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RuvoLibera

Se Questo è Dio

23 Novembre 2014

 

La dirigente scolastico Angela Ribatti da Andria non è una che ha dubbi. Fa suo il microfono e avanza nella foresta dei perché col piglio prussiano di chi non ha tempo da perdere con le sottigliezze.

Confessa subito la sua matrice di “ispirazione cristiana”, liquida il marxismo in due-tre frasi non di più e abbraccia e glorifica senza riserve il “personalismo cristiano”, da Maritain in su e in giù.

Il tutto innestato su una ricca aneddotica personale e familiare, la figlia, il nipotino Davide immortalato ai tre e ai due anni e mezzo, le attività parrocchiali.

Il quadro concettuale è molto semplice e schematico, come peraltro si addice (specifica) a un pubblico non esperto di genitori, insieme a maestri e personale più “vaccinato”.

La generalessa prussiana avanza senza il minimo tentennamento in un’aula-palestra non gremita ma piena per più di metà (“peccato siate così pochi“, esordisce però senza alcuna ironia).

La Bovio ospita la conferenza di presentazione della “Comunicazione educativa per la crescita del bambini persona“, dell’Associazione Granello di Senape.

Il quadro concettuale, si diceva.

L’individuo è limitato, insufficiente a se stesso. Perciò cerca il modo per superare questo limite che lo fa sentire insicuro.

Il problema è: come?

I marxisti si rifugiano nel partito – dice l’oratrice – dalla cui partecipazione si aspettano protezione e vantaggio.

Da non-marxista mi chiedo se la signora non confonda il marxismo e la sua poderosa struttura concettuale, la sua formidabile estrinsecazione storica (al di là dei giudizi di merito), con le esperienze di partiti teoricamente ben più vicini (anche loro) alla “ispirazione cristiana”.

Ma è un attimo, perché la dirigente procede senza inflessioni come un bulldozer infervorato, e bisogna starle dietro.

Il marxismo no, appunto. Buttiamolo pure. Il “personalismo cristiano” invece sì, integralmente: perché cerca il superamento del limite individuale nell’ascolto, nell’apertura, nella comprensione e quindi nel reciproco aiuto.


Insomma come il marxismo, ma col dialogo. Ci si aiuta comunque, ma il percorso è diverso.

E tuttavia l’aiuto non basta. Perché il limite viene allentato, magari superato ma non scompare.

Alla fine, conclude agostinianamente, tutto l’aiuto del mondo non basta, senza la fede. E la grazia.

Alla fine, sì, “qualcuno ci deve aiutare“. Altrimenti non ce la si fa. Amen.

Noi ci attrezziamo meglio che possiamo, ma poi ‘qualcuno’ deve darci una mano” perché da soli non ce la facciamo, e neanche in gruppo come credono i marxisti.

L’azione deve basarsi in ultima analisi sulla trascendenza. La vita deve puntare oltre la vita, la Storia deve risolversi in fede. Dio lava più bianco.

Tutto ok, se solo non ci fosse qualche problemino su quella cosina chiamata Dio. Ma per la relatrice questo dubbio è proprio l’ultimo del mazzo. Dio è semplicemente quello cristiano, quello che le e ci hanno insegnato.

Se fossimo nati a Baghdad o a Timbuctu o chissà dove sosterremmo senza dubbio con la stessa enfasi un altro Dio.

E questo non vi fa problema? chiedo a volte ai miei allievi (se posso appesantire anch’io con una citazione personale) di fronte ad altrettali certezze.

 
La risposta è invariabilmente “no“. 

Abbiamo talmente bisogno di Dio (qualunque cosa sia) che uno vale l’altro. L’importante è essergli vicino in qualche modo. Anche solo col pensiero o con la fantasia.
 
Suggerlo col latte dai nostri genitori, da chi si è preso cura di noi, dalla società.

Il bambino-personaE il bambino? Va educato come “persona. Ascoltandolo. Dialogandoci. Scendendo al suo livello e mettendosi in pari.


Mia figlia per esempio impasta la focaccia e chiede a Davide se la pasta va bene. Lui la tocca con le manine e dice sì. E anche se non è vero, lei gli dice ok, va bene, e poi ovviamente continua fino a che non va bene davvero.”Contro gli specialismi. Contro le pretese genitoriali. Contro la scimmiottatura dei miti televisivi, tanto più grave se spinta dai genitori.

E contro le tentazioni della politica, “la odio a morte“.


Verso il bambino questa pedagogia cristiano-ispirazionale si traduce in un “contenimento” della sua vivacità e della sua naturale tendenza al caos, allo straripamento.

Non lassismo. Né punizioni a gogo. Ma regole. Regole ovviamente cristiano-ispirate e socialmente accettate. Comprensione, ma anche rispetto dei ruoli. E viceversa.Mai punire un bambino corporalmente. Mai fare confronti fra figli o fra alunni. Ognuno ha i suoi tempi, la sua vocazione, i suoi talenti che dobbiamo aiutarlo/a a mettere fuori.

Spiegando. Ascoltando. Dandogli tempo di crescere. Soprattutto facendogli da esempio. Perché si educa con l’esempio molto più che con le parole. Per esempio la preghiera, che per la Ribatti è fondamentale.

Dal punto di vista educativo, il concetto si trasmette ai propri figli-alunni non parlando della preghiera, ma pregando.

Potremmo chiamarla, più che una pedagogia destrutturata, una pedagogia del buon senso, o almeno del buon senso cristiano, ed è semmai strano che se ne debba fare conferenze, mentre dovrebbe essere naturale ascoltare i bambini, figli o meno che siano. Insegnare loro, e da loro, non meno, imparare.

Un momento dell’incontro.

Va coltivato insomma il bambino-persona, colui che è già in nuce quello che sarà

Il problema è appunto: quale persona?
In ultima analisi, secondo la pedagogia ribattiana, quella che si costruisce cristianamente e in definitiva si rimette al volere del Dio cristiano.
E se per caso non sei cristiano, come capita a 6 umani su 7 (supponendo che chi si dice cristiano lo sia veramente e agisca come tale)?
Oppure se si è cristiani ma si ritiene di dover fare la propria parte indipendentemente dall’aiuto di Dio, magari proprio per rendersene degni?
 
Inutile insistere. Si ritorna al punto di partenza. Che è la definizione dell’uomo-integrale, cui dovrebbe tendere il bambino-integrale che coltiviamo o dovremmo.
 
Più facile, paradossalmente, definire Dio.
 
La fa con naturalezza Davide, il nipotino citato per l’ennesima volta da nonna-Ribatti. La voce eternamente rivelatrice dei bambini.
 
Davide che, vedendo il giornalista-intellettuale-laico-e-forse-un-po’-marxista Scalfari le chiede candidamente: “nonna, è quello Dio?”.

 
 
 

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