MORIRE DI MALGOVERNO E DI MANCANZA DI DEMOCRAZIA
I Pugliesi si ammalano di più e in maniera più grave, muoiono di più e nascono meno che in qualunque altra parte d’Italia.
La causa? E’ tutta in questo drammatico rapporto – un vero e proprio Memo per Emiliano – da leggere fino in fondo.
Isde Puglia scrive una lettera a Michele Emiliano, neo presidente Regione Puglia
Agostino Di Ciaula, referente Regionale ISDE per la Puglia, fa il punto della situazione ambientale della Puglia. “E’ indispensabile – scrive Di Ciaula – un completo ripensamento dell’attuale modello di sviluppo e dell’intero sistema economico regionale, che ha bisogno di riconoscere la centralità del binomio ambiente – salute” 27 giugno, 2015
Caro Presidente,
l’ambiente è uno dei determinanti fondamentali della salute umana e la qualità di entrambi dipende fortemente dalle scelte politiche che li coinvolgono.
Secondo dati ISTAT, negli ultimi 10 anni:
– Il tasso di mortalità è aumentato dell’1% in Italia. In Puglia c’è stato in media un aumento dell’8%.
– Il tasso di mortalità per tumore è aumentato del 3% in Italia, dell’11% in Puglia
– Il tasso di mortalità per diabete è aumentato del 6% in Italia, del 14% in Puglia
– Il tasso di persone con almeno una malattia cronica grave (ultimo dato disponibile) è maggiore dell’11% in Puglia rispetto alla media nazionale. Se consideriamo la presenza contemporanea di tre o più malattie croniche gravi, il tasso è del 17% maggiore in Puglia.
– Gli indicatori epidemiologici di mortalità e morbilità, come sa bene, sono enormemente più preoccupanti in specifiche aree critiche della Regione (ad es. Brindisi, Taranto), vittime di decenni di problemi ambientali irrisolti.
– Il tasso di natalità si è ridotto del 10% in Italia, del 16% in Puglia.
– Il tasso di fecondità è aumentato del 6.5% in Italia, mentre si è ridotto del 3% in Puglia.
Questi ultimi due dati, in particolare, dimostrano che i bambini pugliesi hanno difficoltà persino a nascere. Nelle aree più critiche della nostra regione c’è un aumentato rischio di aborti spontanei e di malformazioni congenite, come è stato dimostrato a Brindisi, o un aumentato rischio di sviluppare un tumore maligno entro i primi 14 anni di vita, come succede da anni a Taranto.
Le variazioni epidemiologiche descritte non possono essere spiegate con la genetica (modificazioni dei geni richiedono periodi di tempo molto più lunghi), né con le cosiddette “abitudini voluttuarie” (come qualcuno vorrebbe far credere), considerato ad esempio che il numero di fumatori pugliesi è in continuo calo da anni e che la Puglia può vantare la più alta percentuale di non fumatori in Italia (superiore al 60%). Abbiamo persino una percentuale di “bevitori a rischio” tra le più basse del Paese e un modello di dieta invidiabile.
Le cause, come confermato da numerose evidenze scientifiche, vanno probabilmente ricercate nell’ambiente in cui i pugliesi sono costretti a vivere, il cui stato attuale è diretta conseguenza di alcune scelte regionali e nazionali pregresse, basate sull’insostenibilità e sulla tutela dei privilegi di pochi, a danno dell’interesse delle nostre Comunità.Per questo è opportuno che Lei si chieda in quale ambiente vivano i pugliesi e cosa si possa fare per migliorarlo.
La Puglia è al primo posto in Italia per emissioni di gas serra (oltre 31 milioni di tonnellate di CO2 nel 2013, senza considerare altri inquinanti gassosi).
Secondo un recente studio della Stanford University, i “costi sociali” delle emissioni di CO2 (insieme dei costi da danni sanitari, danni all’agricoltura, giorni lavoro persi, varie conseguenze del cambiamento climatico etc.) sono pari a 220 dollari/ton.
Se le stime dei ricercatori della Stanford sono corrette, questo significa che in un solo anno (il 2013) i pugliesi hanno pagato complessivamente, tra costi diretti e indiretti, una cifra intorno ai 6 miliardi di dollari.
La Puglia è al primo posto in Italia per emissioni di particolato. A settembre 2014 la Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione per superamento dei limiti dei PM10, coinvolgendo la nostra regione.
Secondo l’ultima relazione sullo stato dell’ambiente redatta da ARPA Puglia, la Puglia è saldamente al primo posto, a livello nazionale, per le emissioni di NOx, di CO, di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA).
L’ILVA da sola, se e quando l’AIA (lo strumento che dovrebbe magicamente risolvere tutti i problemi di Taranto e dei tarantini) sarà applicata, secondo valutazioni ufficiali di ARPA Puglia produrrà ancora il doppio delle diossine emesse in questo momento in tutto il resto del territorio nazionale. Questo, ovviamente, non considerando l’emissione di numerosi altri inquinanti che resteranno invariati o che saranno addirittura in incremento.
Uno studio pubblicato su una rivista scientifica internazionale nel 2013 ha dimostrato la presenza di una quantità di diossine nel latte materno delle donne di Taranto sino a 40 volte superiore al limite considerato “tollerabile” dall’OMS.
In Puglia abbiamo una delle peggiori modalità di gestione dei rifiuti, con tutte le gravi conseguenze ambientali, economiche e sanitarie che questo comporta:
– quartultimo posto in Italia per raccolta differenziata;
– elevatissimi costi di gestione a carico delle Comunità e carenza di impianti utili per il recupero di materia;
– discariche sature, mal tenute e quasi tutte sotto sequestro giudiziario per grave contaminazione ambientale;
– secondo posto in Italia per produzione di combustibile da rifiuti (che viene bruciato anche in cementifici collocati inpieno centro urbano, come a Barletta);
– terzo posto in Italia per reati connessi al ciclo illegale dei rifiuti, con un elevatissimo numero di discariche abusive dalla Daunia al Salento.
Siamo al quarto posto in Italia per uso di pesticidi. La provincia di Bari è prima in Puglia, con circa 20Kg di pesticidi tossici per ogni ettaro coltivato, con documentata contaminazione delle falde acquifere e della catena alimentare. Nonostante questo, siamo minacciati dall’irrazionale Piano Silletti che, non basandosi su alcuna certezza scientifica (in alcuni casi persino muovendosi in direzione contraria ad esse) sta per eradicare ulivi secolari e per inondare di pesticidi il Salento e i salentini, con conseguenze ambientali e sanitarie in alcuni casi potenzialmente irreversibili.
Stiamo subendo il tentativo di replicare nel basso adriatico e nello ionio la follia trivellatrice che ha devastato, sulla terraferma, la vicina Basilicata. In provincia di Foggia ci sono già 3 centrali di raccolta e trattamento, 45 pozzi produttivi, 84 pozzi ad altro utilizzo. Ci sono, in questo momento, altre 7 richieste per permessi di ricerca sulla terraferma e varie istanze per ricerca/prospezione in mare, dove sono già ora presenti pozzi estrattivi.
La maggior parte degli inquinanti presenti in concentrazioni critiche nella nostra Regione causa un ampio pannello di patologie, con il cancro che è solo la punta dell’iceberg.
Oltre a malattie respiratorie e cardiovascolari, la maggior parte di questi inquinanti sono infatti in grado di causare malattie endocrino-metaboliche come l’obesità e il diabete, alterazioni della riproduzione e della gravidanza, malformazioni congenite, alterazioni dell’apprendimento e dello sviluppo neuro-motorio in età infantile.
Sono in grado di attraversare la barriera placentare e di indurre alterazioni dell’espressione genica, con una vera e propria programmazione, in fase embrio-fetale, di patologie che si renderanno clinicamente evidenti solo in età adulta o, addirittura, nelle generazioni successive.
Sono un costo immediato per noi e una cambiale che sarà pagata dalle prossime generazioni di Pugliesi.
Da quanto sino ad ora esposto si possono trarre almeno due indicazioni rilevanti:1. la gestione politico-amministrativa della nostra Regione non potrà fare a meno di considerare gli unici strumenti, ragionando in termini medici, che sarebbero stati in grado di interrompere sia la devastazione ambientale che la crescita epidemiologica: la prevenzione primaria (rimuovere le cause note delle patologie prima che queste insorgano) e l’analisi epidemiologica del rischio (non solo quella di danni già avvenuti).
I danni che i pugliesi hanno subito (e che continuano a subire) avrebbero potuto essere ridimensionati rimuovendo (o almeno controllando efficacemente) le cause ambientali che li hanno provocati, specie in alcune aree della nostra Regione.
Non solo ciò non è avvenuto (perseverando nel danno sanitario), ma in alcune delle aree più critiche della nostra Regione (vedi Taranto), procedendo con decisione in direzione contraria alla logica e all’etica, si è addirittura continuato ad insediare ulteriori stabilimenti inquinanti, dimenticandosi completamente delle necessità di bonifica imposte dalla legge.
2. vivere in questo contesto significa per i Pugliesi, soprattutto per quelli che vivono in aree critiche, avere grande necessità di un’adeguata assistenza sanitaria pubblica, non solo per la gestione delle patologie acute, ma anche, e soprattutto, per la gestione delle patologie croniche e invalidanti.
In realtà, secondo i dati del ministero della Sanità relativi all’anno 2012 e basati sul rispetto dei LEA (livelli essenziali di assistenza) la Puglia è al penultimo posto tra le regioni italiane.
Credo che tutti i pugliesi abbiano sperimentato, almeno una volta, l’assurdità e la follia della lunghezza delle liste d’attesa per le prestazioni diagnostiche.
Sia chi lavora in ospedale (soprattutto nei nostri PS), sia chi si rivolge agli ospedali per un problema importante di salute, sa quanto sia diventato difficile trovare un posto letto per una patologia acuta che richieda ricovero, soprattutto nel caso di pazienti complessi come gli anziani o come chi ha pluri-patologie.
Ancora più difficile è trovare posti nelle unità di rianimazione e quasi impossibile è trovare collocazione idonea per neonati che abbiano necessità di un’Unità di Terapia Intensiva Neonatale, che può fare la differenza tra la vita e la morte.
A fronte della crescita del numero di persone con malattie croniche e disabilità grave e irreversibile, i posti letto residenziali, quelli che servono a gestire in modo adeguato i problemi di queste persone ed a far fronte alle difficoltà logistiche delle loro famiglie, si sono ridotti in un solo anno (tra il 2011 e il 2012) dell’11%, contro una riduzione media del 4% a livello nazionale.
Il senso di precarietà che accomuna, nella maggior parte delle strutture pubbliche pugliesi, gli operatori sanitari (parlo da medico ospedaliero) e chi si rivolge a loro per problemi prioritari di salute è indegno di un Paese civile.
Chi opera nella maggior parte degli ospedali pugliesi si deve, ormai da anni, confrontare con le frustrazioni quotidiane legate alla sensazione di essere obbligati a puntare sempre più verso obiettivi finanziari, che alla reale tutela della salute dei cittadini, muovendosi in contesti costruiti mettendo al centro non l’interesse delle persone con necessità assistenziali, ma il rispetto di interessi di altro genere, molto più personalistici.
La dipendenza della sanità dalla politica “partitica” è stata ed è frequentemente causa di storture, inadempienze, ingiustizie e disuguaglianze tra strutture diverse della nostra Regione.
Per questi motivi andrebbe fortemente limitata, rendendo il sistema sanitario più centrato sulla salute e meno su chi lo gestisce.
Questo obiettivo è perseguibile solo rivedendo la lista delle priorità e aprendo la gestione politica a pratiche di partecipazione concreta e di condivisione delle decisioni e degli orientamenti.
E’ indispensabile un completo ripensamento dell’attuale modello di sviluppo e dell’intero sistema economico regionale, che ha bisogno di riconoscere la centralità del binomio ambiente – salute.
Questo anche perché il sacrificio sanitario e ambientale imposto ai pugliesi non ha determinato alcun beneficio in termini di occupazione: secondo gli ultimi dati ISTAT il tasso di occupazione negli ultimi 10 anni si è ulteriormente ridotto del 4% in Italia e del 5% nel meridione, mentre in Puglia si riduceva del 10%.
L’auspicio è che il nuovo governo regionale rispetti la necessità di rivedere il modello di sviluppo del nostro territorio secondo criteri di sostenibilità e applicando una soluzione inedita e rivoluzionaria: mettere al centro delle scelte politiche la dignità della vita umana e gli interessi reali delle Comunità, non quelli di alcune lobby economiche e di potere.
Questo ovviamente non significa schierarsi contro l’imprenditoria. Significa semplicemente selezionarla secondo criteri di sostenibilità, incentivando e favorendo le forme imprenditoriali in grado di produrre ricchezza, lavoro e sviluppo senza creare danni e opponendosi con fermezza a chi utilizza ricatti occupazionali, offrendo lavoro in cambio di salute e imponendo evidenti squilibri tra interesse privato di pochi e bene comune.
La cittadinanza attiva di questa regione ha cercato per anni, in alcuni casi anche attraverso il ricorso alla magistratura, di assicurare tutele che altri non assicuravano, di identificare e proporre strumenti e soluzioni che altri non proponevano, evolvendosi dal livello della protesta fine a se stessa a quello dell’analisi e della proposta ragionevole e ragionata.
Continua e continuerà a farlo, nella speranza che il nuovo governo regionale sia un alleato da coinvolgere, non un nemico da cui difendersi, e che voglia utilizzare gli strumenti propri della cittadinanza attiva e della partecipazione democratica, importanti risorse di cui la Puglia dispone.
Auguri di buon lavoro, nell’interesse dei Pugliesi.
Cordiali saluti
Dr. Agostino Di Ciaula
Referente Regionale ISDE per la Puglia