Viene a trovarmi qualche sera fa un amico consigliere Pd, per ragioni che non c’entrano con la politica, ma visto che c’è mi chiede cosa penso del “casino” successo in giornata.
Cado dalle nuvole e gli dico che non ne so nulla, essendo impegnato in tutt’altro.
Così un po’ mi racconta, un po’ mi documento – ed eccoci qua.
Un capitombolo gratuito. Ma non troppo
È successo che si parlava di nuovi debiti fuori bilancio (ancora!), sotto un pesante monito della Corte dei Conti (ancora!!) e uno durissimo dei Revisori (ancora!!!). Insomma, il solito film il cui finale è già scritto da un pezzo.
È cambiato il sindaco. Ma non la musica. Anzi, è peggiorata. Così il povero Chieco è incorso incolpevolmente nel primo pesante capitombolo del suo mandato.
Un capitombolo pieno di significato.
La sua maggioranza infatti è stata sbalzata di sella con il più banale dei trucchetti: far mancare il numero legale a una seduta che pure era di grande importanza.
Ben tre consiglieri di maggioranza su dieci erano assenti. Al che la mai-dire-opposizione-meglio-minoranza se l’è svignata e ha incassato la sua vittoria di Pirro.
Ha cioè privato la Città di una discussione importante, ha privato sé stessa della possibilità di contare qualcosa costruttivamente, di far vedere che aveva eventualmente delle idee o delle “soluzioni”, di cui così spesso ciancia; ma ha incamerato la adolescenziale soddisfazione di aver fatto lo sgambetto al sindaco.
Un sindaco, fanno sapere, “arrogante” e autoreferenziale.
E siccome è “arrogante”, alla prima occasione non hanno esitato a fare capitombolare ancora una volta la Città, pur di dargli una lezione di umiltà (da che pulpito) e costringerlo a “dialogare”.
Chapeau.
Ora, ricapitoliamo e cerchiamo di capire. Perché la posta in gioco può essere diversa e può non trattarsi semplicemente di dilettanti allo sbaraglio.
E per far questo, come sempre, dobbiamo riannodare dei fili e collocare un episodio di per sé insignificante, al massimo di bullismo politico-amministrativo, all’interno di una strategia individuabile.
Saremo lunghi, sorry. Per i gattini e tutto il resto c’è Facebook…:P
Questa è RuvoLibera e se siete qui vuol dire che volete capire. Cercheremo di non deludervi. 🙂
25 anni di inettidudine
Fatte salve le dovute eccezioni – 25 anni di inettitudine al governo, dagli espropri a Piazza Castello – non possono essere casuali.
Basta vedere chi siede in consiglio comunale per rendersi conto che l’amministrazione “75% nuova” (cit.) ha solidissimi agganci col 25% vecchio. Stravecchio. Politicamente putrefatto.
E questo senza considerare che l’essere nuovi NON è mai una giustificazione per nessuno.
Tant’è che un’amministrazione 100% nuova come quella di Roma è quotidianamente oggetto di feroci attacchi con la bava alla bocca da parte di chi si è visto sottrarre l’osso e da chi, compreso qualche campione presente in questo consiglio, per giustificare le proprie colossali e pluriennali incapacità sta sempre a indicare le (a volte gravi, ma ancora niente rispetto al passato) manchevolezze romane degli ultimi mesi.
La solita storia della trave e della pagliuzza.
25 anni di assalti alla diligenza tra interessi privati che spolpavano la Città e piccoli ometti ambiziosi in proporzione inversa alle loro capacità, sempre pronti a ogni compromesso sulla pelle dell’interesse pubblico per curare il proprio orticello clientelare e piazzare il deretano su una sedia purchessia.
Una storia cittadina che riassume e rispecchia la storia del Paese in politica così come l’ontogenesi ricapitola la filogenesi in biologia.
Il povero Chieco si è/è stato paracadutato al culmine degli effetti di questo marasma pianificato dell’interesse pubblico a vantaggio delle mille camarille comunicanti e si è saggiamente dotato di un cordone sanitario che altri chiamano “arroganza” – ma che a un osservatore obiettivo pare invece il minimo indispensabile di precauzione.
Senza dubbio, un cordone che dovrà essere smantellato prima o poi, perché come tutti i cordoni protegge ma isola. Va usato per il periodo di emergenza e nulla più. Dopo, diventa zavorra e affonda la nave già traballante.
Ma non possiamo chiedere al Sindaco di passare ex abrupto da una funzione sostanzialmente commissariale ad un’amministrazione pienamente politica, con una visione ampia e profonda e senza contrattazioni con il passato (se è passato) regime – lo farà da solo quando avrà chiaro in profondità il quadro. Sempre che glielo lascino fare. Perché infatti dovrebbero? E qui torniamo a noi.
Tre su dieci
Tre assenze simultanee su dieci, con le scuse e motivazioni più varie, sono più che un caso da manuale.
O è il Caso, per chi ci crede – e avere contro il Caso (la “Fortuna“) non è buon segno. O è volontà degli dei, ed è anche peggio. O è ingenuità, e questa è la peggiore di tutte. Andare agnelli tra i lupi è una splendida massima evangelica. Ma in politica è saggio essere più prudenti. E più previdenti. Altrimenti è suicidio.
Sorvoliamo poi su alcune delle “motivazioni” di quelle assenze: roba da far piegare le ginocchia a una statua, per lo sconforto o per le risate.
I fatti sono chiari: l’amministrazione (maggioranza e “minoranza”) è andata a fracassarsi e la diagnosi è ovvia quanto spietata: o sono totalmente incapaci o sono stati sabotati e/o indotti premeditatamente al disastro.
Vediamo di capirci di più.
Appuntamento con l’iceberg
Il Consiglio è stato fissato dal presidente del consiglio – si suppone, a norma di regolamento.
Presidente del consiglio sulla cui nomina, unici e soli come sempre, avevamo avanzato pesanti riserve trattandosi dell’ultimo dinosauro politico residuato alla catastrofica amministrazione precedente.
Quella, per intenderci, dell’inciucio perenne tra maggioranza e non-sia-mai-detto-opposizione–meglio-minoranza beatamente dormiente quando non plaudente e correa.
Per questi motivi, ovviamente politici e non personali perché qui, come sempre, non giudichiamo le persone ma atti, fatti e, quando ce ne sono, strategie – per questi motivi, dicemmo, la scelta era infausta.
Ma che doveva fare il povero Chieco, di fronte a un voto incredibilmente all’unanimità?
Eppure, come al solito, non ci eravamo limitati alla valutazione critica ma avevamo suggerito alternative.
Per esempio, ricalcare l’unica cosa buona della tragico-amministrazione precedente, ovvero la presidenza a Catalano, membro della “opposizione” e valido aiuto elettorale al ballottaggio. Questa volta sarebbe toccato alla Rutigliani, in identica posizione di Catalano cinque anni dopo, e che tra l’altro avrebbe portato in dote la sua capacità giuridica. Quanto agli effetti politici, mi pare superfluo sottolinearli.
Volendo ampliare il ventaglio a livello di ipotesi accademiche si poteva pensare magari a Saulle, l’asso pigliatutto degli appalti della scorsa disamministrazione, che ha pur fatto la scelta formalmente corretta di passare l’azienda alla figlia per poter sedere in consiglio comunale senza ombra di conflitto di interessi… almeno per i puri di cuore e gli amanti del detto secondo cui “in politica la forma è sostanza“.
Se si voleva pescare comunque nella maggioranza, perché non uno nuovo e capace? Per esempio Antonio Mazzone, uno dei protagonisti della gloriosa battaglia per la Piazza e soprattutto per la Democrazia in Città. Sarebbe stato un gran bel segnale.
Si voleva persona più navigata? Lia Caldarola (sempre per esempio) era lì, anche lei addizionata di conoscenze giuridiche.
Invece no. Si è scelto il sindacalista che nessuno aveva voluto riconfermare al Commercio né all’Agricoltura (se significa qualcosa), che mantiene seraficamente la sua posizione di conflitto di interesse tra la rappresentanza sindacale di categoria e la carica istituzionale, che invece dovrebbe avere come obiettivo l’interesse generale.
Ma come: l’imprenditore dà l’esempio e il sindacalista si fa bacchettare?
A questo si è ridotta la dirigenza sedicente di Sinistra? A farsi dare bacchettate morali dai tanto vituperati (a chiacchiere) imprenditori forzitalici?
Di conseguenza, dato il curriculum, il sindacalista-politico-consigliere-rappresentante istituzionale (tutte le poltrone rigidamente insieme) è stato fatto presidente del consiglio (quando si dice premiare i meriti) e, udite udite! lo si è eletto all’unanimità. Cioè col voto anche della minoranza-non-sia-mai-opposizione. Chiaro?
Come meravigliarsi poi del naufragio della maggioranza e della minoranza di cui (di entrambe) dovrebbe essere il timoniere istituzionale?
Risvegli allucinati
Ma c’è qualcosa di ancora più stupefacente che accade sotto gli occhi dell’esterrefatto busto di Giovanni Jatta senior nell’aula Pertini del Consiglio comunale.
Avviciniamoci con il teleobiettivo e guardiamo la scena.
Il tempo passa. I tre assenti non arrivano. Inizia la seduta. Vengono dichiarati assenti. Un lampo saetta nella mente della non-sia-mai-opposizione-meglio-minoranza.
Si fanno due conti. Chiedono una verifica e decidono. Così. All’istante. Come se non aspettassero altro. Come se non ci fosse un domani.
Abbandonano il campo e fanno mancare il numero legale. Seduta finita.
Un piccolo harakiri che provoca il grande harakiri dell’intero Consiglio.
Nessuno saprà mai se maggioranza e meglio-minoranza avessero una qualche pallida idea su come risolvere i problemi di cui si doveva discutere.
E nessuno potrà più rimuovere il dubbio che questa ritirata disordinata servisse in realtà a mascherare la più totale tabula rasa di idee e contenuti. O peggio ancora, un piano inconfessabile, da perseguire con l’ostinazione ma anche col nascondimento dei piani inconfessabili.
Di sicuro c’è che quei problemi si aggravano ogni giorno che passa. E che si è scelto di lasciarli aggravare. E a pagare indovinate chi sarà? Esatto.
Replay.
Perché vogliamo essere sicuri, rivediamo la scena.
L’opposizione (pardon, minoranza) più addormentata della storia; quella di cui sono noti i due storici, irrinunciabili capisaldi politici (oltre la comune e trasversale venerazione per la sedia): l’erba sui marciapiedi e il sit-in abortito per il presepe spostato in altra piazza;
proprio quella opporanza (opposizione-minoranza), proprio quella, rispetto alla quale un bradipo diventa piè veloce;
insomma quella, guarda il campo di battaglia (si fa per dire, tra un ronfamento e l’altro), vede il nemico in difficoltà, e anziché affrontarlo in campo aperto per far valere le proprie ragioni (se ne ha) e schiacciare le sue agli occhi dell’opinione pubblica – che fa?
Manco Speedy Gonzalez. Gli tira uno sgambetto e scappa via.
Proprio così. Scappa via. Incredibile. Come ragazzini dispettosi che scappano col pallone anche se così avranno persa la partita.
Schinaia, dove sei? Esci dall’acquatto e prendi le redini di questo sedicente centrodestra per farne qualcosa non dico vincente, ma almeno decente. Che recuperi quanto meno un minimo di coerenza e strategia.
Altrimenti come fai, la prossima volta, a proporti come suo leader dopo averlo lasciato allo sbando altri 5 anni?
Forza, varca il Rubicone.
La lezione
Allora, in conclusione.
1. Il vecchio-Pd sbaglia clamorosamente l’organizzazione di un Consiglio, trascinando l’intera maggioranza al martirio.
2. La minoranza-mai-sia-opposizione dopo anni di letargo ha un improvviso sussulto e sceglie subito la via del tafazzismo per sgambettare il sindaco.
Insomma, proprio come ai bei tempi precedenti, Pd chiama, minoranza-mai-sia-opposizione risponde.
Un uno-due micidiale. Come sempre a spese della Città.
Solo un caso? O c’è dell’altro?
Semplice automatismo? Reazione pavloviana? Amori che non vogliono finire? Relazioni pericolose sotterranee?
O prove di intesa su raggiunti obiettivi minimi?
Chissà. Il lettore giudicherà.
D’altra parte dopo tanti anni di convivenza e coincidenza di interessi profondi non c’è neanche più bisogno di parlarsi. Ci si annusa. Ci si intuisce. Ci si ritrova con e senza un perché.
Vecchi amori e nuovi sgambetti
Forse ci sbagliamo ed è solo una colossale prova di incapacità bipartizan.
Ma se per caso tutto avesse un senso – quale sarebbe?
Perché, come è noto, noi siamo gente che non crede al caso. Non in politica, almeno.
E allora?
Mmm… Mettere lo sgambetto al sindaco nuovo e “arrogante”, cominciare a fargli fare figuracce per costringerlo a “dialogare” ben sapendo che otterranno l’effetto contrario, di farlo indurire e “arrogare” di più…
Semplice dilettantismo recidivo – o calcolo premeditato?
Un uomo che ha stima di sé come Chieco non ci starà a inanellare figuracce e piuttosto se ne andrà (già lo davano dimissionario a settembre, a dicembre e vedremo quando altro…).
Può essere questa la base di intesa? Punzecchiarlo nell’autostima e farlo inciampare, logorandolo fino a farlo esplodere?
Con il futuro della Città soffocato da un mostruoso debito (appunto) fuori bilancio, che sappiamo benissimo invece a chi dovrebbe essere addebitato ma che si sta facendo di tutto per farlo pagare ai Cittadini – e ogni ritardo come questo spinge appunto in quella direzione;
col magna-magna del mostruoso Pug in via di definizione su cui il Sindaco ha oltraggiossamente (per “loro”) fatto sapere che sceglierà politiche “cogenerative”, ovvero che non accetterà il fatto compiuto dell’approvazione-colpo di mano all’ultimo momento di vita della scorsa tragico-amministrazione;
e che insomma non ci sta a fare il pupazzo della ditta fuoriuscita ma vuole decidere lui o almeno guidare un processo decisionale trasparente…
Beh, avendo tutto questo chiaro, forse non è del tutto (o non è per nulla) peregrino ipotizzare che dietro il capolavoro di imbranatezza bipartisan del 30 dicembre si celi un piano per portare all’esasperazione Chieco, fargli dichiarare il dissesto e mandarlo a casa.
Che è poi il motivo vero per cui è stato chiamato (anime belle a parte).
Il Piano inconfessabile
Con l’obiettivo che fallisse e facesse da capro espiatorio, attirando su di sé la tremenda impopolarità del dissesto e portandosela fuori, con sé – lasciando i soliti noti riverginati e liberi di ricominciare a far danni.
Per questo i soliti furbetti lo hanno subìto/accettato. Per questo. Non certo perché si mettesse di traverso sul Pug.
Le mosse sul campo lo dicono chiaramente. Con un minimo di reverse engineering si può leggere chiaramente nella mente di certi strateghi da strapazzo:
Ci sciroppiamo Chieco ma a condizione di far passare sua mostruosità il Pug imposto come sempre dall’alto e con la complicità delle secrete stanze locali. Dopo lui andrà a sbattere sui debiti fuori bilancio e si toglierà dai piedi portandosene via la colpa. E noi riavremo il potere. E il Pug. La grande PUcciatorìa Generalizzata a spese dei cittadini.
Pare di vederli… E speriamo che il brindisi gli sia andato di traverso…:P
Ma bisogna dire che a suo modo, nella sua cinica malvagità, quel piano ha senso. Per loro.
Il dissesto del Comune ridurrebbe al lumicino i crediti di chi ha le sentenze. E l’onere verrebbe completamente scaricato sui cittadini. Salvando così i bacini clientelari che fino ad ora si è evitato accuratamente di toccare a costo di fare affondare la Città.
Così che i profeti del “non si paga, paghino i cittadini” potranno vantarsi e riacquistare il consenso perduto.
La Città perderebbe l’onore, ma qualche pulcinella cetrulo riprenderebbe fiato.
Con il sindaco fuori dai piedi, i debiti scaricati sui cittadini e l’immensa tavolata bipartizan del mostruoso Pug già apparecchiata, non resterebbe altro a lorsignori che mettersi a tavola.
Geniale. Un piano diabolicamente contorto ma a suo modo mefistofelicamente perfetto.
Le prossime mosse
Ci sbagliamo? Magari. Ne saremmo felici – anche se i fatti e la conoscenza storica parlano piuttosto chiaramente.
D’altra parte per sapere se abbiamo ragione non dovremo fare altro che guardare le prossime mosse.
Per tutto il resto rimaniamo certi che:
1. aver scelto Chieco per la parte del limone da spremere e rimandare a casa sia stato un grosso errore;
2. l’anno vecchio si è chiuso con una figuraccia degna di Fantozzi di tutta l’amministrazione che purtroppo coinvolge tutta la Città;
3. i problemi non affrontati continuano ad aggravarsi anche grazie a questi sgambetti irresponsabili;
4. l’anno che si è appena aperto sarà ancora lacrime e sangue.
In attesa di un capro espiatorio.
Pizzino di buon anno
Ma – sia frutto di un accordo sotterraneo o di casualità, di antiche abitudini irriflesse o di puro dilettantismo/incapacità amministrativa; sia premeditato o involontario – il messaggio o il pizzino che arriva a Chieco non potrebbe essere più chiaro.
La sua maggioranza non è affatto invulnerabile.
Da questa presa d’atto, inevitabilmente, ripartirà il gioco.
Buon 2017 a tutti. Sperando che non sia il solito gioco a far perdere i cittadini.
Aggiornamento e conferma.
Mentre ci accingevamo a pubblicare è arrivata, a seguito di un incontro assolutamente casuale, da fonte assolutamente certa e che partecipava ai lavori, la seguente informazione.
Prima del consiglio del 30 dicembre c’erano state ben due riunioni di Commissione consiliare, appunto sui debiti fuori bilancio.
Una il 29, l’altra proprio il 30, prima del Consiglio.
Tutte e due le volte era mancato il numero legale. Anche lì.
Tutto chiaro?
Dunque è confermato che NON si è trattato di un’intuizione improvvisa né di un colpo di testa. Ma di una precisa scelta politica (autodistruttiva ma precisa) il cui unico scopo ipotizzabile, se non è follia e non è incapacità – a questo punto può essere solo, appunto, di capitalizzare politicamente l’ostruzionismo sui debiti fuori bilancio ai fini sopra ipotizzati.
Ovvero metterli a carico della collettività. Ad altro non può portare, questa strategia del ritardo. Bipartizan o meno che sia.
La “politica” a girare a vuoto e la Città a morire. Film già in cartellone da tempo, e che sarebbe il caso di cambiare. Il Sindaco provveda, se possiamo osare un suggerimento, finché è in tempo.
Insomma per caso abbiamo saputo del naufragio istituzionale del 30; per caso abbiamo saputo del pre-naufragio rivelatore del 29 e ancora del 30.
Ma abbiamo già detto che non crediamo al caso.
Perciò dobbiamo supporre che, nelle sue infinite vie, Dio abbia voluto prima informarci e poi toglierci ogni dubbio.
Forse anche lui comincia ad averne abbastanza.
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