Politica locale avvitata su se stessa o svitata, nel senso di matta, folle, irrazionale? Entrambe le cose, anche perché la condizione solipsistica è terreno fertile per la follia. Molti si parlano addosso in queste ore, anche sui siti web.
Scrivono cose che non pensano, falsificano il corso degli eventi, addolciscono la pillola. Fra “strategia del centrodestra” e “il teatrino della politica” la ragione si perde, naufraga. Probabilmente la politica ha sue logiche-illogiche che non appartengono ad altro ambito delle scienze sociali. È, la politica locale, un fenomeno da studiare, da approfondire da parte di sociologi, politologi e filosofi alla Cacciari.
Oppure è vero il contrario? Troppo semplice la lettura degli accadimenti da accreditarsi a raffinate menti contorte, la semplicità e la linearità essendo entrate a far parte dell’insolito e finanche dell’inutile.
Portiamo elementi di riflessione alle nostre tesi, sperando di essere smentiti con argomenti seri e circostanziati e non con insulti e minacce dirette ed indirette, esercizio, quest’ultimo, nel quale eccelle un politico nostrano che non si arrende all’evidenza del tempo che passa e all’affermarsi di nuove generazioni che, dai suoi contorsionismi, hanno francamente poco da apprendere, anzi nulla.
O forse no, perché, come sosteneva il filosofo francese Jean Guitton, si conosce per contrasto, e quindi quella figura di politico locale assurge a figura emblematica e simbolica di come occorre non-essere e non-comportarsi in politica e nella vita di relazione.
Essendo le città, i paesi, i borghi comunità di esseri umani in relazione, se queste dovessero dipendere dai capricci e dalle ambizioni di potere dell’anti-politico si trasformerebbero in crocevia di caste e di egoismi corporativi. Non ci sarebbe più l’Uomo con i suoi bisogni, ma l’individuo da manipolare e da asservire ai propri fini. Non ci sarebbe più la società, ma le società segrete, le combriccole, le carbonerie. Nessuna amicizia, perché in politica essa non ha valore alcuno, ma interessi ed inciuci.
D’altronde, mi consta personalmente che quel politico abbia espressamente dichiarato che, in politica, l’amicizia è una superfetazione, un disvalore, un bruscolo nell’occhio rapace che va eliminato con il collirio del tornaconto. Un po’ di gocce di convenienza ed il gioco è fatto, si troncano rapporti come si concludono i giochi sessuali berlusconiani, con un calcio nel deretano, con la mistificazione e la menzogna. Millantando contentini.
Su queste basi le società si riducono ad aggregati di individui in lotta per la sopravvivenza. È la legge della giungla urbana; è la cartina di tornasole del livello di acidità dei cuori che, per vivere, necessitano dell’ossigeno della verità e di condotte trasparenti e cristalline.
In politica la linearità e la logica non andrebbero mai abolite, perché la loro mancanza partorirebbe mostri quali: provvedimenti amministrativi senza né capo né coda, lassismo, superficialità, ambivalenze, timori reverenziali, il pugno di ferro, l’intolleranza e l’intimidazione, la diade amico-nemico (bisognerebbe rileggersi Bobbio sul punto), per cui se non sei dalla mia parte, sei mio nemico, ed io devo fare quanto è nelle mie possibilità per ridurti al silenzio, distruggerti, renderti la vita difficile.
A Ruvo siamo giunti a questo capolinea? Non spetta a me dirlo, ma siamo sulla buona strada. È di tutta evidenza. Di certo un ospite inquieto ed inquietante si aggira per le vuote segreterie politiche di ciò che resta delle sedi di partito, dove fra uno scopone ed un tressette, una cospirazione a due o a tre, il sussurrio dei maldicenti ed il sibilo sinistro dei delatori, si complotta ai danni del paese, delle persone perbene – che ancora ci sono -, a vantaggio di pochi o di nessuno.
Si fa strada la nuova visione copernicana narcisistica: io sono il centro del sistema, io conto, io solo penso e ho le soluzioni (a cosa, soprattutto quando si è all’origine di tanti disastri?). Voi, tutti voi, siete appendici, protesi del capo, come Fitto lo fu di Berlusconi (a quale protesi alludesse il Drago, dopo le vicende di questi giorni condite di escort, mignotte, denaro, corruzione, etc., è ora abbastanza chiaro).
L’ospite inquietante è il cinismo, che dà la patente del cattolicesimo sociale a chi, semmai, lo utilizza strumentalmente, giusto per intercettare il voto di qualche nostalgico di un tempo in cui la D.C. era il partito dei cattolici democratici e liberali, con una costante caratterizzazione laica che farebbe impallidire gli odierni cattolici prestati alla politica o, meglio, che sono in politica per ottenere qualche prestito, un seggio alla Provincia o alla Regione, che significa tanti soldi e poche noie per almeno cinque anni.
Troppe genuflessioni e poca sana laicità, perché lo Stato e le istituzioni sono laiche e non confessionali. Speriamo cessi quanto prima quest’operazione mistificatoria. Quanto alla fede, è evidente che più che dirsi cristiani, occorre esserlo. Sarebbe il miglior viatico alla nuova evangelizzazione. Sarebbe il servizio più alto alla Chiesa ed alla comunità degli uomini e delle donne.
L’ospite inquietante è il nichilismo delle classi dirigenti, che mettono sulla bilancia il calcolo invece del bene comune. Alcuni suggeriscono che le alleanze di oggi per le amministrative del prossimo maggio riflettono in realtà i calcoli dei singoli circa il loro futuro politico. In altre parole avremo l’impressione di eleggere sindaco e consiglieri comunali, ma in realtà porteremo acqua alle aspirazioni dei singoli per altri scranni, quali la Provincia e la Regione Puglia, con largo anticipo.
Già, possiamo pure chiamarle, in tal senso, elezioni anticipate; l’apparenza dice Ruvo, la sostanza dice “altrove”, non qui, non la città delle due gestioni commissariali e dei due fallimenti amministrativi, uno di sinistra, forse due, ed uno di destra, forse due, se la “strana coalizione” dovesse vincere le amministrative.
Il futuro di Ruvo è già scritto. Facciamo le Cassandre? È probabile, ma quanto sta accadendo all’ombra del gallo di Melodia e nei suoi dintorni è eloquente.
Vediamo aggirasi ombre grigie e sinistre e destre su Palazzo Avitaja. Speriamo che un vento di maestrale le spazzi via, prima che sia troppo tardi.
Salvatore Bernocco