrosa “dirigenza”.
Ora l’esito previsto è sotto gli occhi di tutti. L’Amministrazione è in pieno stallo. E si sa che allo stallo segue spesso il precipitare. E infatti c’è già, in certi ambienti, un proliferare di candidati sindaco. Ora. A quattro anni dalle prossime elezioni…
Pura follia, solita megalomania o un volteggiare di avvoltoi che intravedono una preda ferita? Chissà.
Di sicuro uno stormo allenato, gli uni con gli altri – abituati a fregarsene di elettori, partiti, etichette, e men che mai cittadini, come ha dimostrato il clamoroso oltraggio a 1200 firme e alla richiesta di referendum popolare da parte di patetici dirigenti di un partito che fu grande ma che proprio tali dirigenze sciagurate hanno ridotto a partitello di casta e medioevo che osa definirsi “democratico”.
Affamare l’avversario
In conclusione, la manovra è tanto chiara da essere banale, nei suoi tempi e nei suoi scopi.
Da un lato chiudere i rubinetti del recupero crediti – così da spingere il Comune a scelte disperate per raggranellare qualche spicciolo con cui almeno chiudere buche e dipingere strisce sull’asfalto.
Dall’altro lasciare campo libero all’opposizione che ridicolizza i pubblici amministratori della maggioranza per aver fatto i suddetti tentativi della diperazione.
Il messaggio complessivo è palese. Ridotto amministrativamente alla fame, Chieco o si piega o si toglie dalle scatole. Tertium non datur. E i candidati “alternativi” si preparano e lasciano circolare le voci, per rinforzare il concetto.
Un vecchio refrain ormai familiare di cui abbiamo parlato tante volte. Chieco faccia quello per cui è stato chiamato e non si metta in testa delle idee, sennò meglio che smammi.
Ancora non l’hanno digerita, la botta dell’anno scorso…
Il nodo gordiano: “I tengo ‘na buàtta… – anzi sei consiglieri…”
Questo solo spiega il pasticciaccio brutto della rinegoziazione del debito e la figuraccia rimediata da un’amministrazione che o è ingannata a sua volta, o mostra fino in fondo i limiti della sua ingenuità, e le conseguenze di non aver affrontato il nodo gordiano da cui dipende la propria azione.
Ovvero i “sei consiglieri” che escono a ogni piè sospinto da certe boccucce e da certe manine goffamente prestidigitatrici.
“Abbiamo sei consiglieri“, ripetono quelle solite querule vocine, per ribadire chi ha davvero il bastone del comando.
Pare di risentire il grande De Filippo: “I tengo ‘na buàtta…”.
Solo che lì il tormentone faceva ridere – c’era l’autore e c’era la regia. Qui i sei consiglieri tirati fuori a ogni piè sospinto e agitati all’indirizzo del Sindaco navigano piuttosto tra il patetico e il velleitario. Non i consiglieri, beninteso, che hanno già dimostrato di saper pensare con la loro testa – ma la puerile minaccia di usarli per condizionare l’Amministrazione – manco fossero soldatini di piombo…
A un anno dalle elezioni, la tenaglia si chiude su Chieco, stretto in un assedio senza munizioni in pieno attraversamento del deserto.
Ne uscirà piegandosi o rompendo l’assedio e sciogliendo il nodo gordiano col precedente groviglio di interessi che hanno distrutto la Città?
Staremo a vedere.
Pagare per sprecare
Per ora non possiamo che subire le conseguenze di questo duello paralizzante, ben esemplificato dalle nostre case piene di spazzatura persino più delle campagne, mentre la bolletta è quasi raddoppiata e il servizio rimane tra i più scandalosamente scadenti – perché il metodo, oltre che costoso, è profondamente sbagliato.
La spazzatura è risorsa e noi continuiamo a buttarla, cioè a regalarla ad altri più furbi. Anzi, paghiamo a peso d’oro per regalargliela!
Ci meritiamo le conseguenze.
Un contratto medievale che Chieco si è trovato sul groppone già guarda caso approvato in zona Cesarini dalla precedente giunta-disastro, dopo che per cinque anni avevano prorogato (come è ovvio, illegittimamente, ben oltre i 6 mesi di legge) lo stesso contratto in regime di emergenza. Guarda a volte le coincidenze…
E che dire dell’altra suppostona lanciata all’ultimo secondo nel… book del nuovo sindaco, chiunque fosse stato eletto, del mostruoso Pug partorito dalle stesse – per così dire – menti raffinatissime?
Insomma, loro litigano e noi paghiamo. Loro naufragano, noi affondiamo.
E più affondiamo più proliferano sedicenti salvatori della patria, che finora hanno dormito o partecipato al banchetto.
Colpevoli si imbiancano da innocenti, vecchie cariatidi si riverginano e nel frattempo la città è paralizzata da un debito non suo, ma che deve pagare precisamente, assolutamente ed esclusivamente per colpa di quegli stessi signori.
Il malgoverno alimenta il debito, che alimenta nuovo malgoverno e così via.
Un moto perpetuo sotterraneo a vantaggio di ignoti e a carico di tutti – il cui esito scontato è il disastro per i cittadini.
Un moto perpetuo che finisce per diventare mutuo perpetuo.
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