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RuvoLibera

Il Mondo alle Porte

30 Settembre 2014

Un video drammatico e straordinario che mostra quanto dura e complessa, e bisognosa di intervento, sia la realtà.
E quanto in gamba, spesso eroici, siano questi ragazzi che in nome di tutti noi provano ad affrontare questo vulcano in continua eruzione.
E quanto sorprendenti, infine, queste donne che dimostrano sul campo quello che finora solo pochi filosofi avevano capito e teorizzato: che non sono inferiori a nessuno.

La scelta di Catia 
tra i naufraghi da salvare

dal Corriere della Sera

Il video sconvolgente degli immigrati aggrappati ai salvagente. I marinai guidati dalla comandante: ributtavamo in mare i morti per fare spazio ai vivi

di Marco Imarisio


Appena sotto il filo dell’acqua passa un cadavere, quasi nudo, il mare gli ha portato via anche i vestiti, e dalle immagini non si capisce bene se è un uomo o una donna.

E poi si vede il ragazzo che urla, non vuole lasciarlo andare, si aggrappa come fosse una zattera a quel corpo che per noi rappresenta solo morte, con il gonfiore e il bianco malato che rendono terribile la visione di un essere umano annegato. Ma per lui, per quel ragazzo, dev’essere stato vita, carne e sangue, forse un padre, forse una madre. I militari gli gridano di staccarsi, ma lui niente, e allora gli prendono le braccia, lo trascinano verso la motovedetta che significa salvezza, e c’è un momento dove fuori campo si sentono le urla sempre più disperate del ragazzo mentre in un angolo dello schermo quel povero corpo scivola via, scompare, verso il fondo.

Ci sono immagini cariche di un dolore quasi insostenibile, che però è necessario vedere. Certe volte dovrebbe essere proibito girarsi dall’altra parte. Il terribile filmato del quale oggi vedrete un estratto sul sito del Corriere della Sera fa parte di quei documenti che non fanno sconti, esigono il pagamento di un prezzo emotivo. L’allarme venne lanciato da un profugo che si trovava a bordo del barcone e utilizzava il telefono satellitare dello scafista. Primo pomeriggio dell’undici ottobre 2013, quel mese terribile.

Solo otto giorni prima una carretta del mare stracarica di migranti libici si era capovolta ad appena mezzo miglio dall’imbocco del porto di Lampedusa. Aveva girato su se stessa per tre volte, e si era inabissata. Quel 3 ottobre, era un giovedì, vennero ripescati 194 corpi, e il dato, già abnorme di suo, era solo parziale. Proprio l’undici ottobre la Marina militare fornì il bilancio definitivo, 366 morti accertati, altri venti presunti. Una delle più grandi tragedie nella storia millenaria del Mediterraneo. Siamo abituati allo stillicidio di notizie che arrivano da quell’isola bella e disgraziata in mezzo al mare, ma un’ecatombe del genere non si era mai vista, non poteva e non doveva succedere di nuovo. E invece accadde ancora,proprio quel giorno, a distanza di una settimana appena. Morirono altre 240 persone partite dalla Siria.

Cominciamo dal’alto, e da lontano. Agli occhi della giovane tenente di vascello Catia Pellegrino, comandante della nave Libra della Marina militare, la scena si presenta come la vedrete voi, una distesa illuminata dal sole calante dalla quale provengono voci, urla indistinte. Ad aguzzare la vista si distinguono piccoli gruppi di persone che alzano le mani dall’acqua per attirare l’attenzione. A questa distanza non si capisce bene, non si colgono le dimensioni del disastro e dell’operazione di soccorso che sta per cominciare, che deve cominciare, ogni minuto perso significa al momento dell’arrivo sul posto uno di quei puntini all’orizzonte non ci sarà più. Da vicino è diverso, molto diverso. Da vicino è qualcosa che non si può spiegare con le parole. E lo sappiamo che quelle scene le abbiamo raccontate tante volte sui nostri giornali, ma sempre attraverso il filtro dei testimoni, con le parole degli altri. Adesso le potete vedere per la prima volta, adesso possiamo capire cosa c’è dietro il titolo «Tragedia in mare, si ribalta gommone al largo delle coste italiane», così frequente e ripetuto da diventare facile pretesto per rifugiarsi nell’indifferenza dell’ineluttabile.

Non sono le immagini dei corpi adagiati sul fondale a comporre un cimitero sotto al mare, anch’esse tremende ma in qualche modo definitive. Questo filmato fa entrare in un zona dove la vita e la morte sono vicinissime, come spiega uno dei soccorritori. L’elicotterista quasi supplica, fate in fretta, fate in fretta. Ci sono i bambini che non vogliono lasciare il corpo ormai inerte dei genitori, le donne che non urlano per farsi issare a bordo, urlano di disperazione perché accanto ci sono i loro bambini che ormai non sollevano più la testa. E poi, anche a costo di sfidare la retorica: ci sono le donne e gli uomini della nostra Marina militare. Gente con facce, vita e famiglie come le nostre. Costretti a immergersi per raccogliere i corpi di quei bambini e poi abbandonarli nuovamente in acqua, perché sulla motovedetta non c’è spazio sufficiente per i vivi e per i morti, bisogna fare una scelta. Come quella, molto più facile, di mettersi davanti a uno schermo. E guardare. Tutto, senza distogliere mai lo sguardo. Per capire, una volta per tutte.

Web serie e docuweb: «La scelta di Catia – 80 miglia a sud di Lampedusa» partirà su Corriere.it lunedì 29 settembre (10 puntate, una al giorno da lunedì al venerdì) e verrà trasmessa su Rai3 in prima serata lunedì 6 ottobre. È la storia di tanti salvataggi di migranti e della prima donna comandante di una nave militare italiana, Catia Pellegrino. Il docuweb è stato realizzato da H24 (idea di Mauro Parissone, regia Roberto Burchielli) per Rai Fiction conCorriere della Sera e Marina Militare.


23 settembre 2014

Articolo originale su Corriere.it

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