Riceviamo questa bellissima nota-appello da Dario Bernardi, uno dei tanti giovani in gamba destinati all’emigrazione, alla fuga dei cervelli e a tutte le altre problematiche che conosciamo benissimo ma contro le quali nessuno fa nulla.
Facciamo nostro il suo appello. Ruvo tornerà ad essere un posto in cui si può, anziché dover scappare, cercare la felicità. Promesso.
Lettera aperta alla politica emergente ruvese
#SalviamoRuvo
Lettera aperta alla politica emergente ruvese
Archiviata la Settimana Santa, la più suggestiva ed emozionante decade che Ruvo vive durante l’anno, è tempo di mettere in congelatore anche gli incontri e le chiacchierate con amici e parenti stabilmente lontani.
Gli effetti della diaspora meridionale e della conseguente dispersione di talento che ci affligge ormai da una ventina d’anni si notano visibilmente durante le feste pasquali, estive e natalizie.
I saluti lasciano un velo di malinconia e la promessa, quasi mai mantenuta, di rivedersi prima del prossimo giro di giostra in un posto alieno dalle nostre radici.
Questo fenomeno è strettamente connesso ai dati rilevati da uno studio di AlmaLaurea che evidenzia come “[…] solo il 30% dei laureati pugliesi che hanno studiato fuori regione dopo la laurea sceglie di tornare in Puglia […]”.
Gli effetti della diaspora meridionale e della conseguente dispersione di talento che ci affligge ormai da una ventina d’anni si notano visibilmente durante le feste pasquali, estive e natalizie.
I saluti lasciano un velo di malinconia e la promessa, quasi mai mantenuta, di rivedersi prima del prossimo giro di giostra in un posto alieno dalle nostre radici.
Questo fenomeno è strettamente connesso ai dati rilevati da uno studio di AlmaLaurea che evidenzia come “[…] solo il 30% dei laureati pugliesi che hanno studiato fuori regione dopo la laurea sceglie di tornare in Puglia […]”.
Se a questi aggiungiamo coloro che, pur avendo studiato in sede, si trasferiscono per motivi di lavoro dopo la laurea, i dati assumono un valore molto più preoccupante.
Secondo Luigi Binanti, presidente del Consorzio Interuniversitario Regionale Pugliese, “la tendenza dei giovani pugliesi a emigrare in altre regioni per motivi di studio e di lavoro è frutto di una serie di criticità che fanno capo a diversi attori privati e pubblici.”
Vi è uno “[…] scollamento esistente tra atenei, enti territoriali, forze politiche e aziende, una mancanza di rete e di sistema che non solo impoverisce il nostro territorio dei suoi migliori talenti, ma non permette neppure di attirarne da altre regioni e dall’estero.”
Il problema non è dunque andare via, ma non avere nessun motivo di ritornare, nonostante gli affetti e le radici, malgrado le nostre qualità (socialità, clima, cibo, ambiente) e soprattutto la nostra Storia.
Eppure Ruvo non è (ancora) stretta nella morsa asfissiante delle organizzazioni mafiose, non è isolata o distante da grandi centri urbani, ha sufficienti mezzi pubblici di trasporto e un aeroporto in crescita a pochi chilometri.
E allora perché i giovani non tornano più, assieme al loro prezioso bagaglio di conoscenze ed esperienze? Perché non siamo quel cardine su cui basare le nostre vite? Perché non riusciamo ad arrestare o tamponare questa emorragia?
Probabilmente Roberto Saviano ha dato una chiave di lettura al fenomeno cui stiamo inesorabilmente assistendo: è la “ricerca della felicità” che spiega le migrazioni, spinta dalla “voglia di realizzarsi e potersi mettere in gioco”, specificando che “nessuno più dei Meridionali italiani sa cosa significa dover cambiare esistenza, dover cercare una strada al proprio talento altrove”.
Jeff Sutherland si chiede che significato abbia nella società attuale la felicità: sostiene che “la gente vuole essere felice non in maniera compiacente e ottusa, ma in una forma ben più attiva”, ovvero in una forma che “deriva dal perseguimento di un obiettivo ambizioso”.
La nostra comunità, attraverso i suoi rappresentanti politici, si è mai posta degli obiettivi? Se sì, sono ambiziosi a tal punto da far scommettere sulla nostra terra i giovani che hanno sperimentato nuove realtà? Quali sono i valori fondanti attraverso cui identificare il nostro passato, presente e futuro? Chi ci rappresenta è capace di polarizzare queste risorse?
Ci stiamo avvicinando alle elezioni comunali di Giugno e a breve saremo inondati dai soliti proclami delle vecchie volpi e dalle futili promesse delle iene emergenti, tappezzati da deprimenti manifesti e da ridicoli santini. Ruvo si popolerà di centinaia di candidati che sfileranno per le vie cittadine cercando fugaci incontri “elettoralmente remunerativi”.
E’ il momento di massimo sforzo per la politica in cui la premessa è denigrare predecessori (o esaltarli, in base alla propria fazione) per affermare la propria superiorità.
E’ in questa avvilente sagra degli orrori che si concretizza e si ingigantisce l’ormai decennale cancro del Meridione.
Lo “scollamento” di cui parla il suddetto Luigi Binanti produce proprio questo: un distacco e una disaffezione di chi desidera assistere a fatti anziché inutili promesse, di chi vorrebbe sinergie invece che frammentazioni, il bene dell’intera comunità anziché gli interessi (più o meno leciti) delle clientele, una città vivibile invece di vessazioni di coloro che immaginano la cittadina come una torta da spartirsi.
Ruvo è una città vivibile? Vi è quel “complesso di condizioni ambientali che rendono possibile o gradevole la vita in un certo luogo”? Non lo è!
Ma quand’anche lo fosse, a noi giovani ciò non basterebbe!
La nostra cittadina deve permetterci di essere felici, deve darci la possibilità di contribuire al raggiungimento di obiettivi ambiziosi, deve metterci a disposizione una rete di servizi che eliminino gli ostacoli che quotidianamente siamo costretti a superare al fine di avere tempo, risorse e tranquillità per realizzarci come desideriamo.
Può darsi che il mio appello non avrà alcuna risonanza nella vecchia e incallita cassa armonica ruvese. Mi auguro tuttavia che si insinui nelle corde sensibili della parte sana emergente, sulla quale noi giovani riponiamo le speranze (rimaste assai poche per la verità) e i sogni di splendore di questa cittadina.
Non devono rappresentare un sogno o un’utopia questi princìpi che mi permetto di suggerire sui quali basare le proprie scelte, affinché portino una ventata di freschezza e creino le condizioni per un miglioramento sensibile della comunità:
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Onestà: un individuo, e a maggior ragione un politico, dovrebbe essere guidato da lealtà, rettitudine, sincerità, scrupolosità e coscienza.
Aggiungerei “onestà a tutti i costi”, ovvero onestà di prendere decisioni difficili con coraggio, pagando talvolta consensi o attirando critiche.
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Trasparenza: è necessario mettere a disposizione dei cittadini strumenti affinché “chi ha responsabilità pubbliche sia soggetto a controllo”; in particolare è necessario mettere a disposizione “dati puntuali sugli acquisti pubblici” sotto forma di “dati aperti” leggibili e intelligibili.
E’ inoltre doveroso motivare pubblicamente le proprie decisioni politiche, poiché la trasparenza non sia solo garanzia di onestà ma strumento fondamentale per incentivare la cittadinanza attiva.
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Sostenibilità (economica, sociale e ambientale): noi giovani non vogliamo che la nostra cittadina si espanda come una piovra (vedi capitoli oscuri e indesiderati come il PUG) creando ulteriore disgregazione e disagio. Non abbiamo bisogno di nuove costruzioni né di inutili opere monumentali. La cementificazione è uno strumento che giova solo ai costruttori, i veri potenti ruvesi.
Noi desideriamo invece aggregazione, servizi, rivalutazione e vivibilità della nostra Storia e del nostro ambiente. Vogliamo che le strutture storiche non siano solo restaurate, ma che i gestori e/o amministratori siano capaci di preservarle e renderle fruibili negli anni a venire, magari migliorandole. Basta alle finte rivalutazioni come spot elettorali. Dobbiamo piuttosto pensare a investimenti che potranno sfruttare anche i nostri figli.
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Ambizione: chi amministra questa città si deve far carico di oneri e onori. Siamo in una situazione difficile ma pur sempre a Ruvo, una delle perle del Sud. Bisogna avere l’ambizione (e forse anche l’illusione) che qualsiasi azione politica sia fatta non per una cittadina qualsiasi, ma per la più bella cittadina del mondo.
Non dobbiamo accontentarci di essere una delle tante, dobbiamo mirare a essere la migliore.
Ognuno di noi ha diritto alla felicità, principio riconosciuto a tutti gli uomini nella Dichiarazione d’indipendenza americana.
Forse sarebbe stato opportuno specificare anche nella nostra Costituzione, come giustamente afferma Umberto Eco, che “a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto-dovere di ridurre la quota d’infelicità nel mondo, compresa naturalmente la propria”.
Penso che la politica, vecchia e nuova, dovrebbe iniziare a preoccuparsene, non per il bene di noi giovani e del nostro futuro (di quello se ne disinteressa già da decenni).
Lo faccia almeno per il proprio branco di predatori, affinché fra qualche anno non si lamenti di vivere in una cittadina sempre più vuota, povera e ignorante.
Dario Bernardi